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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LIBRI IN USCITA: Meridiano Zero n. 11

23 Settembre 2010

Care lettrici e cari lettori,

con le vacanze ormai alle spalle, torniamo a farci sentire per presentarvi le nostre novita’ del mese, che saranno in libreria dal 15 settembre.
Per prima cosa troverete sugli scaffali una nuova “Mappa musicale” di Massimo Del Papa, dedicata nientemeno che a una delle rockstar piu’ grandi di tutti i tempi: Keith Richards. Per tutti i fan dei Rolling Stones un libro imperdibile, che racconta la vita – fatta di denunce, arresti, episodi macabri, retroscena inconfessabili – dell’unico vero pirata del rock.
L’altro appuntamento da non mancare e’ quello con il primo noir dell’autunno: “Il vento del Texas” di James Reasoner, al quale dedichiamo questa newsletter. Con uno stile teso e asciutto che ricorda “Tobacco Road” di Erskine Caldwell e una trama fitta di tranelli e sorprese, Reasoner racconta un superbo giallo a tinte noir, pescando a piene mani dalla tradizione americana. Tratteggia un Texas intenso e spietato, fondendo mito e poetica del quotidiano, onore e sofferenza, in un affresco vivido ed emozionante, sospeso fra ballata e melodramma. Consigliato a tutti gli amanti del noir classico, nonche’ ai lettori di Raymond Chandler e James Crumley.

Buona lettura,
La vostra redazione

LE NOVITA’
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Il vento del Texas di James Reasoner – Euro 13,50
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Il vento del Texas scuote i rami degli alberi mentre le foglie cadute danzano ipnotiche nell’aria. Ritrovare Mandy, figlia di un ricco uomo d’affari di Fort Worth: questo e’ l’incarico di Cody. Investigatore privato, con un debole per i dipinti western di Frederic Remington, Cody e’ un uomo tutto d’un pezzo, l’ultima bandiera di una terra che sta cedendo il passo a cactus artificiali, discoteche e corna finte di longhorn.
Mandy era la cantante di un giovane trio che si esibiva nei locali texani. Potrebbe essere scappata con Jeff, il chitarrista del gruppo, anche se Lisa, la pianista, giura di no? O invece e’ stata rapita? Quello che era cominciato come il piu’ classico dei casi di persona scomparsa assume ben presto colori piu’ crudi. Fra macabri avvertimenti e pestaggi all’ultimo sangue, Cody si ritrova a fare i conti con uno spietato gangster della mafia locale, mentre compaiono i cadaveri e le pallottole cominciano a fischiare troppo vicine. Solo l’amore per Janice gli dara’ la forza di sciogliere i nodi di un gioco ormai mortale.
Con uno stile teso e asciutto che ricorda “Tobacco Road” di Erskine Caldwell e una trama fitta di tranelli e sorprese, Reasoner racconta un superbo giallo a tinte noir, pescando a piene mani dalla tradizione americana. Tratteggia un Texas intenso e spietato, molto vicino a quello di James Crumley, fondendo mito e poetica del quotidiano, onore e sofferenza, in un affresco vivido ed emozionante, intelligentemente sospeso fra ballata e melodramma.

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Happy – L’incredibile avventura di Keith Richards di Massimo Del Papa – Euro 10,00
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Torna Massimo Del Papa, con un libro assolo tutto dedicato al chitarrista-teppista dei Rolling Stones, il pirata occhi di squalo Keith Richards! Oltre la banale biografia e la critica musicale, Del Papa racconta la storia completa di un fuorilegge salvato dalla musica, la prima di tutte le sue droghe. Dai primi anni a oggi, una fuga in crescendo, oscura ma “felice”, zeppa di contraddizioni, di arrembaggi e naufragi, di morti e rinascite, in cui l’unico punto fermo è la spietata e geniale fedelta’ di Richards alla sua musica.

