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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero

19 Aprile 2009

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LA NOVITA’ – ZERO A ZERO: Renato Zero a Meridiano Zero

Massimo Del PapaTI VIVRO’ ACCANTO, La favola infinita di Renato Zero – Euro 16,00

Da autentico corsaro della critica musicale Massimo Del Papa compone, con “Ti vivro’ accanto”, un patchwork ribollente e abrasivo in grado di staccare dallo stampo delle parole i contorni e i colori di un artista prezioso, unico, difficilmente definibile, per quella sua capacita’ camaleontica di cambiar pelle e anima. Si arriva cosi’ alla fine di un viaggio pieno di avventure e canzoni indimenticabili per trovare Renato Zero, tratteggiato qui in tutta la sua selvaggia ribellione, fra abissi e cime, stelle e inferni personali che rappresentano la cifra piu’ vera e fulgida per mantenere intatto il proprio credo d’artista: non tradire se stesso.
Il libro offre un panorama ricco e completo sull’opera di Renato Zero: l’affettuosa ricostruzione degli esordi sulle assi del palcoscenico del Piper romano, il primo strabiliante, esagerato successo con dischi come “Zerofobia”, “Zerolandia”, “EroZero”, per fotografarlo, scarico e svuotato, agli inizi degli anni Ottanta dopo gli ultimi fuochi di “Artide e Antartide” e vederlo finire dritto nel baratro dell’indifferenza, tradito da un pubblico che aveva condiviso il sabba a base di lustrini, tutine attillate e canzoni manifesto (“Madame”, “Mi vendo”, “Il triangolo” e “Il carrozzone”). E poi, dopo il deserto, la rinascita, sdoganata attraverso la ricreazione di un personaggio che sposa l’opposto del ‘gemello malvagio’ del debutto, ora invece tutto introspezione, sermoni e crisi mistiche. Sciamanico, rigenerato, Zero risorgera’ negli anni Novanta inanellando un’incredibile e rinnovata serie di successi da mettere in bacheca. Un titolo per tutti: “I migliori anni della nostra vita”.
Massimo Del Papa racconta allora una storia che scavalca le contingenze e compone un affresco ammantato di arte e realta’ sociale, costume e melodie, una rotta musicale spregiudicata e lucida che traccia con bussola e sestante le adulterate geometrie dell’affascinante oceano musicale di Renato Zero.

Derek RaymondCOME VIVONO I MORTI – Euro 14,00

Repubblica

Quel poliziotto che indaga sul male di vivere
Il londinese Derek Raymond (1931 – 1994), autore di questo libro triste e spietato, incarna appieno la figura del drop-out. Figlio di una famiglia borghese, inizia a viaggiare e a intraprendere i lavori piu’ diversi (dal riciclaggio di auto al traffico di materiale pornografico). E la sua vita raminga finisce per rifrangersi in un’opera letteraria altrettanto irregolare, teoricamente ascrivibile al genere hard boiled, ma di fatto inclassificabile. Il romanzo racconta le peripezie di un sergente di Scotland Yard che indga sulla scomparsa della signora Mardy. La struttura narrativa e’ quella del giallo; il frequente ricorso a dialoghi duri e svelti, pure. Ma originale, e per l’appunto inclassificabile, il senso ultimo del romanzo; La ragione vera per la quale Raymond scrive. L’idagine del burbero sergente e’ uno specchio fedele dell’indagine sul male di vivere che permea tutti i personaggi: “Ho sfidato la vita e la morte, ho visto il cielo e l’inferno. Ho perso e ho vinto. Soffro per tutti coloro che hanno sofferto, sento il mondo intero. (…) Adesso sono solo un insetto. Troppo esile per essere decorato con una medaglia, o da reggere onorificenze su una bara. Un insetto che muore schiacciato da uno stivale ignaro, mentre cerca la propria strada”.
Franco Marcoaldi

(recensioni COME VIVONO I MORTI)

