LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero
3 Aprile 2009
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NUOVAMENTE DISPONIBILI – NUOVA COPERTINA
Derek Raymond – COME VIVONO I MORTI – Euro 14,00
A Thornhill, poco fuori Londra, c’e’ una grande villa in decadenza. Un tempo le sue stanze risuonavano di un canto melodioso, ma ora non si ode che silenzio. Gli interni sono bui e i muri scrostati, la pioggia goccia monotona dai soffitti. L’affascinante Madame Mardy, giunta anni prima dalla Francia a seguito del marito, con la sua voce delicata e i suoi modi garbati, e’ scomparsa.
Ma c’e’ qualcosa di inquietante nel modo in cui la donna, negli ultimi tempi, si era fatta impalpabile e quasi evanescente, prima di sparire del tutto. C’e’ qualcosa di angosciante nel vuoto che ha lasciato nel paese.
A14, sezione Delitti Irrisolti. Al sergente senza nome piace lavorare da solo, e di andare a Thornhill viene incaricato lui. Qui trova un’accoglienza gelida, un clima di opprimente omerta’. Alla piccola stazione di polizia locale gli uomini di paglia in divisa volgono lo sguardo altrove, sperando in segreto che quel detective sgangherato mandato dalla capitale non colga nei loro occhi il luccichio sinistro dei corrotti.
Il caso sembra fatto apposta per lui, e per i suoi metodi di indagine: atteggiamento provocatorio, maniere rudi, nessun rispetto per i superiori. Ma un grande rispetto per la dignita’ e la sofferenza umana: “Sarebbe troppo semplice accontentarsi di giustizia e logica. Che cosa ce ne faremmo senza la pieta’?”. Grazie a questi modi schietti, il sergente sapra’ farsi strada in quella provincia impietosamente descritta, dalle fabbriche chiuse alle campagne desolate, dai vecchi alcolizzati del pub ai giovani senza futuro. Per scoprire, al fondo dell’indagine, un segreto crudele come lo stesso male di vivere, spietato come la follia dell’amore.
Nel terzo capitolo della saga della Factory, Raymond approfondisce la dissoluzione del poliziesco classico per regalarci un noir metafisico, intriso ancora una volta del dolore delle vittime.
(recensioni COME VIVONO I MORTI)
Robert Irwin – L’INCUBO ARABO – Euro 16,00
“La cosa piu’ stupefacente di Robert Irwin e’ la sua originalita’, che sfida qualunque definizione. Tutto quello che posso dire dire e’ che assomiglia a un incrocio tra “Le mille e una notte” e “Il nome della rosa”. Magico, bizzarro e sconvolgente.”
(Ruth Rendell)
“E’ quello che avrebbero fatto Borges e Philip K. Dick se avessero unito gli sforzi.”
(David Langford)
Baliam e’ stato inviato dalla corona francese al Cairo per spiare i movimenti della corte mamelucca. Ma in quella citta’ multiforme e insidiosa si trova a perdersi tra la realta’ e il sogno, cadendo vittima dell’Incubo Arabo, un terribile incantesimo che tormenta atrocemente il sonno e che al mattino non lascia traccia del suo passaggio.
Mentre cerca di decifrare la sottile rete di intrighi politici che avvolge il Cairo, Baliam resta coinvolto nel mistero che sta terrorizzando l’intera citta’. Chi e’ la pallida Fatima della Morte, che con un pugnale toglie la vita ai giovani che cedono al suo fascino fatale?
Baliam cerca di fuggire dalla citta’ scarlatta, ma a ogni tentativo il suo cammino lo riporta sempre al punto di partenza. La citta’ e’ un labirinto onirico e surreale, un mondo sotterraneo popolato da prostitute e maghi egiziani, dervisci ridenti e ordini di cavalieri lebbrosi: figure ibride e fantasmagoriche che non sono mai cio’ che sembrano.
A meta’ strada tra “Le mille e una notte” e una novella di Borges, il romanzo di Irwin riesce a unire, in un traboccante immaginario, la sensualita’ dei sogni pieni di eros, i paradossi filosofici e la leggerezza del divertimento. Un gioco attraverso l’universo dei simboli e l’ebbrezza delle illusioni, dove ogni figura riverbera nel suo inquietante riflesso.