IL LIBRO DEL MESE
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Il vento del Texas di James Reasoner – Euro 13,50
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La forza di questo romanzo, pubblicato da una piccola casa editrice newyorkese nel 1980 e subito esaurito, a lungo introvabile oggetto di discussione tra fan e infine ripubblicato vent’anni dopo, risiede nel descrivere un mondo credibile – un mondo reale – al di là dei cliché del noir. Il Texas di Reasoner, freddo e battuto dal vento, dove niente riesce a restare fermo e a crescere solido, emerge dalle sue pagine con forza e precisione, grazie a una moltitudine di minimi tocchi capaci di creare una struttura perfetta nella sua essenzialità e nella sua classicità.
Ma il Texas non si limita a essere mera scenografia: è l’orizzonte irrinunciabile in cui si specchiano in ogni momento i protagonisti del romanzo, impregnati della poesia e della tragedia del mondo che li circonda. Tragedia amplificata dalla verità dei personaggi che lo abitano, dal loro essere assolutamente umani, autentici nella loro disperazione, incomprensibili nella loro follia, modesti nella loro normalità.
Questo romanzo, come fa notare lo scrittore Ed Gorman, riesce a raccontare “quello di cui la gente normale si occupa, senza cercare la tragedia a ogni costo”, e nel farlo si allontana da quella tendenza, sempre più diffusa nella narrativa contemporanea, che cerca di portare nella letteratura i caratteri e le strutture narrative proprie della fiction televisiva. Di fronte a tanta stereotipata finzione contemporanea, questo libro è una piccola gemma proprio perché si sviluppa all’interno della concreta realtà del delitto. Una realtà abitata da personaggi che non si propongono come calchi dal piccolo e grande schermo, ma che possono essere stupidi o acuti, poveri o ricchi, colmi di risentimento o paura, e che proprio nella loro esistenza quotidiana trovano la strada per scivolare nel delitto.
Il protagonista non è solo un investigatore alle prese con un caso da risolvere, ma un uomo che cerca di capire com’è possibile che nell’universo ordinato delle vite comuni faccia irruzione l’orrore, che cerca di aggrapparsi alla propria umanità, alla giovinezza, all’amore, per non sprofondare in un vortice di caos.
Se, come sosteneva Raymond Chandler, il vero noir dev’essere in grado di soddisfare le aspettative del lettore anche in assenza dell’ultimo capitolo, questo è senz’altro il caso di Reasoner, che conquista per la sua capacità di scavare in una storia e di raccontare l’odio, l’amore, la paura, la follia e il rimorso, mettendo il lettore di fronte alla parte più intensa della sua umanità.
Nelle parole di Ed Gorman: “Questo è un libro significativo perché è capace di creare un mondo alla perfezione – quello del Texas – attraverso i suoi personaggi, la sua sociologia, e soprattutto la semplicità del suo protagonista, esponente della classe media lavoratrice. Nel “Vento del Texas”, Reasoner costruisce un mondo reale. La gente parla di soldi, di figli, di lavoro, legge certi libri, ascolta certa musica, guarda certi film. I riferimenti alla cultura popolare fanno parte dello svolgimento della storia, sono le cose di cui parla la gente comune, senza scivolare in emozioni di portata wagneriana.”

DUE PAROLE SULL’AUTORE:

James Reasoner è nato e vive in Texas. È uno dei più prolifici e richiesti autori americani – con oltre 200 romanzi pubblicati a proprio nome o sotto pseudonimo. Reasoner è altresì celebre come autore di mistery grazie al romanzo “Texas Wind” (“Il vento del Texas”), che con il tempo si è guadagnato lo status di romanzo di culto, vero e proprio must per collezionisti.