Robert IrwinL’INCUBO ARABO – Euro 16,00

nonsololink.com, 17.2.03

Un incubo arabo
Ci sono argomenti che affascinano piu’ di altri. Ci sono momenti in cui alcuni argomenti ci affascinano piu’ di altri.
In questo periodo di probabile guerra, di lotta al fanatismo religioso, soprattutto islamico, che si nasconde dietro vili attacchi terroristici per perpetuare un modo di essere statico rispetto alla dinamicita’ dell’esistere, sentire parlare de “L’incubo arabo” porta ai brividi di sudore freddo lungo la schiena.
Senz’altro titolo azzeccato per l’ultimo nato di Robert Irwin, un tempo professore di Storia medievale presso l’Universita’ di St. Andrew oltre che di Arabo e Storia del Medio Oriente presso le Universita’ di Cambridge e Oxford, ora impegnato dormiente.
Sostiene infatti che, da che ha lasciato l’insegnamento, dormire per lui sia l’occupazione piu’ impegnativa e comunque la principale, mettendo in secondo piano la sua fama internazionale di romanziere e novelliere, oltre che di saggista.
E dal momento che dorme molto, il suo ultimo romanzo ha per tema i sogni, la vaga rimembranza de “Le mille e una notte”, fiabe narrate per chi vuole esistere senza tempo, in un lungo sonno o in un’interminabile fiaba, quella piu’ bella.
Siamo nel 1486, al Cairo. Un giovane pellegrino inglese, Balian, vuole spiare le sospette attivita’ della corte mamelucca, a servizio della corona francese.
Non che consideri semplice l’attivita’, ma di certo non si sarebbe mai immaginato di venirsi a trovare in un mondo al limite del surreale, in cui le scimmie parlano e gareggiano con gli umani nei tentativi di seduzione delle belle signore, enigmatiche come un cazzotto tra gli occhi, come la sensazione di vivere il gia’ vissuto o il gia’ sognato.
Balian non capisce piu’ il limite tra realta’ e immaginazione: non sa piu’ se sta sognando continuamente o se sta vivendo una realta’ nascosta, fatta di sotterranei, prostitute, maghi egiziani, dervisci e ordini di cavalieri lebbrosi.
Tutto e’ fantasmagorico, niente e’ come sembra e il lettore si trova a pensare, giocoforza, che forse anche la nostra realta’, pur senza la netta presa di posizione dell’autore, non e’ come la vediamo, non e’ come ce la fanno apparire o come a noi farebbe comodo pensarla.
Tutto e’ inversione dell’apparenza, tutto e’ nebuloso, come la scomparsa del compagno di viaggio veneziano, l’intrigo politico nel quale Balian si trova coinvolto, i sogni confusi che accalappiano la mente nel terrore di essere rimasto vittima di quell’Incubo Arabo che altro non e’ se non un oscuro incantesimo che provoca ogni notte un dolore infinito senza lasciarne consapevolezza.
Romanzo accattivante, tradotto da Luca Scarlini.
Alessia Biasiolo

(recensioni L’INCUBO ARABO)

LE RECENSIONI

Matti Yrjana JoensuuHARJUNPAA E IL FIGLIO DEL POLIZIOTTO – Euro 13,50

www.wumingfoundation.com

Sono passati diciotto anni prima che un editore coraggioso scommettesse su questo autore, che in Francia e’ gia’ stato tradotto in tre occasioni nella Serie Noire di Gallimard, una delle collane piu’ autorevoli per il genere “poliziesco”. Gia’ me li vedo, gli editori italiani, terrorizzati da nomi finnici e surreali. Scritto da Matti Yrjana Joensuu, si snoda tra luoghi come via Jakarla e il cadavere di Taisto Kullervo Nousiainen…
Il filone e’ lo stesso di Massimo Carlotto: usare il ‘giallo’ per fotografare una societa’ e scoprirne i cortocircuiti. In questo caso, obiettivo puntato sugli adolescenti disperati di una citta’, Helsinki, che propone l’alcool come compagno fisso, un centro commerciale come ritrovo, il suicidio come via di fuga.
In un’estate stranamente calda, Timo Harjunpaa, ispettore di polizia come Joensuu, indaga sull’omicidio di due uomini, animato non tanto dal desiderio di assicurare i criminali alla giustizia, quanto piuttosto dalla grande malinconia per le vite dei giovani assassini, sprecate quanto quelle dei morti, e domandandosi quale futuro potra’ assicurare ai figli nella capitale finlandese, gelida e indifferente, dietro palazzi di Lego.
WuMing2

