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LETTERATURA: TEATRO: STORIA: Il significato del labirinto. Edipo preedipico

26 Dicembre 2015

di Franco Fornari
[da “La fiera letteraria”, numero 44, giovedì, 31 ottobre 1968]

PAOLO SANTARCANGELI
Il libro dei labirinti
Vallecchi, pagine 398, lire 6000.

Paolo Santarcangeli con Il Libro dei labirinti ci dà un saggio di par ­ticolare interesse, relativo alla storia di uno dei miti più popolari dell’anti ­chità, comune sia alla civiltà cretese che a quella attica: il mito di Teseo e Arianna che ha nel simbolo del la ­birinto, contenente il minotauro, il suo punto centrale.

Il libro comincia con la esposizio ­ne e un’analisi di tutti i dati concernenti i personaggi più importanti del mito a cominciare da Minos per pas ­sare a Teseo, Arianna, Dedalo, ecc. Partendo dalla sua consacrazione mitologica più famosa, Santarcangeli se ­gue le vicende del labirinto dai tem ­pi preistorici fino ai giorni nostri, in cui compare come messaggio pubbli ­citario e come test psicologico. Egli rintraccia gli antenati più arcaici del labirinto nelle incisioni rupestri del ­la Valcamonica e in alcuni cerchi di ciottoli, fatti probabilmente da pe ­scatori in riva al mare. Trova il tema labirintico nel materiale etnografico di popoli primitivi e considera le pian ­te delle tombe faraoniche in Egitto come le forme precorritrici più diret ­te del labirinto di Cnosso.

Teseo diventa Cristo

Dalla sacralità del mito e dal suo le ­game con il tema dell’iniziazione, del ­la reinfetazione e della rinascita, oltre che con il tema della discesa agli in ­feri, delle potenze ctoniche ecc., la storia prodigiosa del labirinto passa poi ad una sua relativa desacralizza ­zione nella cultura romana, dove di ­venta un tipico tema decorativo nei movimenti musivi di Pompei e di al ­tri pavimenti romani disseminati in Europa.

Nel Medio-Evo si assiste ad una ri ­sacralizzazione del labirinto che si impregna di significati salvifici cri ­stiani, per cui il perdere la strada e il ritrovarla si collocano in una pro ­spettiva mistica e moralistica, che ri ­troviamo nella « diritta via smarrita » agli inizi della Commedia, a sua volta interpretabile come situazione labirin ­tica. In quest’epoca pertanto, nel cen ­tro del labirinto, al minotauro viene sostituito il diavolo e Teseo diventa Cristo.

Sempre nel Medio-Evo, oltre ai la ­birinti nelle cattedrali, incominciano i giardini sotto forma di labirinto, con scritte floreali e intenzioni mistiche che si ritrovano nel Roman de la Rose.

Dopo il Trecento l’elaborazione del tema del labirinto tende scomparire per riapparire poi dopo la prima metà del ‘500 e raggiungere una particolare fortuna nel ‘600 e ‘700. E’ nel ‘600 che la tematica del labirinto si arricchisce di un importante elemento: il bivio co ­me condizionatore della doppia scelta. La ricerca del Santarcangeli segue quindi il cammino del labirinto in tutte le sue più strane peregrinazioni nelle arti figurative, nelle stranezze calligrafiche, nelle sue traduzioni al ­legoriche sugli stemmi e sulle tappez ­zerie, nel soffitto di Palazzo Ducale di Mantova, nei prati inglesi (TurfMazes) e nei giardini di delizie ecc. fino ad arrivare ai già citati impieghi del labirinto come messaggio pubbli ­citario e come test psicologico.

Per decifrare il significato del labi ­rinto e del mito del minotauro, San ­tarcangeli si rivolge, pur con una certa titubanza, alla « psicologia del profondo » di Jung. Il labirinto viene a volte considerato come un arche ­tipo. Il riferimento psicoanalitico sem ­brerebbe pertanto fuori luogo, perché esula dalle intenzioni del Santarcan ­geli. Egli, però, su un punto piutto ­sto importante, cioè sul simbolismo del toro, sostiene una tesi sulla qua ­le vale forse la pena di soffermarci, per sviluppare qualche riflessione. Egli scrive: « E’ quindi interessante rilevare che malgrado l’aspetto che ne fa quasi un simbolo, un emblema della virilità, la rappresentazione… del toro non ha mai avuto, o solo di rado », se non andiamo errati, « un significato prevalentemente fallico.

Proiezione della fantasia inconscia

Esso è piuttosto associato con la re ­lazione tra la vita e la Terra: e sol ­tanto per quella mediazione, con il simbolo della fertilità. La sua schie ­na nera, le corte zampe… lo fanno ap ­parire come collegato col mondo sot ­terraneo, con le potenze ctonie, con le caverne ».

