LETTERATURA: PITTURA: I MAESTRI: Il catalogo2 Settembre 2017 di Virgilio Lilli Quei quadernetti; no, quei fascicoletti; no, quei calenda ri; no, no, non è ancora la parola giusta. Ecco, quegli opuscoli, insomma quella spe cie di libretti abbandonati quasi con noncuranza sul l’unico mobile della galleria, come se qualcuno ve li avesse dimenticati e dovesse torna re da un attimo all’altro, di fretta, mormorando « Buona sera, chiedo scusa, ho dimen ticato qui…; quei libretti, di co, sono i cataloghi. Sono i cataloghi della mostra perso nale del pittore ». Voi dalla strada avete ve duto un vecchio lume a pe trolio bianco e viola, due pe re .rosse e una spazzola nera con un pettine blu. E’ un qua dro, messo su un piccolo ca valletto contro la vetrina d’un negozio. E’ una natura morta. Vi siete fermato un attimo, lo avete osservato meglio: quell’idea del bianco contro il vio la, e poi del rosso sotto il bianco, e poi del nero col blu, vi ha distratto, vi ha strap pato ai fastidiosi pensieri che vi passavano per la mente mentre camminavate verso ca sa vostra. Avete posato la mano sulla maniglia della porta della gal leria d’arte senza tuttavia aprirla, avete allungato gli sguardi fino alle pareti attra verso il vetro, avete visto al tri quadri; sempre quel bian co contro il viola, tutto som mato; una chitarra bianca contro una parete viola, un nudo di donna bianco su un divano viola, un gruppo di case bianche sopra una colli na viola; e sempre dei rossi, dei neri, dei blu. Allora siete entrato nel silenzio della gal leria deserta: « Buonasera », avete detto fra i denti come se salutaste quel mondo bian co e viola più che qualche vo stro simile; ma una voce di ragazza, assonnata, vi ha ri sposto appena, chi sa di dove: « Buonasera ». * Ora avete preso a percorre re le pareti: bianco viola nero blu rosso, bianco viola nero blu rosso, bianco viola nero blu rosso eccetera. Non avete condotto a termine la rasse gna dei quadri, avete rag giunto direttamente la porta, siete uscito. Né vi siete avve duto che su un mobiletto, a destra della stanza, c’erano dei libretti, i cataloghi. Avete ripreso a camminare, fate mentalmente dei conti, siete preoccupato. Il bianco e il viola della galleria vi sono al le spalle, dimenticati, non sa prete mai chi è l’autore di quelle combinazioni di colore, di quelle immagini, di quelle visioni. Oppure no. Appena entrato in quella galleria avete visto i libretti, vi siete diretto deci samente al mobiletto, ne ave- te preso uno e avete comin ciato ad osservare i quadri; e osservando i quadri gioche rellavate col catalogo. Lo avete addirittura arrotolato, fa cendone un tubo; e il tubo lo aprivate fra la palma, con le dita, lo richiudevate, e poi fra l’indice e il pollice ne stropic ciavate i lembi, e infine ve lo siete portato alla bocca, avete preso a mordicchiarne i bordi, inavvertitamente. Quindi siete uscito. Oppure preso il libretto, lo avete consultato prima di ini ziare la rassegna dei quadri. Sulla copertina, sopra la riproduzione della natura mor ta esposta in vetrina, avete letto un nome in grandi ca ratteri, un solo nome (o cognome) messo lì con lo stes so criterio col quale si scrive Dante e non Dante Alighieri, o Modigliani e non Amedeo Modigliani. Voltata pagina avete letto « …L’arte del No stro è la verbalizzazione delle cromìe rimodulate nell’espres sione materica… ». Avete let to: « …le allusioni masaccesche sono i parametri del te sto gergale, ma rilievitano in chiave prefauvista… ». Im pressionato da quella prosa, data una rapida occhiata, sie te uscito. Oppure â— ancora â— avete soffermato la vostra attenzio ne sulla fotografia del pittore, una faccia benevola dalle guance cascanti. Oppure siete andato diretto alla sua biogra fia: « …nato a… il… iniziò gli studi all’Accademia di… il suo primo maestro fu… ma poi… ». Avete saltato qualche riga, ma vi siete sempre tenuto sulla biografia: « …la partecipazione alla collettiva di… lo impose alla critica che… Sue opere si trovano a Milano, Roma, Grottammare, Casalpusterlengo e nelle principali collezio ni italiane e straniere… ». Letta la biografia, non vi siete deciso tuttavia a « visita re la mostra » nel senso con creto della parola, avete dato un’occhiata all’elenco delle opere: «Composizione… Coordinate e fiore… Composizione 2… Composizione 3… Coor dinate e fiore 2… Coordinate e fiore 3… ». Lentamente ave te sollevato gli occhi dal li bretto, avete cercato di indo vinare subito quale fosse il quadro « coordinate e fiore 2 ». Non ci siete riusciti e avete continuato a leggere: « Hanno scritto di… », ma non avete avuto la pazienza di compi tare le decine di nomi che seguivano. Sbirciati rapidamente i quadri, siete