(recensioni HARJUNPAA E IL FIGLIO DEL POLIZIOTTO)

Christopher BrookmyreSCUSATE IL DISTURBO – Euro 17,50

I duellanti

Gavin Hutchinson, un miliardario che ha fatto i soldi con il turismo di massa, trasforma un’enorme piattaforma petrolifera nel Mare del Nord nel piu’ improbabile dei villaggi turistici da piazzare nei pressi della costa africana. Una cafonata galattica che il buon Gavin vuol far vedere agli ex compagni di liceo, un’accozzaglia di “vecchi amici” che vanno dall’attore, all’elettricista, all’ex galeotto. Insomma si prospetta una vacanza in stile “com’eravamo”, se non fosse per un gruppo di terroristi che attacca la piattaforma e movimenta la giornata…
Ritorna lo scozzese Christopher Brookmyre, l’autore del sanguinante “Un mattino da cani” e del tagliente “Il paese della menzogna”.
Trentenne, con una carica ironico-eversiva (verso il genere e nei confronti del suo paese) straripante, qui si cimenta in una colossale presa in giro di “Die Hard” e dei film con Bruce Willis in genere. Si parte con i terroristi che sono degli inetti e si finisce con un personaggio che fa la teoria dell’action-movie.
In mezzo c’e’ molto sangue, ostaggi, tante sparatorie e dialoghi ultra-brillanti:
“Cosa succede?”
Matt scosse la testa. dai suoi capelli schizzo’ sangue che ando’ a chiazzare le pareti. “Non lo so” rispose. “Pero’ una cosa te la posso dire. E’ l’ultima volta che io pratico sesso sicuro.”
Massimo Rota

(recensioni SCUSATE IL DISTURBO)