LE RECENSIONI

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Il vento del Texas di James Reasoner – Euro 13,50
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lconti com, 15.9.10
L’unica cosa che non mi piace di questo libro e’ che non l’ho tradotto io, malgrado abbia rotto le scatole per anni a una delle case editrici con cui piu’ assiduamente collaboro e che, forse per farmi stare zitto una buona volta, l’aveva peraltro acquistato decidendo poi di non farne di nulla. Va be’, tanto di guadagnato per Meridiano zero e Marco Vicentini, che oltre ad averlo tradotto ha l’opportunita’ di inserire in catalogo uno dei testi fondamentali – per quanto semisconosciuti – dell’hard boiled anni Settanta-Ottanta, vale a dire il momento in cui il genere (dato da qualche tempo per spacciato) risorgeva dalle proprie ceneri grazie all’opera di gente come James Crumley, Newton Thornburg, James Lee Burke, Stephen Greenleaf, Robert B. Parker, K.C. Constantine, Andrew Coburn, Roger L. Simon, Andrew Bergman e diversi altri.
Perche’ quindi il romanzo di James Reasoner, considerato da molti critici come un piccolo capolavoro, e’ rimasto sostanzialmente ignorato per quasi trent’anni? In primo luogo per la sua sciagurata storia editoriale: pubblicato nel 1980 direttamente in economica dalla piccolissima Manor Books, e’ andato quasi subito a fondo assieme al fallimento della casa editrice, restando irreperibile sul mercato fino al 2004 (noto tra parentesi, con un certo stupore, che le poche copie superstiti di quella prima edizione, tra le quali la mia, raggiungono oggi la cospicua cifra di 150-200 dollari: non male, per un volumetto spartano che a suo tempo costava un dollaro o poco piu’). Nel frattempo, pero’, l’allora ventisettenne Reasoner aveva iniziato a farsi un nome sulla scena letteraria cosiddetta “di frontiera,” diventando in breve uno dei piu’ ricercati autori di narrativa western e di pregevoli saggi storici sull’argomento (mesi fa, mentre traducevo i racconti western di Elmore Leonard, ho letto con estremo piacere “Draw: The Greatest Gunfights of the American West”, in cui Reasoner da’ fondo alla sua vasta conoscenza della materia). In secondo luogo, oltre al fatto che “Il vento del Texas” non l’aveva letto quasi nessuno, va anche considerato che Reasoner non ha saputo o voluto insistere piu’ di tanto nel genere; forse, all’epoca, il western rendeva di piu’ e garantiva migliori prospettive di carriera.
Insomma, leggete “Il vento del Texas”. Molti recensori, negli anni, hanno citato a proposito di questo romanzo Raymond Chandler e Ross Macdonald. Per quanto mi riguarda, ho sempre trovato molto forti, nelle sue pagine, le influenze di James Crumley e del primo Robert B. Parker (ovvero quello buono). Forse, a distanza di trent’anni, al lettore odierno – la cui memoria storica sta pericolosamente svanendo, soprattutto in Italia – questo romanzo non fara’ poi tutto ‘sto grande effetto. Nel 2010, ormai, la gente pensa di aver gia’ letto tutto, visto tutto, appreso tutto, anestetizzata da decenni di letteratura ombelicale che non fa altro che riflettere su se stessa e sui cazzi familiari del narratore (possibilmente bianco, newyorkese e benestante). Dei quali, a rigor di logica, non dovrebbe fregare niente a nessuno, tantomeno al malcapitato lettore. Io, per me, sto dalla parte di Reasoner e di tutti gli autori che ho citato sopra (piu’ molti altri che non perdo tempo a elencare perche’ si capiscono molto bene dai libri che traduco). E mi congedo con una citazione di James Crumley: “L’amore e’ come una calibro 45 che non s’inceppa mai.”
Luca Conti