(recensioni L’INCUBO ARABO)
LE RECENSIONI
Matti Yrjana Joensuu – HARJUNPAA E IL FIGLIO DEL POLIZIOTTO – Euro 13,50
“UN COMMISSARIO MAIGRET FINLANDESE”
Pulp
Un noir finlandese, o meglio un esplicito racconto di violenza giovanile, una storia di giovani criminali rigorosamente descritta attraverso un’ottica istituzionale. L’autore e’ stato commissario di polizia, e infatti tutta questa vicenda – che ha per protagonisti due ragazzi – nonostante la costante pieta’ di cui e’ intrisa ogni pagina, e’ lontana chilometri dai motivi che possono spingere due giovani a uccidere. Si tratta di un uccidere senza motivo, proprio perche’ la narrazione, nonostante sembri asettica quanto un resoconto giudiziario o un’autopsia, e’ invece radicalmente di parte. Chi scrive non concepisce neppure i motivi e le emozioni di Mikael e Leo, la loro visione tragica dell’esistenza. C’e’ solo il rammarico di un adulto che osserva due giovani vite sprecate, due figli che non sono riusciti a diventare buoni cittadini finlandesi. E non a caso Joensuu individua scientificamente le colpe di questi crimini: due famiglie indegne, violente o indifferenti, che l’autore addita a veri colpevoli. Due famiglie inadatte a educare.
La gente muore per un’infinita’ di ragioni, e il romanzo poliziesco ha sublimato le ragioni della morte a indagine che neppure si conclude con lo scioglimento del delitto, ma deborda contaminando l’investigatore e assumendo il contesto del caso criminale a paradigma sociale. C’e’ da chiedersi se Joensuu ritenga che la societa’ nordica, in questo caso fredda come il suo clima, sia giunta a un definitivo disfacimento, se la polizia che fronteggia questi ragazzi violenti e senza ideali sia l’ultimo baluardo di una concezione paternalista destinata a estinguersi, se la famiglia sia diventata assolutamente incapace di riprodurre il modello sociale; e se gli adolescenti (come alieni) intendano portare l’intero corpo sociale all’autodistruzione
“Harjunpaa e il figlio del poliziotto” apre diverse domande sulle societa’ nordiche, sulla ricchezza, sullo stato sociale. Domande che solo un romanzo che sin dall’inizio parla di morte e’ in grado di porre.
Domenico Gallo
(recensioni HARJUNPAA E IL FIGLIO DEL POLIZIOTTO)
Christopher Brookmyre – SCUSATE IL DISTURBO – Euro 17,50
www.licenziamentodelpoeta.splinder.com
“Scusate il disturbo” di Christopher Brookmyre (Meridiano zero) e’, malgrado sia stampato su carta, un action movie. O, piu’ precisamente, la parodia (una parodia colta, intelligente, sapida, divertita) di un action movie: vale a dire una storia che, inscenando un certo tipo di eventi (sparatorie inseguimenti esplosioni raffiche di mitra assalti frontali eccetera) assume una posizione critica rispetto alle narrazioni incentrate su quel tipo di eventi, portando la narrazione sul terreno della comicita’.
Non che ad inscenare sparatorie inseguimenti esplosioni raffiche di mitra assalti frontali seguiti (o preceduti) da altre sparatorie ulteriori inseguimenti eccetera, ci sia niente di male. Un po’ d’azione lubrifica le storie e le fa scorrere piu’ veloci, sulla pagina e sullo schermo.
(…)
Comunque: c’e’ una bella differenza tra condannare un genere senza appello (in questo caso, gli action movie), e inscenarne la parodia. Di solito, chi giudica i film d’azione alla stregua di dosi massicce d’anestetico iniettate nel tessuto cerebrale degli spettatori (e conseguentemente li disprezza), non li conosce affatto (ne’ i film, ne’ gli spettatori) e di rado ne ha visto qualcuno fino alla fine (di film d’azione). Ebbene, (…) noi nel romanzo di Brookmyre troveremo una buona dose di distacco e ironia; ma non di disprezzo. All’autore, si capisce leggendo Scusate il disturbo, gli action movie piacciono: anche se con ogni probabilita’ egli apprezza maggiormente quelli in cui personaggi ed eventi non vengono presi troppo sul serio.
La storia di Scusate il disturbo: c’e’ un tizio, Gavin Hutchison, arricchitosi col turismo dei minus habens (il tipo di turisti che impazziscono se non trovano la pizza napoletana in Bangla Desh), che decide di trasformare una piattaforma petrolifera piazzata nel bel mezzo del Mare del Nord (classico scenario da action movie), in villaggio turistico galleggiante, e d’invitare all’inaugurazione quella manica d’infami dei suoi ex compagni di scuola del St. Michael’s College, che all’epoca appunto della scuola lo trattavano come lo “sfigato per eccellenza” (ce n’e’ uno in ogni classe, mi dicono). A dire il vero, questi fetentissimi ex compagni sono una sfilata di fenomeni da baraccone mica male (sono tentato di citarvi qualche esempio clamoroso, ma mi trattengo per non sciuparvi il gusto: se proprio vi viene la curiosita’, spulciatevi la rassegna stampa). Si ha la sensazione che Brookmyre costruisca, in effetti, i suoi personaggi apposta per sbeffeggiarli: e, per mezzo di tali sbeffeggiamenti, irridere le piu’ sciocche e idiosincratiche abitudini di vita britanniche. Insomma: quel pizzico di satira sociale che non guasta mai, e che nella letteratura in lingua inglese ha innumerevoli illustri predecessori (che pero’, curiosamente, inglesi non sono mai: tanto per dire, Swift era irlandese, Thackeray nato in India, e Christopher Brookmyre e’ scozzese). Comunque, nel bel mezzo della “vacanza” sulla piattaforma petrolifera irrompono in scena i terroristi piu’ sgangherati che si siano mai visti, e il resto (ch’e’ un sacco di roba, ma lo lascio raccontare all’autore) viene di conseguenza. Cio’ che piu’ mi ha colpito, positivamente, di Brookmyre e’ la sua capacita’ d’infilare una dopo l’altra situazioni pulp e dialoghi deliranti, senza mai ripetersi; o comunque, ripetendosi ben di rado (e, credetemi, e’ difficile giocare con il pulp senza diventare noiosi in fretta). Si capisce, leggendo questo romanzo, che l’autore si e’ divertito come un matto a scriverlo e l’ha scritto avendo ben chiaro in testa l’obiettivo di far sganasciare i suoi lettori, senza per questo considerarli dei decerebrati. Si sa che ognuno si diverte come puo’, e che l’umorismo e’ un fatto ben personale, tanto che cio’ che diverte uno puo’ risultare fastidioso a qualcun altro. Cio’ che posso dirvi e’ che io, con “Scusate il disturbo”, mi sono letteralmente schiantato dal ridere a ogni pagina o quasi: merito del fatto che l’autore, da bravo parodista, non ha scrupoli nell’alzare continuamente la posta (al punto di mettere in scena persino uno sgangherato filosofo dell’action movie, l’irresistibile Ally McQuade).
(recensioni SCUSATE IL DISTURBO)
Luigi Balocchi – IL DIAVOLO CUSTODE – Euro 9,00
www.thepolloweb.blogspot.com , 13.1.09
Negli anni Venti era diventato in Italia il nemico pubblico numero uno.
Ricercato dalla polizia di Nord e Sud, Sante Pollastri ha faticato per costruire la sua carriera. Ma alla fine ce l’ha fatta, diventando uno dei piu’ grandi banditi di tutti i tempi, sempre in bilico tra cronaca e leggenda. A ricordarlo nel corso degli anni, soprattutto per la sua amicizia con il ciclista Costante Girardengo, ci hanno pensato tempo fa una canzone di De Gregori, “Il bandito e il campione”, e piu’ recentemente Marco Ventura, con “Il campione e il bandito”, edizioni il Saggiatore.
Ora arriva in libreria per Meridiano Zero “Il diavolo custode” di Luigi Balocchi un romanzo che ripercorre la vita e le azioni di un uomo che fa parte a suo modo della storia del nostro Paese. Perche’ c’ e’ chi nasce angelo, chi diavolo. E chi tutt’e due, come Sante Pollastri.
Ma il libro non e’ una semplice biografia. Del resto, attingere ad una vita del genere significa gia di per se’ mettere un piede nel romanzo. Sante Pollastri, classe 1899, originario di un luogo sinistramente noto come Novi Ligure, comincio la sua carriera di ladro rubando carbone per proteggersi dal freddo. Anarchico orgoglioso, bandito nelle vite dei ricchi per dare ai poveri, non esito a sparare nel 1926 in Lomellina uccidendo insieme alla sua banda due carabinieri. La carriera fu stroncata un anno dopo. Ma sempre in grande, cosi come aveva vissuto fino ad allora. A catturarlo, infatti, nella metropolitana di Parigi il 10 agosto 1927 fu il celebre commissario Guillaume. Proprio lui. Il funzionario della Surete’ al quale Simenon si ispiro per il suo Commissario Maigret.