Luigi BalocchiIL DIAVOLO CUSTODE – Euro 9,00

www.lankelot.eu
E’ come ascoltare una ballata tra gli yegg raccontati dallo scrittore ladro e vagabondo Jack Black, padre di un genere; e’ come restituire alla letteratura italiana il respiro del romanzo picaresco; e’ alfabetizzare i contemporanei, insegnando dinamiche, nomi e interazioni dei banditi anarchici (non degli anarchici banditi) del primo Novecento, restituendo memoria a citta’ e territori cambiati, giocando con le rime e le assonanze per tessere una filastrocca romanzata. Questo e’ “Il diavolo custode”, romanzo di Luigi Balocchi da Mortara, Pavia, scrittore classe 1961 estremamente sensibile nei confronti di ogni aspetto dell’espressione del territorio: linguistico, sociale, storico-politico.
L’argomento – la vicenda di Sante Pollastro, bandito di Novi – negli ultimi anni sta vivendo un periodo di rinnovata attenzione da parte del mondo delle arti popolari; comincio’ Francesco De Gregori scrivendo “Il bandito e il campione”, ballata che cantava le gesta di due compaesani conosciuti per ragioni diverse: Costante Girardengo, il grande ciclista, e Sante, il bandito dalla mira eccezionale.
Novi, 1913: cittadina, “proletaria e traffichina”, dalle “ringhiere grondanti la parlata del Piemonte ch’e’ gia’ Liguria”, e’ composta da quattro strade. La quinta porta in galera. Tra i regi carabinieri c’e’ un romantico che raccoglie fondi per gli orfani di Libia: viene dalla “terra tremarola”, e’ siciliano, e naturalmente parla nel suo dialetto (p. 20) e non in italiano standard. Gli abitanti sono solidali con i disertori. Dettaglia e dipinge Balocchi:
“Dei quasi cento disertori del novese, ce ne fosse stato almeno uno catturato per zelante delazione di qualche paesano. Tacciono i noveri. Nei momenti crudi, ben sanno da che parte s’ha da stare. Pure, adesso che la guerra e’ finita, vinta, impestata di Spagnola, e’ prudente non eccedere in fortuna”. Hanno due campioni: incarnano la bicicletta e la rivoltella.
Sante, nato a Novi nel 1899, va con la sua bici a sparare ai lampioni, che’ i lampioni hanno rubato il perdono delle stelle. E’ bello e sveglio, ha abbandonato presto la scuola e vive illegalmente: “Mi difendo come posso”. Gli amici, “stesso sangue, ugual parlata”, baffi bersaglieri e ghigno duro, formeranno una banda. C’e’ Cavanna, Gambarotta, Musca, Pin Quaja. Disertore e “depresso”, Sante evita il fronte e campa di furti e rapine, operando in un’area estesa sino alla Francia. La sua vita e’ vissuta ai margini, fuggendo sempre: leggenda vivente d’una opposizione alla legalita’, e allo Stato, percepito come un curioso amalgama di carabinieri, signori delle ville, fascisti; qua e la’, s’intravede il nome di Max Stirner, che tutto era fuorche’ un fautore del banditismo, come ispiratore di certa (r)esistenza al sistema: al solito, quando si parla di anarchia, semplificando si equivoca facile. Stirner scriveva, sui vagabondi, parole come queste: “Si potrebbero comprendere sotto il nome di “vagabondi” tutti coloro che appaiono, al borghese, sospetti, ostili e pericolosi, giacche’ egli disdegna ogni tipo di vita vagabonda. E ci sono anche vagabondi dello spirito, ai quali la dimora degli avi appare troppo angusta e opprimente per potersene restare tranquilli in quello spazio ristretto: invece di mantenersi entro i limiti di un modo di pensare moderato e di prendere per verita’ intoccabile cio’ che a tanti da’ conforto e sicurezza, essi oltrepassano tutti i confini della tradizione e vagabondano in strane regioni del pensiero, sollevando critiche irriverenti e dubitando impudentemente di tutto, questi vagabondi stravaganti. Essi formano la classe degli instabili, degli irrequieti, dei mutevoli, cioe’ dei proletari, e vengono detti, quando manifestano la loro natura randagia, “teste inquiete”. Cosi’ ampio, infatti, e’ il senso del cosiddetto proletariato o del pauperismo” (“L’unico e la sua proprieta’”). Non banditismo.
Del resto, Sante era un anarchico “istintivo, innocente” – quindi non culturalmente consapevole, parrebbe.
(…)
Gianfranco Franchi

(recensioni IL DIAVOLO CUSTODE)