nonsolonoir, 10.9.10
Fort Worth, Texas, fine anni ’70. Assunto dalla ricca Gloria Traft per indagare “discretamente” sulla scomparsa della figliastra Mandy, irrintracciabile da ormai quattro giorni, il detective privato Cody concentra le sue ricerche sulla ristretta cerchia di amici della ragazza e sui compagni di corso alla locale Texas Christian University. Accertata “l’inspiegabile” assenza di un “caro amico” di Mandy, Cody è pronto a chiudere l’indagine, liquidando la scomparsa come una semplice “fuga romantica”, quando un’anonima richiesta di riscatto viene recapitata alla villa dei Traft. Ormai non c’è più tempo per rivolgersi alla polizia, e al “duro” Cody non resta che rimboccarsi le maniche e sperare di riuscire a ritrovare la ragazza prima che sia troppo tardi… Scritto con la prosa scarna e limata che ci si aspetta da ogni buon hard boiled, ritmicamente ineccepibile, espresso in prima persona e al passato remoto, secondo i gloriosi canoni dei prodotti dell’ “età del piombo”, ma geograficamente decentrato e collocato in una cornice semi-rurale, “Il vento del Texas”, opera prima dell’americano James Reasoner, pubblicato nel 1980, è, come “La strana vita di Cutter e Bone” di Newton Thornburg, “L’ultimo vero bacio” di James Crumley e “Surf city” di Kem Nunn, uno di quei romanzi usciti più o meno in sordina, ma destinati ad esercitare un’influenza lunga e duratura sull’immaginario del genere, alterandone, e in alcuni casi rinnovandone, i clichés.
“Crumleyano” (l’aggettivo sia preso come approssimazione utile al lettore italiano, e non come indicazione genealogica) nei toni e nell’ambientazione, “Il vento del Texas” è legato a “L’ultimo vero bacio” non solo per via delle ovvie affinità tematiche e per l’appartenenza ad un medesimo universo neo-western, ma per la comune discendenza dal ceppo chandleriano dell’hard boiled americano.
Chandleriani sono infatti i modi della narrazione, chandleriano è l’intreccio, e romantico in senso chandleriano (leggermente meno disilluso di Marlowe, e decisamente meno incattivito di C.W. Sughrue) è, in fine, Cody, penultimo (se non proprio ultimo) discendente di una genealogia di eroi genuinamente incapaci di accettare compromessi. L’unica concessione del protagonista alla sua cliente – questo nel rispetto della tradizione inaugurata da “Il grande sonno” – è infatti relativa all’abbigliamento: come Marlowe a colloquio con il generale Sternwood, Cody si preoccupa di “rivestirsi” (nel suo caso, indossando una camicia pulita e lucidando alla meglio gli stivali), prima di presentarsi nella villa dei Traft a Ridgmar, quartiere tra i più lussuosi di Fort Worth; per il resto, come tiene a precisare fin dal principio, se il caso dovesse prendere la piega prevista, e la scomparsa di Mandy dovesse rivelarsi frutto di una semplice “sbandata”, il protagonista non esiterebbe ad agire secondo coscienza, rescindendo il contratto con la sua cliente.
A differenza di Marlowe, però, Cody è un eroe appartenente alla tradizione western, e, come i personaggi di Peckinpah (ma in maniera attenuata, e moralmente inversa), è destinato a soffrire l’avvento della modernità: il lampante fastidio nei confronti delle brutture della vita contemporanea (così si spiegano le lamentele sul “Texas da cartolina” ma “mai esistito”, quello delle “corna di plastica”, le frasi appena abbozzate, su come Fort Worth fosse, un tempo, “un bel posto in cui vivere” ecc.) e l’incapacità di conciliare “southern gentlemaness” e punto di vista privilegiato sull’immoralità dilagante, trasformano la cinica ironia marloweiana in un impalpabile fondo di malinconia, e generano, nel protagonista, uno sguardo vagamente “reazionario” che si manifesta in un tradizionalismo nostalgico tutt’altro che incomprensibile. Posto da qualche parte tra i già citati “Il grande sonno”, “L’ultimo vero bacio” e “Bersaglio mobile” di Ross McDonald, “Il vento del Texas”, non ha solo lo stile, ma anche la stoffa, la qualità dei grandi classici del genere.
Se avete riposto gli stivali da cowboy nell’armadio, e appeso gli Stetson al chiodo in attesa della prossima riedizione di James Crumley, recuperate il libro di Reasoner, e preparatevi a una bella spolverata…
Fabrizio Fulio-Bragoni

omardimonopoli blogspot com, 14.9.10
Il crepuscolo del Texas…
A quelli di Meridiano zero bisognera’ prima o poi decidersi a erigere un monumento. Piccolo e poco appariscente, magari, ma bello solido come le loro pubblicazioni. Non paghi infatti di aver fatto conoscere al pubblico italiano assi della letteratura southern come Harry Crews, James Lee Burke e Edward Abbey, con l’arrivo dell’autunno la casa editrice padovana rilancia l’azzardo portando nelle librerie questo straordinario “Il vento del Texas”, un romanzo di culto, pubblicato originariamente nel 1980 dalla Manor Books e poi finito nell’oblio fino al 2004, quando l’agente letterario Allan Guthrie non decise di ripescarlo per i gloriosi colori della Point Blank e riproporlo al pubblico con grande successo.
Orchestrato come un classico del genere hard-boiled (ma decentrando l’ambientazione dal caos metropolitano alle pacate periferie rurali del sud), il romanzo di James Reasoner s’impernia sulle vicende del disincantato detective Cody: sorta di Marlowe in stivaloni e cravattino di cuoio che viene assoldato da una riccona texana per ritrovarne la figlia scomparsa. Con uno stile piano ma mai scontato (perfettamente reso dalla traduzione di Vicentini), l’autore si serve dei canoni del filone per delineare un Texas dolente, ammantato dalla livida luce del crepuscolo che stinge malinconicamente nei cactus di plastica e nelle corna finte di longhorn, fra discoteche e locali kitsch. Amante della letteratura e della pittura epica di Remington, il protagonista porta cocciutamente avanti la sua indagine progredendo per tentativi, prendendosi un sacco di legnate senza troppo lamentarsene mentre la realta’ attorno a lui sbiadisce e la terra magica del Texas muta, s’impoverisce, perde la sua grandezza lasciando spazio ad caricatura western di cui il cinema e tanta letteratura contemporanea finiranno per appropriarsi. Un libro importante, che si lascia assaporare pagina dopo pagina nella sua (apparente) semplicita’ e che mescola il moralismo intriso di mestizia di un Caldwell al disincanto del miglior Chandler. Divorato.
Omar Di Monopoli

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Un mattino da cani di Christopher Brookmyre- Euro 10
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cinemadadenuncia splinder com, 3.8.10
Attiracatastrofi glasgowiano con doti da freeclimber, Jack Parlabane e’ un giornalista sulla trentina appena approdato a Edimburgo dopo una precipitosa fuga da Los Angeles, dove un potente del luogo ha ordinato di toglierlo di mezzo assoldando un sicario. Non ancora ripresosi dal jetlag, si trova coinvolto in un omicidio alquanto strano: Jeremy Ponsonby, stimato dottore del Royal Victoria Infirmary, e’ stato sgozzato e mutilato nel suo appartamento, giusto un piano sotto quello di Jack. Rimasto chiuso fuori casa in maglietta e boxer, Parlabane si intrufola nell’abitazione della vittima per arrampicarsi fino alla sua camera da letto, ma viene intercettato da Jenny Dalziel, agente dell’investigativa. Inizia cosi’ un’inchiesta che lo portera’ a frugare tra il marciume e la corruzione della riforma del servizio sanitario nazionale in aziende sanitarie locali: l’ASL del Midlothian, diretta dal corpulento manager Stephen Lime, presenta qualche anomalia di gestione.
Gia’ pubblicato da Meridiano zero nel 1999 e ora ristampato nella collana Noir con una fotografia maculata di Paul Angel Celano in copertina, Un mattino da cani e’ il primo romanzo di Christopher Brookmyre (classe 1968), autore scozzese osannato in patria e annoverato dalla critica nella variante nazionale del Tartan Noir (il tartan e’ il disegno quadrettato dei tessuti scozzesi). Un occhio al pulp taste (mutilazioni, spargimento di sangue e liquidi organici) e uno all’hard boiled (protagonista smaliziato e dalla battuta pronta), Brookmyre frequenta i cliche’ del genere riterritorializzandoli vigorosamente: le atmosfere notturne e le fumose avenues americane vengono rimpiazzate dalle luci fioche e dalle erbose squares edimburghesi, i bicchieri di bourbon dalle pinte di Eighty Shilling e gli infallibili killer in giacca e cravatta da maldestri gorilla in tuta sintetica.
Rocambolesco, sboccato e rutilante, Un giorno da cani slalomeggia tra ispettori stanchi e rassegnati (Hector McGregor), investigatrici anticonformiste (Jenny Dalziel), anestesiste dal cognome sinistro (Sarah Slaughter), manager col pelo sullo stomaco (Stephen Lime), dottori col vizio delle scommesse (Jeremy Ponsonby) e tenenti salvavita (Larry Freeman). Anche se Brookmyre nega di essere uno scrittore politico, l’intero impianto narrativo sviscera con minuziosa precisione le speculazioni finanziarie connesse alla riorganizzazione del sistema sanitario nazionale e non si contano le velenose frecciate alle figure emblematiche del partito conservatore (dalla Thatcher a Tebbit passando per la Bottomley e Portillo): una galleria degli orrori che dal piano della finzione si cala spesso e volentieri sul terreno della realta’.
Dato stilistico singolare: la scrittura di Brookmyre non paga dazio alla paratassi tipica del genere, ma predilige una sintassi piu’ distesa, i dialoghi rilassati (esemplare quello tra Sarah e Jack nella caverna del Bannerman’s), le perifrasi spiritose (rese egregiamente dalla traduzione di Vittorio Curtoni). Ciononostante non si avvertono segni di stanchezza o cali di ritmo, anche grazie al misurato uso di flashback ed ellissi che irrobustiscono la dimensione dei personaggi (la parentesi acrobatico-adolescenziale di Parlabane) e vivacizzano il precipitare degli eventi (la fuga del sicario Darren Mortlake, raccontata a pezzi e bocconi nelle ultime cento pagine). Non si raggiungono profondita’ epiche, d’accordo, ma si apprezza il talento di uno scrittore che adatta il genere alla propria sensibilita’ e lo radica nella realta’ che conosce direttamente.
Postilla balneare. Qualcuno ha parlato di libro da ombrellone, personalmente rincaro la dose: Un mattino da cani va letto sotto il sole cocente, per unire al gusto della lettura il piacere squisitamente masochistico della pelle bruciata. Io, per me, l’ho fatto e ne ho tratto molteplici benefici estetici.
Alessandro Baratti

(recensioni Un mattino da cani)

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La gabbia delle scimmie di Victor Gischler – Euro 10,00 (tascabile)
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Anche i poeti uccidono – Victor Gischler – Euro 15,00
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iannozzigiuseppe wordpress com, 22.8.10
I poeti di Victor Gischler uccidono e lo fanno meglio di Palahniuk
Provate un po’ a immaginare poeti e gangster che vanno a braccetto; che coltivano le stesse passioni; che sono dei disgraziati, bastardi per necessita’ di sopravvivenza ed avrete un mezzo professore universitario, poeta con il blocco dello scrittore, che, nel giro d’una notte e d’una scopata con una studentessa, finira’ con il diventare un assassino a piede libero.
Victor Gischler, nel suo ultimo lavoro “Anche i poeti uccidono”, spara duro; ma e’ difficile capire se spreca piu’ pallottole contro la societa’ poetica o contro quella dei gangster. E pero’ Gischler non ha alcun intento pedagogico, il suo scopo ultimo e’ difatti ludico e basta, per cui e’ davvero difficile non parteggiare per Gischler che prende per i fondelli la malavita organizzata ed i poeti mettendoli sullo stesso piano morale e sociale.
Jay Morgan ha il blocco dello scrittore; sono anni che non riesce a scrivere una sola poesia decente; per sbarcare il lunario accetta di fare il tappabuchi, professore di Letteratura si’, ma per brevi periodi ora presso una universita’ piu’ o meno prestigiosa ora in una scalcagnata in culo ai lupi.
Morgan non se la passa bene, e’ un perdente consapevole di esserselo: questa consapevolezza non lo aiuta pero’ a darsi una raddrizzata. Si porta a letto una certa Annie Walsh, una studentessa: non puo’ sapere che la tipa si e’ impasticcata ben bene con della robaccia. La mattina dopo Annie e’ cadavere. Presto Morgan capisce che e’ nei guai fino al collo. Di chiamare la polizia non se ne parla, direbbe che e’ stato lui, nessuno crederebbe che lui se l’e’ soltanto scopata e morta li’! Come se cio’ non bastasse, il preside della Eastern Oklahoma University lo chiama affidandogli il compito di seguire da vicino Fred Jones, il quale ha una silloge poetica nel cassetto e che ha da essere pubblicata presto e con un gran tamtam. Morgan non puo’ rifiutare, viene messo alle strette: dovra’ inventarsi editor, curare le poesie del malavitoso Fred Jones e aiutarlo a pubblicare il libro. Un compito davvero ingrato, per chiunque: Jones non e’ un tipo tranquillo, e’ un uomo della malavita che ha le mani in pasta in tutta la citta’ e che gira sempre scortato da un gorilla dal grilletto facile. Ad ogni buon conto non tutti i mali vengono per nuocere. Jones e’ un uomo di mondo, capisce che Morgan s’e’ cacciato in un impiccio piu’ grande di lui e che lo deve aiutare a far sparire il cadavere di Annie. Fred aiuta Jay Morgan e, per un momento soltanto, sembra che le cose si stabilizzino. Peccato che i genitori della ragazza abbiano ingaggiato un investigatore privato fuori di testa, marcio fino al midollo, che non si fa scrupolo alcuno a seminare cadaveri dappertutto. Investiga si’ per conto della famiglia Walsh, ma scoprendo che la ragazza si impasticcava e che c’e’ in giro una partita di droga del valore di diverse migliaia di dollari, l’uomo la vuole da Morgan, con le buone o con le cattive. Morgan non ha idea di che bestia infame sia l’investigatore privato, ne’ sa un emerito cazzo della droga di cui l’investigatore gli parla e che gli ordina di tirare fuori a suon di calci e pugni. Purtroppo per il povero professore questi contrattempi sono solamente la punta dell’iceberg. Nella sua classe entra a seguire le lezioni un negro che ha vinto una borsa di studio, almeno cosi’ pare. Il preside della Eastern Oklahoma University vuole che il giovane negro diventi un poeta a tutto tondo, affinche’ l’universita’ si possa scrollare di dosso l’etichetta razzista che nel corso degli anni si e’ meritata a pieni voti. Morgan non sa che pesci prendere, il giovane non sa nemmeno parlare, quando poi scrive e’ una tragedia, un rapper shakespeariano/metropolitano.
Victor Gischler e’ da leggere: nella sua scrittura c’e’ tutto il meglio dello spirito combattivo di Kurt Vonnegut ma anche e soprattutto di Joe R. Lansdale, oltre a una buona dose di humour alla vecchia maniera, quella di Mark Twain.
Victor Gischler, con stile diretto, da vero pugile sul ring della parola scritta, ci fa sorridere ma anche ridere a crepapelle tenendo sempre alta la tensione: il lettore non puo’ fare a meno di tenere gli occhi incollati alla pagina, un po’ tifando per il povero Jay Morgan e un po’ per quelli che vorrebbero strizzargli le palle. Nel mondo di Gischler non ci sono santi, ci sono piu’ che altro parassiti, bastardi e gangster. Alcuni, a loro modo, sono simpatici, la maggior parte pero’ no.
In “Anche i poeti uccidono” Gischler strizza l’occhio alle avanguardie poetiche cestinando la classicita’ e il bello stile; e’ un provocatore, politicamente scorretto, in pratica genuino, molto di piu’ di Chuck Palahniuk – oramai accomodatosi nel triste ruolo d’essere sol piu’ l’ombra di se’ stesso.
Victor Gischler picchia duro. Se deve farti un occhio nero o due, se deve tirarti un calcio dritto nei coglioni, se deve spararti alle gambe o in mezzo al petto, lo fa punto e basta; e lo fa guardandoti dritto in faccia, caro lettore, perche’ lui non ha bisogno di nascondersi dietro metafore infiorettate, perche’ lui e’ unoscrittore da combattimento, senza pero’ la presunzione di voler insegnare al prossimo come vivere la sua stronza vita.
Giuseppe Iannozzi