(recensioni IL DIAVOLO CUSTODE)
Hugues Pagan – IN FONDO ALLA NOTTE – Euro 13,50
www. nonsolonoir.blogspot.com , 19.2.09
Jacques Cavallier, quarantacinquenne ex-agente della giudiziaria, un passato da dimenticare alle spalle, ha lasciato la polizia e si e’ imposto l’esilio in provincia. Qui passa le giornate scrivendo articoli di poco conto per un modesto quotidiano, e le nottate ascoltando vecchi LP della “Sun Records”, andando in giro sulla sua vistosa Ford V8 e scolando bottiglie. I colleghi del giornale gia’ lo danno favorito tra i possibili successori dello stanco caporedattore Tellier; poi, un giorno, le ombre lunghe di un torbido passato, un passato da poliziotto di citta’ dal grilletto facile e dalla dubbia moralita’, offuscano la sua tranquilla esistenza da giornalista di provincia.
Una serie di ingenti versamenti bancari effettuati da uno sconosciuto, l’intempestiva visita di una vecchia fiamma e di un ex-collega, la scomparsa del vecchio Chess, ex-funzionario della giudiziaria, e un attentato ai suoi danni richiamano Cavallier all’azione, ma alla fine, a dargli la forza di riesumare l’automatica dal fondo di un cassetto, sara’ l’amore per la bionda ventenne Anita…
“In fondo alla notte”, romanzo brevissimo, intenso e odoroso di polvere da sparo (senza per questo risultare pirotecnico nel senso spettacolare, fantastico e anti-realistico del termine) mantiene un andamento ultra-serrato e inesorabile…
I retroterra politici “suggeriti” e mai “dichiarati”, la corruzione e la tendenza al compromesso diffuse all’interno degli organi di polizia, abbozzate con pochi tratti, la dolente evocazione della tensione tra istinto e senso del dovere da parte di un personaggio che, una volta, in un passato remoto ma non sepolto, ha ceduto alla tentazione di “fare giustizia” piuttosto che “tutelare la legge”, completano un romanzo misuratissimo e stilisticamente perfetto.
Lasciamo che siano gli altri ad istituire facili paragoni tra l’esperienza dell’autore come ispettore della polizia parigina e la visione disincantata del mondo espressa nei suoi romanzi; ormai sappiamo che il realismo letterario e’ frutto di uno sguardo particolare, non il risultato prevedibile a priori di una serie di eventi personalmente vissuti, e poi Pagan non ha bisogno di espedienti di questo tipo: i suoi intrecci e la sua prosa parlano per lui.
Fabrizio Fulio-Bragoni
(recensioni IN FONDO ALLA NOTTE)
Angelo Petrella – NAPOLI NERA – Euro 7,00
www.recensore.wordpress.com
Un cagnaccio di poliziotto che morde per far male
Violenza, droga, sesso: il mondo malato della corruzione
Un romanzo breve come un colpo di pistola. Si legge in un paio d’ore ma come un viaggio all’inferno rimane dentro a lungo, a macerare. Amaro come l’aceto che non diventera’ mai vino d’annata. E’ “Cane rabbioso”, opera prima del napoletano Angelo Petrella, uno che non ha peli sulla lingua; e se ne vanta. La scrittura rapida, incisiva, urticante e’ il suo vessillo di battaglia, all’insegna del nero piu’ oscuro e profondo.
L’animale del titolo e’ un poliziotto dai metodi poco consoni: si fa pochi scrupoli a rapinare, violentare e, all’occorrenza, uccidere. Non e’ spinto da vendetta ma da interessi personali. Dentro di se’ non alberga la minima etica. Chi si para sulla sua strada se ne pente. In un modo o nell’altro.
L’incipit e’ distruttivo: cinico e nichilista, lo stile di Petrella azzanna alla gola. Potrebbe sembrare pulp, ma va ben oltre, grazie alla rabbia sincera che proietta sui personaggi e sui loro crimini. Ci sono si’ sangue ed eccessi ma e’ soprattutto questione di livore, di puro e semplice odio. “Cane rabbioso” e’ una fucilata in pieno petto, diretto come un montante, un pugno pero’ di chi gioca sporco, nelle risse da strada, non di chi si e’ allenato per un match di boxe. Niente regole, niente protezioni.
Sporco, scorretto, a tratti addirittura disgustoso, e’ l’ultima parola, senza possibilita’ di ritorno, in tema di noir. Necessario nella forma, schietta come un dialogo da prigione, si avvicina molto all’essenza stessa della brutalita’. Astenersi perditempo e puri di cuore, il materiale per duri questa volta e’ davvero estremo.
Matteo Di Giulio
(recensioni Petrella)
Carl Hiaasen – CROCODILE ROCK – Euro 17,50
Hiaasen – il Manifesto, 15.03.2009
Una colonna sonora per il coccodrillo della buon giornalismo
Delizioso! E se non e’ frequente usare un aggettivo del genere per un romanzo, e’ sicuramente ancor piu’ raro farlo con un thriller. Tra i pochi esempi possibili forse potremmo mettere la serie degli ineffabili cinque del recentemente scomparso Donald Westlake. Ma proprio ai migliori romanzi humor-polizieschi di Westlake puo’ essere paragonato questo Crocodile rock di Carl Hiaasen, autore americano che ha avuto il picco della popolarita’ da noi in occasione dell’uscita cinematografica di Striptease, film del 1996 di Andrew Bergman con Demi Moore e Burt Reynolds tratto da un suo omonimo romanzo. Oggi riprende ad occuparsi di lui la casa editrice padovana Meridiano zero traducendo Basket Case, del 2002. E si tratta, come detto all’inizio, di un romanzo delizioso dove s’intrecciano non solo crimine e umorismo, ma anche niente affatto scontate considerazioni sul giornalismo e sul panorama economico in cui si muove la stampa, e dimostrando una grandiosa passione per la musica rock, quella vera, fatta di note, sudore, sangue e sesso (e tanta droga), non i quattro quarti tutti uguali delle musichette scritte apposta per scalare le classifiche. E in questo il parallelo che viene in mente e’ con lo scrittore francese Jean-Claude Izzo, che pure per altro non potrebbe essere piu’ diverso, ma che come Hiaasen lascia respirare al lettore la musica che egli e i suoi protagonisti ascoltano, non concedendo mai un riferimento facile ai nomi da classifica ma costruendo un continuo gioco di rimandi che deliziano l’appassionato vero. Hiaasen si fa pure aiutare, per il testo della canzone al centro dell’intrigo poliziesco, da Warren Zevon, scomparso poi l’anno seguente.
Tutto comincia da un “coccodrillo”, ovvero da un necrologio (da qui anche il titolo italiano) che Jack Tagger, giornalista in disgrazia di un quotidiano di provincia della Florida, deve scrivere sulla scomparsa durante un immersione di James Stomarti, alias Jimmy Stoma, ex cantante e leader degli Slut Puppies, una band che nella finzione del romanzo avrebbe influenzato addirittura i Red Hot Chili Peppers prima di sciogliersi e scomparire dalla volubile attenzione dei fan. L’istinto da cronista di Tagger fiuta l’intrigo intervistando la moglie – giovane stellina del pop balzata alla notorieta’ per aver girato un video col pelo pubico bene in vista – e la sorella di Stoma, che si mantiene con chat-line a luci rosse. Districandosi tra improbabili guardie del corpo e produttori improvvisati, tra vecchie star del rock col cervello bruciato, ma soprattutto dribblando i nuovi proprietari del quotidiano, Tagger scopre un hard disk con le registrazioni a vario livello di mixaggio di un nuovo album solista di Stoma. Al centro di tutto la canzone Shipwrecked Heart che avrebbe potuto diventare un formidabile hit.
Se gia’ l’intreccio si preannuncia un divertente slalom tra gli eccessi del rock e i virtuosismi delle indagini giornalistiche, al centro di tutto c’e’ la figura del protagonista: da un lato capace professionista dell’informazione e percio’ frustrato in massimo grado nel fare un lavoro che consiste nel ricucire brandelli di articoli d’archivio per poter descrivere brevemente l’esistenza di celebrita’ locali teste’ scomparse; dall’altro nevrotico ossessionato dalla morte che continua a paragonare la propria eta’ a quella del decesso di celebrita’ della musica e della letteratura. Un appassionato infine di musica, tanto da conoscere tutta la musica pop americana e da riconoscere un’artista fasullo quando lo vede. Insomma un eroe recalcitrante, terrorizzato dalla possibilita’ di vedere un cadavere ma col sangue freddo sufficiente per colpire in testa un rapinatore con un varano congelato. E la cosa piu’ improbabile e divertente e’ che sara’ proprio Jack a decidere da ultimo delle sorti del giornale, rivendicando in modo “romantico” la priorita’ delle notizie vere – esattamente come quella del rock vero – sugli affarismi e sugli arrivismi reciproci di editori e presunte star.
Francesco Mazzetta
(recensioni CROCODILE ROCK)
L.R. Carrino – ACQUA STORTA – Euro 10,00
L.R. Carrino – ACQUA STORTA/LA VERSIONE DELL’ACQUA – Euro 18,00
www.ferroetabacco.blogspot.com , 10.3.09
Hannah Arendt la chiama banalita’ del male, qui al Sud si chiama sistema o camorra, status sociale e giuridico. L’incoscienza che accompagna il vivere e che lo spinge alle derive di cio’ che e’ possibile definire male. La banalita’ di questo male, la camorra appunto, e’ lo sfondo, lo stato delle cose che Luigi Romolo Carrino in “Acqua Storta” ci rivela. L’assurdo, il contraltare e’ la condizione dell’omosessuale al suo interno, anomalia non solo all’interno di un organizzazione criminale, ma anomalia del vivere.
“Acqua Storta” e’ una storia d’amore, passione, sudore e carne. Possiamo anche pensare alla contemporaneita’ delle unioni impossibili come quella di Romeo e Giulietta. Il pregio di questo lavoro e’ il flusso passionale di un pensiero insistente e scarno com’e’ la scrittura di Carrino. Certe volte l’amore e’ storto non perche’ non nasca diritto, ma perche’ la condizione di colui che ama e’ di dipendenza totale e assoluta dall’oggetto del desiderio.
La dipendenza di questi rudi amanti e’ totale e assassina. L’amore e’ un’anomalia nell’epoca in cui tutto e’ permesso, tranne il fuoriuscire dalle regole non scritte di un pezzo di societa’ legale e non, che nega l’omosessualita’. Giovanni ‘Acqua Storta’, si puo’ permettere le puttane, la droga, l’omicidio, la truffa, ma non l’amore. Sua moglie e’ la sua verita’, il suo esser marito e basta non lo salva, ma e’ l’unica donna che puo’ salvargli la vita. Madri, donne, travestiti e figli che invocano quelle stesse madri nel momento in cui vogliono essere uomini.
Ispirato ad un episodio di cronaca e ampliato in “La versione dell’acqua”, sempre nel 2008, anno di edizione con un Cd in allegato contenente classici partenopei con timbri jazz. Questa versione ci permette di entrare ancora piu’ a fondo dell’inferno passionale di un amore impossibile. Non e’ Saviano, ma lo ringrazia.
Per coloro che amano le domande e i brividi del mare agitato.
Francesca Grispello
(recensioni ACQUA STORTA/LA VERSIONE DELL’ACQUA)
Matteo Strukul – IL CAVALIERE ELETTRICO – Euro 15,00
il Trentino, 20.12.2008
Trent’anni di eclettica carriera, da poeta e musicista, sempre nel sogno di creare un’antieroica letteratura del rock in Italia “Soffiando vita” come scrive Matteo Strukul, su “formule apparentemente estranee alla lingua italiana”.
Antesignano non solo nel rock italiano (apri’ un “celtic pub” nel 1986 a Verona: e l’Irlanda canto prima delle mode nella celebre “Il cielo d’Irlanda” poi portata al successo dalla Mannoia), coraggioso incursore letterario nella musica, Massimo Bubola vanta diciannove album (live e compilation inclusi), un felice sodalizio con Fabrizio De Andre’ e il figlio Cristiano, un successo meno nazionalpopolare di quanto si potrebbe credere. I numeri non sempre s’accompagnano ai giusti riconoscimenti.
Strukul ripercorre tutta la sua carriera in questo libro-intervista pubblicato da Meridiano Zero.
Il giornalista padovano evidenzia con chiarezza come la produzione dell’artista vada letta non per pubblicazioni isolate, ma quasi fosse un canzoniere: “I suoi album sembrano continuare l’uno nell’altro, non ci sono cesure nette insomma, si assiste piuttosto a una sorta di ideale continuazione”.
Carlo Martinelli
(recensioni IL CAVALIERE ELETTRICO)
Letto 1556 volte.