Hugues PaganIN FONDO ALLA NOTTE – Euro 13,50

scritture.blog.kataweb.it, 26.3.09
Una delle provincie di Francia, una delle tante, non importa il nome, cielo di piombo e vite solitarie, trascinate fra tabacco, alcol e solitudine. D’un tratto questo luogo-non luogo si trasforma: deve vedersela con una serie di storie che potremmo definire americane. Azione, intrighi, colpi di scena. Vicende che partono da una presunta scomparsa e che portano scompiglio fra i personaggi, coinvolgendoli in traffici di droga, antichi rancori e questioni, quelle universali, che hanno a che fare con l’amore: un tipo amore di quelli che affrontano e vincono di tutto (o quasi). Un tipo di amore che potrebbe farsi appiglio di speranza.
Il nuovo intensissimo romanzo di Pagan, “In fondo alla notte”, fa male alla vista per quanto riesce a infiltrarsi nella mente, in modo sottile e sorprendente, trapassa e ci coinvolge. Sappiamo che son bombe non sempre a orologeria; sono delle stanze ghiacciate offerte da uno scrittore che ci da quello che vogliamo in termini di brividi. Si e’, dunque, nella provincia francese agli inizi, provincia descritta in modo piu’ cupo e angoscioso, anche paragonandola alle classiche ambientazioni di Simenon e resa molto piu’ importante e simbolica dalla presenza di personaggi in cerca di niente. Figure dolenti, piegate. Tanto per cominciare, il protagonista Cavallier. Lui, ex poliziotto che fece fuori un altro uomo ed e’ impregnato di un passato non pulitissimo non pulito che non gli si scrolla di dosso, ora fa il giornalista: da nulla, ormai, vorrebbe modificare o lasciar sconvolgere la sua vita, tira a campare facendo i conti con le ombre e gli incubi con cui gli tocca convivere. Ma qualcuno, tanto per iniziare a fare rumore, gli regala soldi che non aspettava e da quel momento niente sara’ piu’ come prima.
Una donna, una giovane procace collega, diventa fondamentale nella vita di Cavallier ma entrano in campo cosi’ tanti altri elementi narrativi inaspettati, personaggi e colpi di scena che la magia di questo amore che nasce viene diluita, gli eventi paiono quasi rendere vana la lieta novella di una passione intensissima. Qualcuno e’ voglioso d’incastrare Cavallier.
Pagan crea una trama che in certi momenti disorienta, eppure stupisce e raggiunge la destinazione voluta. Le vite che l’autore francese sa far vivere sono alimentate da bellezze che definiscono caratteri e volonta’, poi legate a dialoghi che chiudono il cerchio della narrazione per aprire le pagine della storia. La scrittura scelta da Hugues Pagan e’ di quelle che non lasciano tracce equivoche. Chiara e feroce. Veloce e affilata, un insetto che pizzica e pressa sulla pelle. Inoltre, tra le cose apparentemente in ombra, Pagan narra con coraggio di corruzione nella polizia. Far luce ed evidenziare certi elementi fa sempre bene, e queste tracce sporche emergono piano, rispettando rigorosi tempi che conferiscono pathos al ritmo narrativo. Il romanzo e’ equilibrato, nel suo equilibrio si fa forte e diventa di grande valore.
E’ un libro sui perdenti. Perche’ quando rende al massimo e’ di perdenti che narra questo scrittore. L’autore dell’indimenticato, meraviglioso “Dead end blues”, sempre pubblicato in Italia da Meridiano Zero. Uomini e donne come tristi automi fra memorie distrutte, nostalgie, rimpianti feroci e gente sperduta, fra tradimenti e possibili colpi alla schiena che non si sa da che parte arriveranno, da che parte faranno sanguinare il cuore e lasceranno cicatrici nella pelle. Probabilmente dalla parte meno attesa, da quella inaspettata (se ancora qualcosa ci si aspetta, quando si e’ eroso, logorato, divorato tutto). Un libro di molti anni fa pubblicato solo adesso, ancora attualissimo, emozionante, che non si nasconde, che osa, che si schiera senza remore e timori con chi ha fallito, che spiega come i confini fra bene e male siano impercettibili, minuscoli chiaroscuri, linee sparse di detriti, di spazzatura, di lacrime e sangue che non restano mai nello stesso posto.
Francesca Mazzucato e Nunzio Festa

(recensioni IN FONDO ALLA NOTTE)

Derek Raymond.E MORI’ A OCCHI APERTI – Euro 8,00 (tascabile)

Blow up, aprile 2009

“E mori’ a occhi aperti” usciva nel lontano 1984, primo romanzo della serie Factory di Derek Raymond, autore di noir di livello eccellente scoperto in Italia dalla Meridiano Zero, che ora ripropone questo testo in formato tascabile. L’occasione di fare conoscenza con Raymond non andrebbe persa, se e’ vero che questo scrittore non si limita a descrivere trame avvincenti di vicende poliziesche, ma le colloca da un punto di vista insolito, piu’ attento alle sfumature dell’animo umano che non al semplice svolgimento dell’indagine. Protagonista di questa storia e’ un poliziotto dall’idealismo quasi surreale, talmente e’ immune dal cedimento al compromesso: e’ il Sergente senza nome, assegnato alla Sezione Delitti Irrisolti, a cui non preme ne’ fare carriera ne’ avere un qualsiasi tornaconto personale, bensi’ semplicemente scoprire la verita’. Verita’ che in questo caso coincide con l’individuazione degli assassini di Charles Staniland, pover’uomo abbandonato da tutti che finisce col fare una bruttissima fine, e la cui storia rivelera’ relazioni insospettabili, e colpi di scena piu’ sul piano emotivo che su quello puramente spettacolare. Un noir particolare insomma, che dovrebbe piacere piu’ agli appassionati di letteratura classica che non di genere.
Stefano B. Quario

(recensioni E MORI’ A OCCHI APERTI)

Angelo PetrellaNAPOLI NERA – Euro 7,00

nonsolonoir.blogspot.com, 10.3.09

Recentemente riproposti in edizione tascabile nel volume “Napoli Nera”, “Cane Rabbioso” e “Nazi Paradise”, i primi due romanzi del giovane noirista napoletano Angelo Petrella.
In “Cane Rabbioso” (2006), uno sbirro napoletano corrotto e tossico, poeta di sinistra e assassino a tempo perso, si trova costretto, per sottrarsi ad un’ingiusta accusa di omicidio, e per non essere eliminato da alcuni amici che fanno parte di un misterioso gruppo fatto di uomini dell’esercito, della polizia, della digos e dei “servizi”, un gruppo segreto che “esiste da sempre, e’ sempre esistito” ed “esistera’ sempre”, a passare al contrattacco: lo fara’ a modo suo, con l’aiuto di massicce dosi di alcol e stupefacenti, senza paura di sporcarsi le mani, e cogliendo l’occasione per far saltare la testa di un capo “poco attento alle sue esigenze”…
Lo stile del romanzo e’ rapido, anti-descrittivo, ritmato, spezzato. Le frasi dalla sintassi deformata, pronunciate o pensate ad alta voce da un individuo costantemente sottoposto all’effetto di stupefacenti, rimandano perfettamente la “chimica” interiorita’ del protagonista e trascinano il lettore in una vicenda tanto veloce, bruciante, (positivamente) disgustosa, freddamente razionale, da permettere (e anzi quasi forzare) la rivalutazione di un personaggio totalmente scorretto e immorale.
La familiarita’ con i luoghi appiattisce quasi completamente, o spinge in secondo piano, lo spirito di osservazione; e’ dunque corretto rendere, come fa Petrella, e con lui tutta una serie di autori nuovi e vecchi del nero internazionale (non a caso proprio all’interno del poliziesco il minimalismo ha trovato alcune delle sue prime applicazioni “popolari”), il disinteresse dei personaggi nei confronti del loro ambiente vitale, attraverso l’eliminazione dei brani descrittivi.
In “Nazi Paradise” (2007) “Dux”, giovane ultra’ che pratica la violenza calcistica in maniera programmatica, naziskin e hacker accusato di truffa informatica (si parla di “un paio di operazioni fatte su due conti scoperti del Monte dei Paschi di Siena”, per un totale di oltre 20 mila euro), viene ricattato da un commissario della polizia di Napoli che vuole servirsi delle sue doti per recuperare, nel corso di una chiassosa festa di compleanno di giovani borghesi, dei dati sepolti in un hard-disk quasi inaccessibile. Ma Dux sara’ poi in grado di mimetizzarsi tra i figli dell’alta borghesia napoletana? E aiutare la polizia non vuol dire forse tradire i camerati? E, ancora, perche’ due rispettabili poliziotti dovrebbero arrivare a ricattare un giovane disadattato? Non sarebbe piu’ facile servirsi di qualche agente?
La sintassi da “esaltazione tossica” di “Cane Rabbioso” cede il passo, in “Nazi Paradise” all’auto-narrazione informale, colloquiale, gergale, limitata, di un protagonista violento e politicamente insopportabile, ma ancora pronto ad imparare dalla vita e quasi commovente nella sua assoluta, innocente, ignoranza.
Sulla interessante trama gialla di “Nazi Paradise”, narrato, come “Cane Rabbioso”, in prima persona, ma rispetto a questo meno estremo e violento, e dunque considerato, da alcuni recensori, meno efficace, si innestano gli insospettabili motivi del romanzo di formazione: il fulcro del secondo lavoro di Petrella non sta infatti tanto nel gradevolissimo intreccio spionisticio, nel racconto di un tradimento dei compagni, o di una serie di tradimenti subiti, quanto nella dura e incerta maturazione del giovane Dux attraverso una serie di difficili scelte morali.
L’agilissimo (ma originale e riuscitissimo, tematicamente e stilisticamente) volume “Napoli Nera” e’ edito da Meridiano Zero.
Fabrizio Fulio-Bragoni

(recensioni Petrella)

Carl HiaasenCROCODILE ROCK – Euro 17,50

HIAASEN – Satisfiction

Ricetta del giorno: Coccodrilli alla Hiaasen (il titolo non allude ai rettili diapsidi, bensi’ agli articoli funebri dei quotidiani). Ingredienti: 1 bel pezzo di Florida (con tanto di immancabili paludi); 1 Eroe Incompreso (il reporter di successo relegato a scrivere necrologi per aver osato criticare il nuovo padrone); 1 Bella (la collega/capa dell’eroe); 1 Mistero (la morte non del tutto accidentale di una rockstar molto alla Kurt Cobain); 1 Femme Fatale (la vedova, molto alla Courtney Love, della suddetta rockstar). Preparazione: prendere l’Eroe e fargli annusare il Mistero, metterlo poi bene nei pasticci, lasciare lievitare il tutto per duecento pagine e alla fine fargli risolvere il Mistero, conquistare la Bella e, í§a va sans dire, eliminare i Cattivi. Tipo di cucina: hard-boiled esilarante. La particolarita’ di questo piatto e’ che sembra la solita pietanza stracotta e prevedibile, ma l’abilita’ ai fornelli – che Hiaasen dimostra in ogni dettaglio della preparazione – lascia alla fine sul palato un gusto assai piacevole. Categoria: un primo sostanzioso, saporito e nutriente. Note: una volta in tavola sorprendera’ i vostri ospiti per la riuscitissima amalgama di ritmo, ottimi dialoghi e humour abrasivo. Consigli finali: se ne amerete il senso dell’assurdo, lo chef raccomanda vivamente Joseph Heller. Se invece a colpirvi sara’ la corposita’ dell’ambientazione, lo chef raccomanda John D. MacDonald e James Lee Burke. In ogni caso non perdetevi le prossime ricette di Hiaasen presentate in Italia, siamo certi che soddisferanno i palati piu’ esigenti.
Enrico Remmert

(recensioni CROCODILE ROCK)

L.R. CarrinoACQUA STORTA – Euro 10,00
L.R. CarrinoACQUA STORTA/LA VERSIONE DELL’ACQUA – Euro 18,00

www.carmillaonline.com

Storia d’amore e di camorra, questo piccolo libro di L. R. Carrino. Poco piu’ di cento pagine che scorrono veloci tra baci, abbracci, appuntamenti segreti e spietate esecuzioni nei vicoli, tra le mura del carcere minorile di Nisida, sugli scogli di Mergellina. Lo scenario e’ quello che Roberto Saviano ha messo perfettamente a fuoco nel suo Gomorra, la colonna sonora la forniscono i neomelodici partenopei Ida Rendano e Maria Nazionale (ma l’io narrante preferisce Carmelo Zappulla, Nino D’Angelo, Luciano Caldore).
Piombo, feste pazze a base di Jack Daniel’s, zoccole, femmenelle e “cocaina tagliata ‘na merda”, il lettore immerso in un’atmosfera pesante, paranoica, da ballata tragica illuminata solo a tratti da riverberi ironici che smorzano appena l’ineluttabile crollo finale.
Acqua storta e’ un noir che mette in scena le sciagurate vicende di Giovanni e Salvatore, coppia di amanti sul filo del rasoio, bersagli mobili consapevoli del fatto che il loro amarsi non sia altro che “una bestemmia sull’altare di Santa Chiara”. Il primo e’ figlio rozzo e passionale di Don Antonio, un boss che legge e rilegge Dante e la Bibbia; il secondo lavora come contabile del clan Acqua Storta. Si nascondono al mondo, Giovanni e Salvatore, soprattutto al loro universo di gomma dura, impermeabile al diverso. E conoscono i codici, le regole immutabili del Sistema: puoi avere il potere, puoi girare armato, guidare il tuo piccolo esercito e avere mogli, puttane, figli. Non e’ ammesso tutto cio’ che risulta “contronatura”, poiche’ un camorrista frocio non si e’ mai visto, nessuno ne ha mai sentito parlare neppure nelle barzellette.
“Lui mi chiede che hai? Nun e’ mai fatto accussi’. Io gli scendo le mani sul collo e ‘o bbene sulla punta delle dita, gli dico una cosa che lui non sa e che non gli ho detto mai, lui mi dice grazie, mi dice un’altra volta grazie, e poi lo stringo.”
Romanzo di carne che freme, di eredita’ pesanti tra dolori inflitti e sofferti e di una Napoli vista come il luogo oscuro assoluto: occhi e orecchie dappertutto, raccomandazioni paterne (di un padre-padrone sanguinario) che suonano come feroci ultimatum. Il Sistema non si apre. Il Sistema non cambia. Il Sistema annienta i suoi figli “malati”.
Nino D’Attis

(recensioni ACQUA STORTA/LA VERSIONE DELL’ACQUA)

Matteo StrukulIL CAVALIERE ELETTRICO – Euro 15,00

www.rootshighway.it, 15.1.09
Il “viaggio romantico nella musica di Massimo Bubola”, cosi’ come giustamente ribadisce l’autore Matteo Strukul nel sottotitolo de “Il cavaliere elettrico”, e’ la chiave per aprire un mondo di canzoni che sono state una delle vie piu’ colte e indipendenti conosciute dalla canzone d’autore italiana. Non solo perche’ Massimo Bubola resta uno dei pochi veri esempi di poesia rock nel nostro paese, ma perche’ scorrere la sua vita artistica significa anche leggere in controluce i contrasti della discografia ufficiale, la sua lunga lotta per affermarsi e creare coraggiosamente uno spazio autonomo. Il libro ripercorre piu’ di trent’anni di carriera con il piglio inedito e interessante di una biografia-intervista, dove le parole dirette di Bubola si intrecciano con i pensieri, le domande e le riflessioni di Matteo Strukul, da sempre grande sostenitore, a buon titolo aggiungiamo noi, della musica del cantautore veronese. Ci sono dettagliati resoconti sui dischi, i testi piu’ significativi, riflessioni sulle proprie scelte di vita, una attenzione particolare naturalmente per le collaborazioni con Fabrizio De Andre’, ma soprattutto c’e’ il mondo di Bubola: le sue radici contadine e la sua vasta cultura letteraria, storica e musicale, quella che gli ha fatto incrociare Bob Dylan e Dino Campana, i Rolling Stones e Garibaldi. Denso e molto illuminante in alcune parti, “Il cavaliere elettrico” e’ un atto dovuto che si rivolge a chiunque abbia a cuore la memoria, l’impegno e l’onesta’ in musica.

Fabio Cerbone

(recensioni IL CAVALIERE ELETTRICO)


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart