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LETTERATURA: Orazio Labbate: “I racconti poetici del lume della lampada” – Limina Mentis Editore

31 Agosto 2012

di LORENZO SPURIO

I racconti poetici del lume della lampada
di Orazio Labbate
Limina Mentis Editore, Villasanta (MB), 2012 – Collana Ardeur
ISBN: 978-88-95881-27-0
Numero di pagine: 66
Costo: 10 €

Con precisione infinita modelli l’illusione di
chi si dissolve nella materialitĂ  di un pezzo
di felicitĂ , ma con imprecisione nullifichi la
tua superbia quando l’intelletto squarcia la
fragilitĂ  del non esistere.
(in “L’amore”, p. 19)

Non ho ben capito quale sia il percorso che Orazio Labbate ci inviti a intraprendere attraverso la lettura di Racconti poetici del lume della lampada. Ho notato, infatti, che non siamo in presenza di una poetica chiara e definita, ma che il poeta cambia vesti poesia dopo poesia. Il titolo può trarre in inganno: non si tratta di narrativa, non ci sono racconti. Ambigua e difficilmente comprensibile anche l’accezione di “racconti poetici”: un testo o è una poesia o è un racconto. E’ vero che la letteratura ha dato chiara voce anche a esperimenti letterari “di mezzo” tra l’uno e l’altro genere – il frammentismo di Clemente Rebora o la prosa poetica di Dino Campana- ma è difficile poter inserire uno scrittore contemporaneo in correnti come queste.
Condivido pienamente il messaggio contenuto dall’autore nella sua introduzione nella quale si fa riferimento al fatto che questa raccolta poetica è “malata” (p. 5). La malattia a detta di Orazio Labbate si manifesterebbe nell’ampia sequela di componimenti visionari che danno voce a mondi irreali, macabri e colmi di incubi. Aggiungerei che la degenerazione (la malattia) è altresì riscontrabile nella forma o, piuttosto, nella mancanza di forma delle liriche. Le parole –siano essi aggettivi, nomi o verbi- si susseguono velocemente nei vari versi in maniera inconsueta, anomala. Difficile individuare un senso di queste poesie ma credo che dietro l’intero progetto ci sia proprio l’espressa volontĂ  del poeta di “narrare poesie” sconclusionate, disorganizzate, atematiche, ridondanti forse per dar espressione alla componente onirica ed esistenzialista dell’essere. Il motivo per quale lo fa però, non mi è chiaro.
Mi dispiace che scrivendo questa breve recensione non abbia colto l’invito del poeta che nella prefazione dice testualmente: “Invito solo coloro che si cimenteranno in/ un’interpretazione a non interpretare” (p. 7). E’ impossibile leggere un libro –qualsiasi tipo di libro- senza interpretarlo. La nostra interpretazione può avvenire mentalmente, può esser messa per iscritto o no, ma ad ogni modo la lettura di ciascun testo ci permette di ragionare su qualcosa, di capire meglio una realtĂ , di affrontarla da un’altra prospettiva o ci dĂ  appunto la possibilitĂ  di interpretarla. Trovo che le poesie qui contenute possono essere interpretare in infinite maniere dato che non ne ravviso dei fili conduttori, delle tematiche centrali, dei punti di partenza chiari.
Credo che i lettori quotidiani si siano ormai abbastanza stancati di testi pieni di controsensi, voli pindarici senza meta, nonsense, costruzioni articolate prive di senso o impiegate solo per crear stridore nel lettore. Il lettore, che legge tutto con attenzione e formula una sua interpretazione, positiva o negativa che sia, è tutt’altro che “malato” e, nella maggior parte dei casi, è sempre piĂą lucido e “sano” dello scrittore stesso. Invito coloro che hanno intenzione di leggere questo libro, a cavarne una propria lettura. Questo, in fondo, è il senso della letteratura –high o low che sia- e della condivisione d’idee attraverso lo scritto.
Questa è la mia interpretazione.

Chi è l’autore?
Orazio Labbate è nato a Mazzarino (CL) nel 1985 ma ha vissuto a Butera (CL) sin dall’infanzia. Ha conseguito la maturitĂ  con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Eschilo di Gela e la laurea in Scienze Giuridiche presso l’universitĂ  Bocconi di Milano. I suoi “profondi maestri notturni e letterati” sono W.S. Burroughs, Umberto Eco, Jack London, JosĂ© Saramago, Gogol, Bukowski, Baudelaire, Lovecraft e molti altri. La sua poetica non è ascrivibile ad una corrente precisa o a un genere catalogabile, lui suole definirla “malata e affetta da cancro notturno”. E’ pervasa da una sorta di costante apprensione simile all’indefinibile sensazione di chi non distingue la veglia dall’incubo.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
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