LETTERATURA: La mia suora di terza25 Novembre 2009 di Felice Muolo      Non digerivo le suore. Anche se avevano fama di somministrare, a pagamento, una istruzione superiore a quella che si riceveva, gratuitamente, nelle scuole pubbliche. Mucchi di preghiere  imponevano di recitare ai loro alunni durante la giornata scolastica, anche per far tornare il bel tempo. Controllavano se andavi a messa la domenica, interrogandoti il giorno seguente sul passo del Vangelo commentato dal prete. Consideravano i ragazzini peccatori incalliti. Mi era venuto il complesso dell’Inferno, in cui certamente sarei sprofondato, perché avevo deciso di ignorare la chiamata. Se fosse partita una vocina dal mio cuore che me lo suggeriva, mi sarei dovuto far prete, raccomandavano le suore. Non mi andava l’idea di indossare una sottana, anche se mia nonna prometteva di donarmi casa sua se prendevo i voti.        Le suore chiedevano continuamente agli alunni denaro da devolvere in beneficenza. Un giorno mio padre, stufo della situazione, disse che il denaro finiva nelle loro tasche. Nel pomeriggio dello stesso giorno, rivelai la notizia ai miei compagni di scuola. Quello seduto al banco davanti al mio, forse per vendicarsi delle scoppole che regolarmente gli appioppavo, andò a riferirla alla suora. Fui immediatamente condotto al cospetto della madre superiora che, informata dell’accaduto, mi arrivò un ceffone.     Fui collocato in castigo nel corridoio dell’Istituto. Alla mia destra, c’era il refettorio, a sinistra la cucina. Entrambe le stanze avevano gli ingressi spalancati. Il refettorio era deserto. In cucina, una suora lavava i piatti, un’altra li asciugava. I loro volti erano sudati e arrossati, simili a quello di mia madre intenta a sbrigare le medesime faccende casalinghe. Compresi allora che le suore erano normali donne. Prima le consideravo teste di pezza.     Terminate le lezioni pomeridiane, il refettorio si riempì di suore. Arrivarono gioiose e sedettero intorno a un grande tavolo. Alcune si misero a correggere i compiti dei loro alunni, altre presero a cucire, qualcuna a leggere. Non avevano l’espressione legnosa che solitamente assumevano in classe: i loro visi erano distesi, radiosi. Da un lato all’altro del tavolo, si raccontavano battute di spirito e pettegolezzi, accompagnati da sorrisi smaglianti e ammiccamenti maliziosi. Qualche giorno dopo scoprii il dramma della mia suora di terza.     Era la più giovane e bella dell’Istituto. Con lo scopo di ridurre il chiasso che si produceva in classe, una mattina mutò i posti di noi alunni, distinti per sesso in file di banchi a due posti, e ci sistemò a coppie di diverso sesso. Con accuratezza formò i nuovi assortimenti. Poi ammirò il risultato con espressione sognante, nostalgica. Presupponendo che per diventare suore funzionasse come per i preti, ipotizzai che la mia avesse preso i voti contro voglia, per non andare all’Inferno. Conclusi che l’operazione, in cui si era adoperata, fosse un pretesto originato dal rimpianto di non essersi sposata. La nuova disposizione la inducesse a immaginare di trovarsi in un banco accanto al compagno della sua vita che non aveva avuto.      Superato il primo impatto, il chiasso divenne superiore a quello di prima e presto fu ristabilito il vecchio ordine. Letto 1730 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Gian Gabriele Benedetti — 25 Novembre 2009 @ 16:13
Rivive nitido il ricordo. Ne scaturiscono particolari vivi e sensazioni precise. Il tutto portato con sé dall’autore al di là del tempo. Emergono aspetti positivi e negativi nella comunità , che rispecchiano i più comuni dettami della scuola di allora. Non vi è rancore, né si avverte risentimento nei confronti anche di un ceffone e di un castigo. Anzi, la vivacità e quasi l’allegria delle suore riunite nel refettorio e l’immagine della suora più bella danno una cromatica visione di un quadro dalla tessitura, tutto sommato, lieve e con un suo battito nostalgico.
Ancora un linguaggio preciso, ancorato alla realtà ed alla rievocazione, attraverso cui l’autore si rispecchia, riconducendoci per mano nel suo mondo dissepolto, indimenticato, forse, con il fascino di ciò che ormai è lontano.
Gian Gabriele
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Commento by Felice Muolo — 25 Novembre 2009 @ 17:01
Grazie per il puntuale e mirato intervento, G.G.
Pingback by LETTERATURA: La mia suora di terza | IlTuoWeb.Net News — 13 Gennaio 2010 @ 16:04
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