In questo passaggio Santarcangeli sembra adoperare una verità per ne ­garne un’altra. Non sembra infatti necessario negare il carattere fallico del simbolo del toro per affermarne una sua relazione con la terra (sim ­bolo femminile-materno) in funzione di fertilità. Tanto più che in altre pagine viene riportata la seguente ci ­tazione del Neuman: « La decapita ­zione del toro costituisce il sacrificio del fallo e le due corna appaiono co ­me simbolo fallico… Del resto il nesso tra fallo e testa è importante per i singoli stadi della coscienza… ed è ca ­ratteristico che la testa del toro stia per il fallo umano ». Ed è anche inte ­ressante notare che questa citazione viene fatta da Santarcangeli nel capi ­tolo dedicato all’ascia bipenne (labrys da cui sarebbe derivato labirinto) e subito dopo aver parlato del fatto che l’ascia bipenne era adoperata come strumento per la castrazione.

A mio parere, il fatto che il toro, e in particolare la testa del toro sim ­bolizzi il fallo e il fatto che il toro appaia legato alla terra e alle caverne non sono da intendersi come fatti an ­titetici, ma possono essere ambedue comprensibili nell’ambito di una tipi ­ca fantasia inconscia, che trova nel simbolo del labirinto contenente il minotauro (con la testa di toro) una singolare verifica. Intendo riferirmi alla proto-fantasia inconscia descritta da Melanie Klein come « fallo pater ­no dentro il corpo della madre », alla quale si collegano ansie persecutorie analoghe a quelle suscitate dalla « fi ­gura parentale combinata ». Per que ­sto la simbolizzazione della testa del toro come fallo sottolineata anche da Neuman â— mi sembra importante.

Il labirinto rappresenta allora il cor ­po materno, il misterioso e temuto interno del corpo della madre oggetto di pungente curiosità, di impulsi epistemofilici e di desideri intrusivi da parte del bambino. Il minotauro dentro il labirinto sarebbe allora il fallo paterno come misterioso pericolo con tenuto nel corpo della madre. Sul pia no clinico questa fantasia è di osser ­vazione corrente. La applicazione di tale realtà fantasmatica, che trovia ­mo sul piano clinico, al tema del la ­birinto, del minotauro e di Teseo avrebbe allora la stessa pregnanza del riferimento del materiale clinico, re ­lativo al parricidio e all’incesto, al mi ­to di Edipo. Se cioè la testa del toro è il fallo, allora il minotauro (nome che condensa Minos e testa del toro) è da intendersi come ,« fallo di Mi ­nos ».

Il trionfo del bambino sulle angosce

Narra infatti il mito che ogni no ­ve anni (riferimento ai nove mesi della gestazione?) Minos entrava nel ­la caverna per parlare con Zeus pa ­dre: dove è facile cogliere una fanta ­sia di reinfetazione di Minos. Ma il fe ­to equivale anche al fallo. E il fatto che Pasifae si innamori del toro ci riporta di nuovo al simbolo paterno, in quanto Minos è figlio di Giove tra ­sformatosi in toro. La testa di toro del minotauro sarebbe così sia il sim ­bolo del fallo che del padre di Minos: il che potrebbe di nuovo significare « fallo del padre », o anche coalizione dei padri, che si allaccia ai riti inizia ­tici castratori nei riguardi dei figli.

Il mito di Teseo, visto in questa pro ­spettiva, avvicinerebbe questo famoso eroe ateniese ad Edipo: un Edipo pe ­rò « preedipico », in una fase cioè nel ­la quale il padre non è ancora sepa ­rato dalla madre, bensì fuso con lei nell’immagine parentale combinata, a livello di oggetti parziali. In tal senso il mito di Teseo celebrerebbe anche il trionfo del bambino sulle sue angosce primarie.

Una conferma indiretta del caratte ­re edipico del mito di Teseo può essere ricavata dal lapsus di Teseo, che, quando torna a casa vincitore, dimen ­tica di sostituire la vela nera con la vela bianca. E’ noto che in base a tale dimenticanza Egeo, il padre di Teseo, si uccide. Il tema del ritorno dentro il corpo della madre (viscere della terra, labirinto come « pacchetto di visceri » ) associato alla lotta mortale con il fallo paterno è anche centrale nei riti ini ­ziatici, con relativa capanna-caverna, (come simbolo materno in cui entra ­no gli iniziandi) dentro la quale av ­vengono i maltrattamenti subiti dai giovani da parte dei padri coalizzati.

Un ultimo dato a favore dell’inter ­pretazione proposta, nel senso della « convergenza indiziaria » riguarda il fatto che Minos stesso soffriva di in ­cubi relativi al… pene paterno dentro la madre. Narra infatti il mito che, (forse per magìa della moglie Pasifae gelosa!) ogni volta che Minos si avvi ­cinava ad una donna diversa dalla mo ­glie per avere rapporti sessuali dove ­va scapparne perché dal corpo della donna uscivano serpenti ed altri ani ­mali mostruosi.

 


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