uscito mettendovi i libretti in tasca. Oppure… Si potrebbero scrivere pa gine e pagine sui rapporti fra il visitatore della galleria d’ar te e il catalogo. E tuttavia la conclusione è una sola: che novantanove volte su cento, grande o piccolo esso sia, a colori o in bianco e nero, stampato a regola d’arte o al la bell’e meglio, corredato dal la presentazione d’un grande nome della critica ufficiale o da quella d’un anonimo, esso finisce in un cestino o in un cesto, pubblico o privato, di rifiuti. * Ma il pittore non lo sa. Egli ha visto cento, mille, diecimila cataloghi di altri fare quella fine, inesorabilmente. Egli stes so ha contribuito personal mente, sia pure senza averne coscienza, a una tale fine di quanti altri cataloghi ha raccolto nelle gallerie ove si tenevano personali; ma la catastrofica fine del « suo » catalogo la ignora. La ignora, intendiamoci, perché la vuole ignorare, perché rifiuta di includersi nella massa degli altri, perche il suo mestiere è proprio quel lo di essere fuori della massa, un individuo, un « solo », il quale appunto è il solo a ve dere il mondo bianco e viola. Questa volontà è proprio la sua carta d’identità di pittore. Egli crede nella validità del suo catalogo come in quella della sua pittura. Se così non fosse smetterebbe di dipinge re. E smetterebbero di dipin gere tutti i pittori del mondo i quali continuano a fare mo stre personali e cataloghi che finiscono fra i rifiuti (ed ognuno d’essi pensa: « il mio no »). Lo abbia fatto lui, o la gal leria; sia un opuscolo, o un manifesto, o un gioco di fogli difficilissimi ad aprirsi, come usa oggi; in carta comune, o da imballaggio, o metallizzata; rettangolare, o quadrato, o tondo, o esagonale; bianco, o rosso pomodoro, o giallo, o arlecchino; sia insomma il più tradizionale dei fascicoletti o il più avanguardistico dei dépliants; per il pittore che fa una mostra personale, il catalogo è un poco la mostra stessa, l’emblema della sua arte, il suo riassunto psico logico. E il catalogo è una delle sue fatiche non inferiore a quella di dipingere. E quando si inaugura la sua personale egli ha l’aria un poco disfat ta: perché, sì, ha lavorato ai quadri, ma ha anche lavora to a « fare il catalogo ». Vi ha lavorato sia che io abbia fatto lui, sia che lo abbia fat to la galleria, indifferentemen te. Se lo ha fatto lui, giorni e giorni nella scelta del quadro o dei quadri da riprodurre, nello studio del formato, nel seguire i clichés, nelle consul tazioni col tipografo; e i caratteri, e le correzioni, e la qualità della carta; e l’indeci sione fra « una cosa semplice » o « una bella cosa nuo va ». E l’attesa del testo d’un critico amico o d’un amico critico al quale poi mandare un disegno o un piccolo olio. Se lo ha fatto la galleria, stesse preoccupazioni, aggra vate dall’angoscia di non es sere presente, con la mente piena di pensieri tormentosi quanto infantili: mi sbagliano la data di nascita… dimenti cano di mettere il titolo della natura morta… mi stampano la composizione 3 capovolta… In ogni caso l’impazienza dell’attesa, l’ansia di « veder lo », il catalogo, di averlo fra le mani, il catalogo, di leggere quelle righe: « E’ nato a Spe zia il… Sue opere nei musei di Terontola, di Manila, di Oslo… ». Il piacere, un poco mostruoso, di compitare fra le labbra quella presentazione: « La sua corposità diremmo fossile trasmoda nella sfera paraonirica delle dilatazioni semantiche… ». E infine usci re di studio con un mucchietto di cataloghi nella tasca del la giacca, per offrirli agli ami ci e ai conoscenti, e poi non averne il coraggio, e riportare il mucchietto intatto allo stu dio, pensando: « L’affare è che io non ci so fare… mi fa schifo a me… Guarda Tizio… lui sì… il catalogo lo porta personalmente al presidente della Repubblica, al Papa… ». Ed eccolo lì, ora, a casa, dopo la vernice. La galleria è lontana, lo studio è chiuso. Forse non venderà un solo quadro, forse li venderà tutti. Forse i giornali lo ignoreran no, forse il critico del… scri verà sette righe in corpo cin que: « …non è da lasciare inosservata certa eleganza to nale delle composizioni di… ». Siede sul bordo del letto in maglietta, piedi nudi. E’ tar di, ha sonno, ma non si de cide a staccarsi dal catalogo; legge per la centesima volta « …iniziò gli studi alla Acca demia di… sue opere si trova no… ». Sillaba le ultime parole della presentazione: « …la frat tura psichedelica della proie zione cromatica ». Domattina aggiungerà un pacco di cen to cataloghi alla montagna di cataloghi vecchi che giaccio no in un sottoscala dello stu dio: carta straccia, illusione, vita, amore. Letto 1464 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||