Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: TEATRO: I MAESTRI: Il Molière di Bulgakov

30 Settembre 2017

di Giovanni Macchia
[dal “Corriere della Sera”, domenica 23 febbraio 1969]

È raro che un autore agisca su di un altro in maniera totale per i fatti della sua vita e per le sue ope ­re. Nell’arco quanto ma significativo della sua attivi ­tà, Bulgakov dedicò a Mo ­lière uno studio biografico, due commedie e una traduzione. Dalla biografia che oggi si pubblica in Italiano (Vita del signor di Molière, con introduzione di Benjamin Kavérin, Mondadori, pp. 240. L. 2000) fu tratta la commedia Il giogo dei santoni, rappresentata nel 1936 al Teatro d’Arte di Mosca. Quando la trilogia molieresca di Bulgakov ver ­rà pubblicata in italiano (ma è una flebile speranza), risulteranno più chiari il significato di questo libro e la ragione per cui fu scritto.

Ce un motivo ad esempio nella scelta del titolo che pare cosi innocuo? Perché quel « signor » regalato ad un Molière? Esso è ripreso evidentemente dalla prima biografia: La vie de Monsieur de Molière (1705) del Grimarest. Anche se Bulga ­kov non ne fa parola, forse non ignorava la meravi ­glia che quel titolo, come racconta Grimarest, suscitò in un tale Cellier. Molière, secondo Cellier, era «Monsieur » solo per i postulanti e per il popolo minuto: era un attore, cioè un uomo dal mestiere ignobile a cui quel ­la qualifica non conveniva. Se la ventata teatrale che si abbattette su Bulgakov venne dalla Francia di Lui ­gi XIV, fu perché quella so ­cietà espresse contempora ­neamente l’esaltazione e il vilipendio dell’attore, fu perché onorò l’uomo di tea ­tro (Molière o Racine) e lo costrinse, quando volle, a piegarsi, a genuflettersi, a tacere.

Così, nell’estrema difficol ­tà di costruire il « tem ­po narrativo » di un per ­sonaggio mobilissimo che procede a scatti, in una prospettiva cangiante e a volte inafferrabile, questa biografia è insieme polemi ­ca e di una tranquilla e quasi arida oggettività.

Forti illuminazioni colpisco ­no di una luce trasversale il protagonista, ma esse ce ­dono a pagine grige, che hanno il tono di un rapido referto biografico. Ora Bul ­gakov incanala la narrazio ­ne sui fatti, salvezza e dan ­nazione di ogni buon bio ­grafo, ora li ferma come se fosse trascinato altrove: dall’idea di un personaggio da creare, da inventare.

Anche per questa mobili ­tà non esagererei l’impec ­cabile robustezza dell’infor ­mazione erudita, la capilla ­rità dell’informazione, co ­me fa il Kavérin. Quali fu ­rono le fonti di Bulgakov?

Fu suggestionato dalla bel ­la biografia che due anni prima aveva pubblicato Ra ­mon Fernández? Intere pa ­gine ed episodi sono stati sicuramente ripresi da una opera non molto nota, che neanche il Fernández citava, pubblicata nel primo Ottocento: l’Histoire de la vie et des ouvrages de Molière del Taschereau. Su queste pagine Bulgakov ha versato un po’ del suo rea ­lismo fantastico e roman ­zesco. Un solo esempio: l’episodio del Clavicembalo magico. Aperta di fronte al re e alla regina quella mac ­china meravigliosa che pa ­reva suonasse da sé, vi sco ­prono dentro un bambino. Quel fanciullo per Grima ­rest era bello come un an ­gelo; per Taschereau un semplice ragazzino che co ­minciava a sentirsi male per mancanza d’ossigeno. Bul ­gakov vede quel bambino « sudicio, attrappito, esau ­sto », e riconosce in lui (senza prove) Michel Ba ­ron, che diverrà il grande attore, allievo e protetto di Molière.

*

L’impianto teatrale s’av ­verte nella struttura del li ­bro, come se esso fosse la preparazione di un altro li ­bro da fare, una commedia appunto. Il racconto è come tagliato in scene che hanno o il valore di semplice di ­dascalia o sono il fondale caratteristico e simbolico da dove il personaggio esce per avvicinarsi un po’ al proscenio e farsi riconosce ­re per quello che è, o co ­me il docile couplet con cui egli si esibisce, quasi rit ­mando un passo di danza.

Nella casa delle scimmie; Entra in scena il principe di Conti; L’umiliazione del salotto azzurro; Conversa ­zioni nel Parco; Madeleine esce di scena… Un uomo guarda e osserva. Al falso teatro della vita egli osa opporre il vero teatro del ­la scena, non con la voce della grande poesia, che tut ­to assolve, ma con l’ironia, con la parodia, con l’esage ­razione ilare ed acre. Se Bulgakov scelse come suo idolo Molière e non Shake ­speare, è perché in Shake ­speare, come diceva Bor ­ges, vi erano tutti e nessu ­no. In Molière v’era soltan ­to e sempre se stesso, e gli strumenti antieroici ch’egli adoprava si adattavano al personaggio tragico moder ­no, che cela il dolore e la sconfitta.

Come per l’eroe del Ro ­manzo teatrale (titolo an ­ch’esso ripreso: del Roman comique di Scarron), per Molière la « lotta per il teatro » fu, alla lettera, una lotta per la vita: una fuga dalla vita, che è «teatro » (come ha ben scritto Vit ­torio Strada), per salvarsi nel teatro, che è vita. E la lenta e prodigiosa preparazione a questo confronto interessa Bulgakov più che il tempo della sua affermazione. L’infanzia, la giovi ­nezza del figlio del tappez ­ziere del re, la sua inattesa vocazione teatrale, il suo squallido peregrinare in provincia occupano la se ­zione maggiore del volume, in una vicenda che si chiu ­derà con la morte sul pal ­coscenico: con la morte cioè in quello spazio ch’egli, attore ed autore, s’era scel ­to come l’unico proprio, l’unico autentico. E non meravigli se Bulgakov tra ­scuri d’approfondire tutto ciò che sarebbe stato faci ­le pasto per un biografo scandalistico dei nostri gior ­ni: i fatti privati dolorosi della vita di Molière, della sua famiglia d’attori: Ma ­deleine, Armande e Baron. Chi fu veramente Arman ­de? Cosa rappresentò Ba ­ron per Molière e per Ar ­mande?

*

L’infelicità è sempre oscura. Gli uomini non vo ­gliono vederla: tentano di riderne o di cancellarla dal loro sguardo. L’infelicità è il silenzio: ciò che non par ­la o non appare. Ma se essa si fa strada, se arriva fino a noi, con la voce del ­la verità, sotto la masche ­ra dell’ironia, è difficile, im ­possibile soffocarla. « Per ­ché â— si domanda Kaverin â— Bulgakov ha avuto un rapporto cosi intenso verso Molière? Perché colui che è stato il più grande commediografo che sia mai esistito, che ha scritto le commedie sulle quali si sono sbellicati dal ridere spettatori di tre secoli, ha vissuto una vita terribile, tragica… Scoprendo Molière, Bulgakov scopriva se stesso ».

Non so se l’identificazione possa essere impostata con tanta esattezza, senza lasciare alcun margine al ­le indecisioni della fanta ­sia. Certo le due esistenze furono come solidi anelli dell’infrangibile catena del ­l’infelicità umana: Bulga ­kov, già quasi cancellato dalla storia, con i suoi per ­sonaggi, votati all’insucces ­so, condannati alla censu ­ra o alla morte (il Maestro che ha bruciato il suo ro ­manzo su Pilato ed è co ­stretto a vivere in una cli ­nica; Puskin che, ci infor ­ma Kavérin, appare una sola volta nel dramma, fe ­rito a morte, con il poli ­ziotto che commenta: « Sì, si mordeva le mani per non gridare, perché la moglie non sentisse, poi si cal ­mò… »), e Molière, che deve ridere e agitarsi sulla sce ­na anche quando gli ta ­gliano la coda, come le lu ­certole.


Letto 1965 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart