LETTERATURA: “Legenda aurea”: San Germano
2 Luglio 2022
(Estratto da Jacopo da Varazze: “Legenda aurea”. Curatori e traduttori dal latino Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone. Editore Giulio Einaudi)
La “Legenda aurea” è un’opera del XIII secolo, a cui hanno attinto molti artisti. Ancora oggi la si legge con molto interesse. Ci narra la vita di numerosi Santi, raccontando fatti che pertengono più alla leggenda che alla storia. (bdm)
Germano nacque a Auxerre da famiglia di altissima nobiltà. Fu là avviato alle arti liberali e poi mandato a Roma a studiare diritto. Fece in questi studi tanti progressi che il senato lo mandò in Gallia affidandogli la massima carica dell’intero ducato di Borgogna.
Nel tempo in cui Germano governava Auxerre con una capacità mai dimostrata da altri, c’era in centro alla città un pino, ai cui rami venivano appesi in mostra i trofei della selvaggina uccisa. Il vescovo della città, Amatore, aveva più volte rimproverato Germano di quell’usanza sciocca, dicendogli di decidersi di far tagliare quell’albero, perché non potesse diventare occasione di peccato per i cristiani: ma Germano non ne volle sapere. Una volta che Germano era fuori città il vescovo tagliò l’albero e lo bruciò tutto: Germano allora, dimentico della pietà cristiana, giunse là circondato dai suoi soldati per metterlo a morte. Amatore, che per virtù divina sapeva che Germano gli sarebbe succeduto nella carica, non si-oppose alla sua furia, e si ritirò a Autun. Rientrato a Auxerre, riuscì con un pretesto a chiudere Germano in chiesa con sé: li lo tonsurò e gli predisse che sarebbe stato vescovo dopo di lui. E così infatti accadde.
Qualche tempo dopo il vescovo morì santamente, e il popolo unanime scelse Germano come vescovo. Germano dette subito ai poveri ogni sua sostanza, e mutò sua moglie in sua sorella. Per trent’anni castigò il suo corpo non concedendosi pane di grano, vino, né verdura, non usando neppure sale per dar sapore al suo cibo. Beveva un po’ di vino soltanto due volte l’anno, a Natale e a Pasqua, mescolando però il vino con tanta acqua che il sapore svaniva del tutto. Quando mangiava, prima di tutto prendeva un po’ di cenere, poi del pane d’orzo, stando comunque sempre digiuno e mangiando solo a sera. D’estate e d’inverno aveva un solo vestito, fatto d’un cilicio e d’una cocolla, e lo teneva finché non era completamente consunto, a meno che prima non l’avesse già donato a qualcuno. L’addobbo del suo letto altro non era che cenere, cilicio, e un sacco; certo mai usava un cuscino per tenere il capo sollevato rispetto alle spalle; sempre portava al collo reliquie di santi, piangendo; ben di rado si toglieva le vesti, soltanto qualche volta le scarpe o la cintura: tutto ciò che faceva era al di là di quanto un uomo poteva fare. La sua vita fu tale che, se non si fosse trattato di miracoli, difficile sarebbe credere che un uomo possa essere stato in grado di fare quel che Germano fece: e d’altra parte i miracoli furono di tale natura, che se non ci fossero stati i meriti di Germano a giustificare l’intervento divino, avrebbero potuto sembrare fantasie e illusioni.
Una volta che era ospite in una casa vide che dopo cena apparecchiavano una seconda volta la mensa, stupito chiese perché mai si facesse cosi. Gli ospiti gli dissero allora che stavano preparando per quelle buone signore che arrivano la notte. Germano decise allora di non chiudere occhio per tutta la notte, ed ecco che vide arrivare una folla di demoni, in forma di uomini e donne, che si avvicinavano a quella mensa. Germano disse loro di non andarsene, e chiese a tutti quelli della casa se conoscevano tutta quella gente: risposero che erano tutti vicini e vicine di casa. Ma Germano comandò ancora ai demoni di non andarsene, disponendo che qualcuno andasse dai vicini a vedere: e i vicini furono trovati tutti addormentati nei loro letti. Così costretti furono obbligati a confessare che erano proprio demoni, che così si prendevano gioco degli uomini.
In quel tempo il vescovo Lupo reggeva la diocesi di Troyes, quando Attila cinse d’assedio la città. Lupo dall’alto della porta chiese chi era che voleva irrompere nella città, ed egli rispose:
– Io sono Attila, il flagello di Dio.
Con umiltà rispose il vicario di Dio, con voce sommessa:
– E io sono Lupo, e ahimè già io divoro il gregge di Dio: contro di me c’è proprio bisogno d’un flagello.
E dette queste parole fece dischiudere le porte, e i soldati, come ciechi, entrarono da una porta e uscirono dalla porta opposta, senza veder nessuno e senza far male.
Germano prese allora con sé Lupo e partì alla volta della Gran Bretagna, ove gli eretici erano numerosi e stavano facendo proseliti. Mentre erano in mare si scatenò una tempesta violentissima, ma grazie alle preghiere di Germano subito l’aria si calmò. Appena sbarcarono furono accolti con onore dagli abitanti: il loro arrivo era stato annunciato dai demoni che Germano aveva scacciato dagli ossessi. Quando Germano e Lupo ebbero prevalso sugli eretici, se ne tornarono alle loro terre.
Letto 154 volte.