(recensioni Anche i poeti uccidono)

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Angeli perduti del Mississippi di Fabrizio Poggi – Euro 15,00
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www smemoranda it, 5.8.2010
Da leggere: “Angeli perduti del Mississipi”
Robert Johnson abitava nei sobborghi di Memphis nei primi Anni Venti. Non sapeva suonare la chitarra, solo l’armonica.
Poi, un giorno spari’.
Torno’ dopo qualche mese: senza piu’ la sua fedele armonica, ma dotato di una tecnica chitarristica sopraffina, addirittura soprannaturale. Aveva incontrato il diavolo, che gli aveva donato quell’incredibile abilita’, ma in cambio aveva preteso la sua anima. Cosi’, almeno, si disse. Forse per questo, la vita di Robert fu breve e piena di tristezza. Mori’ a trentun’anni, poco dopo un concerto: stava suonando in un locale del Mississipi, quando qualcuno gli passo’ una bottiglia di liquore avvelenato con la stricnina. Pare sia stato il proprietario del locale: aveva scoperto che Robert stava corteggiando sua moglie.
Quella di Robert Johnson – il piu’ grande e misterioso chitarrista della storia del blues – e’ solo una delle tante storie (leggende?), raccontate fra le pagine di “Angeli perduti del Mississipi”, libro sul blues delle origini scritto da Fabrizio Poggi, lui stesso uno fra i piu’ noti bluesman italiani. Ma non c’e’ solo Johnson: si parla di Muddy Waters, di B.B. King, di Buddy Guy, di Elmore James. E ci sono paragrafi su John Mayall e Bob Dylan.
Ecco, intendiamoci: questo non e’ un libro che racconta la Storia, ma tante, piccole storie diverse. Costruito come un dizionario, va dalla A di Alabama, alla Z di Zydeco, la musica tipica della Louisiana e di New Orleans.
In mezzo, appunto, storie: per la maggior parte tristi e disperate come il blues. Ma anche un sacco di altre cose interessanti, come un vero e proprio glossario dello slang del blues: deriva dal cosiddetto double talk, il “linguaggio doppio” usato dai neri negli anni della segregazione, per non farsi capire dai bianchi. Cosi’, fra le altre cose, scopriamo che, quando Cab Calloway cantava che le donne di Chicago sapevano cucinare l’osso del prosciutto (“Hambone”) meglio di quelle di New York, forse non stava proprio parlando di cucina…
Anche se Fabrizio Poggi non e’ uno scrittore – e a volte si vede – la passione da musicista con cui racconta storie e leggende che girano intorno al blues, rende il libro estremamente interessante. Soprattutto, magari, per chi sa poco di questa musica: semplice, eppure capace di scorticare l’anima.
Michele Rumor

(recensioni Angeli perduti del Mississippi)

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Operazione Atlanta di Hugues Pagan – Euro 14,50
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www mescalina it, 19.7.10
Un commissario, un ex terrorista, un detective dall ´inconfondibile fiuto investigativo e un giustiziere da una parte. Uno dei piu’ geniali sassofonisti del jazz e il suo capolavoro dall ´altra. Un noir estivo da risolvere sotto l ´ombrellone. Non preoccupatevi, sto parlando di due cose completamente diverse ma che potreste abbinare su una spiaggia assolata, sorseggiando un fresco cocktail.
“Operazione Atlanta” (Meridiano zero, 2010) e’ l ´ultimo, geniale, libro di Hugues Pagan dalle atmosfere fumose, un noir complesso ed intrigante che potrebbe vantare come colonna sonora Out to lunch di Eric Dolphy a sottolineare la fotografia decadente e romantica che Pagan ci mostra.
Sia il libro che il cd sono capaci di regalare emozioni forti dandoci quel brivido piacevole che d ´estate solitamente cerchiamo. Ma attenzione che Berg, l ´ex terrorista, potrebbe attuare da un momento all ´altro la sua vendetta e lo scrittore Hugues Pagan regalarvi tratti di intensita’ e poesia fino al crescendo finale, allo stesso tempo epico e tragico.
Eric, pestando sul suo sassofono, segue passo passo la storia, il regista Pagan cattura un primo piano straordinario, Dolphy va a rimarcare col suo ensemble quell ´atmosfera drammatica e piena di tensione di una Parigi nera, potrebbe accadere l ´inevitabile.
Ormai la spiaggia e’ scomparsa, il mare e’ un ricordo lontano, siete solo voi li’ con il libro, le cuffie nelle orecchie a seguire gli sviluppi di una trama avvincente.
Entrambi sono un pugno nello stomaco, musicista e scrittore, entrambi creano un ´atmosfera da cui e’ difficile staccarsi. Poetici, romantici, ineguagliabili. “Operazione Atlanta” e’ l ´ennesimo capolavoro di Hugues Pagan, l ´ennesimo ingranaggio perfetto di uno dei migliori scrittori francesi viventi. Una perfezione che ritroviamo anche in Dolphy, il sax contralto piu’ sfuggente e impressionante della storia del jazz. Che ne dite, li facciamo cenare con noi stasera?
Francesco Bove

(recensioni Operazione Atlanta)

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Acqua Storta Graphic Novel di Valerio Bindi, MP5 – Euro 15,00
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Animals, luglio-agosto 2010
“Acqua Storta” e’ come un pozzo buio, ci si cade nella prima pagina e si riemerge alla fine, senza fiato, storditi e con la voglia – o la necessita’ – di ricominciare. E’ la storia di Giovanni, un camorrista feroce, sposato e figlio di boss. E’ la storia di Giovanni che si innamora di Salvatore, di una passione che scardina un codice etico e un ordine sociale e di come le cose vengono rimesse a posto. E’ un noir, ma soprattutto e’ una storia d’amore, storta perche’ storta e’ la realta’ in cui nasce.
C’e’ la poesia spietata del romanzo d’origine, che Bindi distilla in un testo essenziale e ritmato, crudo e teatrale. E ci sono il rigore e la forza dei disegni di MP5. L’artista costruisce pagina dopo pagina il proprio linguaggio di segni, sintetico e al tempo stesso denso, e da’ forma a una Napoli senza colori, nonostante tutto attraente, coperta di inchiostro nero e poi presa a coltellate di luce bianca. L’immagine di un contrasto irriducibile, di una ferita che non si puo’ sanare. Quella di Giovanni, che e’ un personaggio odioso a cui pure, con disagio, vi capitera’ probabilmente di volere bene. Perche’ e’ innamorato, perche’ siete nella sua testa e sapete quanto e’ sincero nella sua ricerca di un senso, di “una ragione a tutto questo male”. Perche’ sapete che non sara’ in grado di trovarla.
Alessio Trabacchini

(recensioni Acqua Storta Graphic Novel)

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Estate di Rene Fregni – Euro 7
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Corriere Nazionale, 25.7.10
Estate provenzale con Rene’ Fregni
Paul ha un piccolo bistrot e una vita semplice nel sud della Francia. Un giorno, passeggiando sulla scogliera, incontra una donna bellissima. Sulle rocce della Provenza, spazzate dal maestrale, lei da’ inizio a un gioco sensuale, fatto di attrazione e ambiguita’.
Sylvia e’ scostante e imprevedibile, e nella sua insaziabile ricerca di amore trascina Paul in una spirale di seduzione. Si da’ e si ritrae crudelmente. Non gli nasconde di avere un uomo, un pittore al quale si sente accomunata dal passato e da un identico destino di follia. Per quella donna fatale, i due uomini seguono i fili di una passione soffocante, fino al tragico atto finale. Rene’ Fregni con “Estate” propone un bel noir intriso d’amore e disperazione.
Stefania Nardini

(recensioni Estate)


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart