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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LIBRI IN USCITA: Novità Marsilio, febbraio 2009

3 Febbraio 2009

Alessandro Preiser

Zucchero bruciato

romanzo, pp. 256, € 17,00

Il seguito di Avene selvatiche,
caso letterario del 2004

Eurialo, bello e carismatico militante dell’estrema destra, ha bruciato la sua adolescenza durante gli anni di piombo in una concatenazione di eventi, errori e debolezze che lo hanno portato in carcere.
Uscito di prigione, Eurialo continua la sua deriva autodistruttiva, una inarrestabile discesa agli inferi nell’incapacità di colmare il vuoto che gli si spalanca dentro, il senso della vita che via via si perde. Resta invischiato in un mondo di droga, sesso e violenza e diventa trafficante di stupefacenti con lo pseudonimo di Giglio. Ma a poco a poco sente la necessità di una svolta, di un riscatto personale che chiuderebbe definitivamente i legami con quel mondo che non vuole sentire più suo.
Dopo Avene selvatiche, caso letterario nel 2004 salutato da Claudio Magris come «un libro intenso e forte che lascia un segno duro e inquietante nell’animo del lettore », Alessandro Preiser torna con una prova narrativa sapientemente orchestrata, che racconta la ferocia di una realtà ai limiti con lucida consapevolezza e originali invenzioni linguistiche.

«La vita era andata e gli era sfuggita, non aveva combinato nulla,
non era stato capace di costruire niente.
Anche l’amore gli era invariabilmente sfuggito di mano »  

alessandro preiser è nato a Milano 54 anni fa. Nei primi anni settanta si aggregò ad ambienti della destra extraparlamentare e in seguito a episodi di violenza politica si diede a una latitanza che si concluse col suo arresto. In carcere divenne tossicodipendente, rilasciato fu di nuovo arrestato per detenzione di droga. Accusato di strage, fu poi riconosciuto innocente. Ha esordito con Avene selvatiche (Marsilio 2004).

 

Duchesne

Studio illegale

Marsilio X, pp. 320, € 17,00

«Mi chiamo Andrea Campi
Ho 30 anni
Sono un professionista serio
Ultimamente non sto molto bene »

Andrea Campi è un professionista serio. Giovane avvocato nella sede milanese del prestigioso studio legale internazionale Flacker Grunthurst and Kropper, si occupa di importanti operazioni societarie per conto dei più grandi colossi industriali. Aveva ambizioni, aveva amici, aveva una ragazza. Ora ha prospettive. Lavora fino a notte fonda, mangia pizza e sushi sulla scrivania, vive con un bonsai e parla con il muro. Le giornate scorrono tra pause alla macchinetta del caffè, redazione di contratti e riunioni interminabili, fino al giorno in cui Andrea si trova coinvolto in un nuovo progetto particolarmente delicato. Le responsabilità si moltiplicano, come pure le ore di lavoro e i deliri di un capo sempre su di giri. È l’inizio di un turbine di eventi e incontri che investe l’immobile routine di Andrea spazzandone via certezze ed equilibri.
Tra una vita privata sempre più a rotoli e la catastrofe lavorativa incombente, Andrea arriverà a fare i conti con la sua vita, l’unica professione per la quale non ha mai sostenuto un colloquio.
Dissacrante e ironico, Studio illegale è una esilarante tragicommedia piena di lavoro, di frustrazioni e di cravatte.  

C’è una talpa illegale che si aggira tra gli studi d’affari legali milanesi.
Raccoglie sussurri e grida e li riversa senza veli sul web.
Il suo blog è diventato il divertissement più esilarante con cui
gli avvocati ambrosiani occupano l’orario d’ufficio »
Carlotta Magnanini, la repubblica  

duchesne ha trent’anni. Vive e lavora nella sede milanese di un primario studio legale internazionale, dove si occupa di M&A, capital markets e altre materie che abbiano un’allettante traduzione in inglese. Nell’aprile 2007, ha debuttato sul web con il blog studio illegale, raccontando la vita quotidiana degli avvocati d’affari, tra miserie ed esaltazioni, solitudini e nevrosi, blackberry e buoni-taxi, e raggiungendo, nel giro di pochi mesi, un successo fatto di migliaia di visitatori quotidiani.

Paolo Savona

Il governo dell’economia

G8: l’ultima occasione
formiche, pp. 176, € 9,00
Un promemoria di geopolitica economica per
i partecipanti al prossimo G8 in Italia

Le regole di governo dell’economia sono state finora tracciate in funzione degli interessi nazionali, sia sul piano della teoria che della pratica. La globalizzazione ha cambiato i termini di riferimento e, allo stato attuale dell’integrazione economica internazionale, questi interessi possono essere difesi solo se inquadrati nel contesto della cooperazione mondiale.
Il mutamento impone una rivisitazione delle conoscenze e la nascita della Geopolitica economica. L’autore espone i contenuti di questa nuova disciplina, da una presa di coscienza dei conflitti nascenti dal funzionamento dei due modelli di sviluppo globale – quello trainato dall’economia americana e l’altro dalle economie emergenti – alle esigenze di una diversa impostazione della politica monetaria e fiscale degli Stati Uniti e del regime di cambio e di investimento delle riserve ufficiali da parte della Cina, ivi inclusi i Fondi sovrani di ricchezza.

paolo savona è professore emerito di Politica economica e docente di Geopolitica economica. Già Ministro dell’industria, Segretario generale della programmazione economica al Ministero del bilancio e Direttore del Dipartimento per le politiche comunitarie alla Presidenza del Consiglio, ha una vasta esperienza di studio e di gestione dei problemi monetari e finanziari internazionali maturata al Servizio studi della Banca d’Italia.

Anna Momigliano

Karma Kosher

I giovani israeliani tra guerra, pace, politica e rock’n’roll
Tempi, pp. 176, € 13,00

Gli anni del processo di pace, dalle grandi manifestazioni
di piazza al suo declino, raccontati
dal punto di vista dei giovani israeliani

Per alcuni Israele è un ideale, un modello astratto su cui proiettare sogni e aspirazioni. Per altri è l’incarnazione di tutto quello che di peggio esiste nella cultura occidentale: violenza, arroganza, imperialismo. Fraintendere Israele è facile. Ma tentare di cavarsela dicendo che “Israele è un paese come molti altri”   sarebbe ipocrita, perché di “normale” Israele non ha davvero nulla: è una gabbia di matti, un paese meraviglioso e affascinante, durissimo e schizofrenico, ma soprattutto una nazione con una disperata voglia di vivere e di sopravvivere. Scrivere di Israele senza scrivere di politica non avrebbe senso, perché lì il pubblico diventa quasi sempre privato. Ma scrivere di Israele riducendolo solo a un simbolo politico non renderebbe giustizia a questa nazione unica. Avere la pretesa di raccontare in un solo libro Israele in tutta la sua storia e in tutte le sue sfaccettature, poi, sarebbe impossibile.
Così questo libro ha l’unica pretesa di raccontare Israele così com’è stato negli ultimi quindici anni e lo fa da un’angolazione molto particolare, dal punto di vista della “generazione Libano”, o “generazione Rabin”: ovvero i giovani israeliani, con un background laico e progressista, che erano adolescenti negli anni Novanta.
Karma Kosher è il loro mondo, sospeso tra la dura realtà del conflitto, la speranza di cambiarla e il desiderio di evadere. Ogni anno migliaia di ragazzi vanno in India, inseguendo cannabis a buon mercato e spiritualità spicciola nella costante ricerca di una valvola di sfogo.

Anna Momigliano racconta i loro sogni, le loro guerre, le loro vittorie e le loro sconfitte, senza però perdere mai di vista quello che accade nel resto del paese. Si sofferma sul movimento pacifista israeliano, dagli anni delle grandi manifestazioni di piazza al suo declino, passando per refusenik e rockstar ribelli. Ma dà anche molto spazio alla cultura popolare israeliana spesso ignorata in Italia ma che offre un’importante finestra sul “pianeta Israele”.

anna momigliano è nata a Milano nel 1980. Ha studiato in Israele, dove ha ricevuto la Bagrut (Rothberg 1999), e negli Stati Uniti, dove si è laureata in antropologia (University of Pennsylvania 2002). Scrive di esteri su «Economy » e il «Riformista », collabora con Radio Radicale. Nel 2007 le sue corrispondenze dal Medio Oriente le sono valse il premio giornalistico «Colombe d’Oro per la pace ». Adesso scrive da Milano, dove vive con il marito, per il quotidiano americano «Christian Science Monitor ». Però torna in Israele ogni volta che può. È un po’ nostalgica degli anni Novanta: sarà per questo che è una grande fan del movimento pacifista israeliano e della musica grunge.

Valter Vanni

Un passante per il Nordest

Una storia lunga cinquant’anni
Tempi, pp. 160, € 12,00

Un banco di prova del rapporto tra le forze politiche
e la società dell’intero Nordest
vista da vicino da un testimone privilegiato

Venerdì 1 ° agosto 1997, a Venezia, viene solennemente sottoscritto “l’Accordo quadro tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dei lavori pubblici, il Ministero dei trasporti e della navigazione, la Regione Veneto per la soluzione dei principali problemi stradali e ferroviari di interesse nazionale nella Regione Veneto”.
I sei protocolli che costituiscono l’oggetto dell’accordo sciolgono nodi di grande rilievo nel sistema infrastrutturale dell’intero Nordest e mettono un punto fermo alla contrapposizione ideologica, pratica e politica tra “ferro” e “gomma” che ha   trasformato in una babele o in un dialogo tra sordi il confronto sulle infrastrutture.
Risolvono i principali problemi di tutte le aree della Regione e perciò tolgono spazio alle dispute localistiche che hanno   spesso impedito di passare dalla progettazione degli interventi alla realizzazione delle opere.
Configurano un insieme di priorità ambizioso ma perfettamente realizzabile.
Nell’immaginario collettivo “la svolta” è costituita dalla decisione di realizzare il passante autostradale Mira – Quarto d’Altino, del quale si era cominciato a discutere nel lontano 1958.
Le code   permanenti che occludono la tangenziale, ormai per tutti “valico” di Mestre, sono diventate un delicatissimo problema politico.
Tutto fatto? Come si sa le cose sono state meno semplici di quanto previsto quel giorno.
Perché questo “valico” è diventato il simbolo della crisi del sistema politico-istituzionale? Perché la soluzione finalmente individuata è stata realizzata in soli quattro anni?  
Un banco di prova del rapporto tra le forze politiche e la società dell’intero Nordest visto da vicino da un testimone privilegiato.

valter vanni, 59 anni, dal 1985 al 1990 è stato segretario provinciale del PCI di Venezia; dal 1990 al 2000 consigliere regionale del Veneto con il ruolo di presidente del gruppo PDS, poi DS e di assessore; fino al 2005 presidente dell’ACTV, l’azienda dei trasporti di Venezia.

Daniele Pozzi

Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe

Tecnologia ,conoscenza e organizzazione
nell’Agip e nell’Eni di Enrico Mattei
Saggi, pp. 560, € 45,00
Wild cat (letteralmente «gatto selvatico ») è un’espressione tipica del gergo petrolifero che indica una perforazione in un’area ancora inesplorata, in cui la resa e il conseguente profitto sono del tutto imprevedibili.
Questa è l’immagine che meglio rappresenta la situazione che si trovò ad affrontare l’agip alla sua nascita, nel 1926.
Nel quarantennio che seguì, questa impresa italiana si trasformò in uno dei più dinamici – e discussi – protagonisti dell’industria internazionale del petrolio. Il cane nero a sei zampe divenne l’emblema di un grande progetto di sviluppo avviato da Enrico Mattei, suscitando enormi entusiasmi e inestinguibili ostilità, che ancora oggi spesso trasfigurano la vicenda dell’impresa in una dimensione mitica.
Questo saggio – basato in gran parte sugli archivi ENI – intende spiegare le ragioni e i limiti dell’affermazione della compagnia petrolifera italiana analizzandone la dimensione operativa e, al suo interno, il lungo processo di accumulazione di competenze tecniche e organizzative e il ruolo di catalizzatore svolto da Mattei.

daniele pozzi (1976) insegna storia economica e d’impresa all’Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza (VA) e svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di analisi istituzionale e management pubblico dell’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano. Oltre a numerosi articoli scientifici sull’industria petrolifera italiana, ha pubblicato, con Andrea Giuntini, Energia per il territorio. Enrico Mattei e il metano in Italia (Giona 2003) e ha curato l’edizione di La leggenda del pioniere. Diario Mazzini Garibaldi Pissard 1929-1983 (ENI 2008).

Fare centro
Proposte per il centro città di Mestre
a cura di Patrizio M. Martinelli
IUAV. Saggi, pp. 136 con 150 ill. a col., € 20,00

Un gruppo di maestri dell’architettura italiana si confronta, insieme ai propri allievi, su un tema estremamente attuale: dare un centro a un’area di periferia diventata più grande della città da cui è nata. Il distacco di Mestre rispetto a Venezia è un caso particolare ma non anomalo rispetto a quelli che sono i fenomeni dello sviluppo metropolitano. I sociologi, i geografi, gli ambientalisti, gli storici dell’architettura che non sono tenuti al fare, inventano ciascheduno una teoria: le città diffuse, le città globali, le morti dell’architettura, i vuoti, gli spazi virtuali ecc. Ma non sono intenzioni che nascono dal fare. Sono constatazioni di una patologia, non tecniche terapeutiche.
Può l’architettura con le sue tecniche proporre qualcosa? Anche dimenticando Venezia (per non ritrovarla falsa), ma senza rinunciare all’idea di città. Vincendo la stesse volontà di astinenza, la stessa coscienza di impotenza a intervenire con intenzione nella realtà, come se le città, come se le metropoli non avessero bisogno di progetti e si facessero da sé.
Carattere peculiare dell’arte è il fare, e nel fare, mentre si fa, si inventa il modo di fare. Qui si forma allora lo spartiacque tra l’invenzione del modo di fare mentre si fa e la descrizione che non fa. Questo libro, sul ponte che porta da Venezia alla terraferma, invita a non alzare bandiera bianca.
Luciano Semerani

Interventi di: Armando Dal Fabbro, Giovanni fabbri, Antonella Gallo, Giorgio Grassi, Carlo Magnani, Eleonora Mantese, Antonio Monestiroli, patrizia Montini Zimolo, Raffaella Neri, Luciano Semerani.
Massimiliano Ammatuna, Massimiliano Botti, Genny Celeghini, Nicola Cimarosti, Alessandro Consoli, Alessandro Dalla Caneva, Alberto De Marchi, Giorgia De Michiel, Francesco Fallavollita, Sandro Grispan, Gennaro Lopez, Marco Masina, Magda Minguzzi, Leonardo Murmora, Daniela Nacci, Claudia Priina, Marialaura Polignano, Umberto Romani, Antonio Telesforo, Claudia Tinazzi.

patrizio m. martinelli, laureatosi in architettura presso, dal 1999 svolge attività di ricerca e di collaborazione alla didattica presso l’Università Iuav di Venezia, la Facoltà di architettura «Aldo Rossi » di Cesena e la Facoltà di architettura dell’Università di Parma. Svolge attività professionale con realizzazioni in spazi pubblici, nell’architettura residenziale, negli allestimenti di mostre (Clorindo Testa. L’architettura animata, 2003 e Itinerari di architettura contemporanea vicentina, 2004, entrambi presso la Basilica Palladiana di Vicenza) e partecipa a concorsi nazionali e internazionali.  

Daniele Pisani
Piuttosto un arco trionfale che una porta di Città
Agostino di Duccio e la Porta San Pietro a Perugia
IUAV. Saggi, pp. 240 ca. con 110 ill. b/n, € 26,00 ca.

Sul fronte meridionale della cinta medievale della città di Perugia si trova un’opera per molti versi straordinaria. Si tratta di una porta urbana realizzata dallo scultore e architetto fiorentino Agostino di Duccio nell’ottavo decennio del Quattrocento.
Alla porta San Pietro è stata sorprendentemente dedicata scarsa attenzione da parte della storiografia artistica. Eppure talvolta è sufficiente mutare lievemente la prospettiva perché temi già ampiamente studiati rivelino di sé tratti inaspettati; altre volte avviene che all’interno di campi di studio ormai passati minuziosamente in rassegna si dischiudano terreni pressoché mai perlustrati. E proprio questo è il caso di un’opera come la porta San Pietro.
Con il suo maestoso fronte all’antica in travertino, la porta non ha pari nella coeva architettura perugina. In quanto porta urbana, ossia macchina votata a fini in primo luogo difensivi, essa presenta tuttavia più di un’anomalia. La convivenza tra monumentalità ed effettiva efficacia militare che vi ha luogo pare assai problematica oltre che impossibile da mettere a fuoco se non viene a sua volta fatta interagire con quella che costituisce la fondamentale peculiarità della porta San Pietro, di essere stata cioè la prima porta urbana del Quattrocento italiano realizzata nelle forme di un antico arco di trionfo.

daniele pisani, collaboratore alla cattedra di Estetica e di Storia dell’architettura contemporanea, ha conseguito il dottorato presso il Dipartimento di storia dell’architettura e dell’urbanistica dell’Università IUAV di Venezia ed è ora assegnista di ricerca presso lo stesso ateneo.  

Pedro Calderí³n de la Barca

La vita è un sogno

a cura di Fausta Antonucci
Letteratura universale, pp. 280, € 16,00  

Un capolavoro della cultura occidentale
in una nuova traduzione
della migliore specialista europea

Pedro Calderí³n recupera alle soglie della modernità il tema mitico dello scontro fra padre e figlio e lo trasforma ne La vita è un sogno in un intenso dramma barocco, dove la complessità del tessuto concettuale e delle riflessioni filosofiche viene diluita in un’azione avvincente di grande impatto spettacolare.
La storia del principe di Polonia Segismundo – imprigionato dalla nascita dal padre astrologo Basilio – e del crudele esperimento di cui è vittima, si affianca all’esperienza dolorosa di Rosaura che cerca di recuperare l’onore perduto. È un dramma appassionante sul potere e la violenza, una geniale variazione sugli eterni temi del rapporto conflittuale tra generazioni, tra libertà e destino, tra autorità e ribellione.
Con La vita è un sogno Calderí³n ha creato un capolavoro della cultura occidentale, profondamente barocco e al tempo stesso di grande attualità: il personaggio di Segismundo è divenuto un mito della coscienza tragica dell’uomo moderno, simbolo dell’impossibilità di stabilire il confine tra apparenza e realtà e della dolorosa constatazione della precarietà dell’esperienza umana.  

“Che è la vita? Ansia febbrile.
Che è la vita? Un’illusione,
solo un’ombra, una finzione…”

fausta antonucci è professore ordinario di letteratura spagnola all’Università di Roma Tre. è autrice di monografie e saggi su diversi aspetti della letteratura spagnola e ispanoamericana, ma si è dedicata specialmente al teatro del Siglo de Oro, ambito nel quale ha pubblicato numerose edizioni di testi di Lope de Vega (Peribáí±ez e il commendatore di Ocaí±a, Il cane dell’ortolano, una raccolta di loas) e di Pedro Calderí³n de la Barca (La dama duende, El verdadero Dios Pan, La vida es sueí±o). Ha tradotto opere di Borges, Quiroga, Bioy Casares e José de Acosta.  

Thomas Mann

La morte a Venezia

a cura di Elisabetta Galvan
Letteratura universale, pp. 272, € 16,50

Questa nuova traduzione con testo tedesco a fronte
costituisce un piccolo evento con il suo ampio e solido
apparato critico ricco di novità interpretative

 Quando esce La morte a Venezia, nell’autunno del 1912, Thomas Mann ha trentasette anni, è sposato con la bella e ricca Katia Pringsheim, è padre di quattro figli. Ha già scritto I Buddenbrook e i due capolavori Tristano e Tonio Kröger ed è uno scrittore ormai affermato, per alcuni critici forse al culmine della propria potenza narrativa. Da qualche anno la letteratura è dominata dalle avanguardie storiche, mentre in tutta l’Europa si avvertono presagi di guerra.
Ma nel lungo racconto sulla fine di Gustav von Aschenbach la crisi che scuote alle fondamenta quel mondo resta soltanto sullo sfondo. In primo piano c’è l’impietoso ritratto, talvolta perfino caricaturale, del grande autore trascinato dall’avventura artistica e dalla pulsione erotica verso la morte. C’è la passione del maturo protagonista, la disgregazione morale, la perdita del contegno e del dominio di sé. Sono pagine nelle quali Thomas Mann racconta in maniera spesso paradossale ed enfatica la patologia della vocazione estetica, la disciplina e il culto della perfezione formale, le strategie di difesa dal disordine e dal caos; rappresenta ancora una volta la cultura e la bellezza come diminuzione dello slancio vitale, come corruzione della vita e dei valori borghesi. Che Venezia sia qui l’ambiguo e stupendo fondale degli eventi descritti, è anche un omaggio alla grande letteratura di fine secolo e a tutta la cultura del decadentismo europeo.  

“Questa era l’ebbrezza;
e senza riserva, con avidità,
l’artista in declino
le dava il benvenuto”

elisabetta galvan insegna letteratura tedesca all’Università di Napoli «L’Orientale ». Autrice di numerosi saggi sull’opera di Thomas Mann in Italia e in Germania, collabora alla Edizione completa commentata delle sue opere in corso di pubblicazione presso l’editore S. Fischer di Francoforte ed è membro del comitato scientifico della Deutsche Thomas-Mann-Gesellschaft. Si è inoltre occupata di letteratura nel Terzo Reich e di letteratura e mito nel primo Novecento tedesco.  

Henning Mankell

La falsa pista

tascabili, pp. 480, € 9,50  

La quinta inchiesta
del commissario Wallander

Mentre gli svedesi sono incollati ai televisori per seguire il campionato del mondo di calcio, per Wallander la festa si trasforma in un incubo. Nella magnifica estate nordica una ragazza si cosparge di benzina e si dà fuoco in un campo di colza in fiore.
È l’inizio di una terribile serie di omicidi: come un indiano sul piede di guerra, un brutale assassino uccide silenziosamente e strappa lo scalpo al nemico sconfitto.  

«Mankell riesce a combinare meravigliosamente
il meglio del noir americano con il fascino scandinavo,
dando vita a un thriller letterario di prima classe »
the good book guide

Henning Mankell

La quinta donna

tascabili, pp. 560, € 9,90

em>La sesta inchiesta
del commissario Wallander

Maggio 1993: in Algeria i fondamentalisti islamici uccidono quattro suore. La quinta donna massacrata è una turista svedese. La polizia algerina cerca di insabbiare il caso.
Settembre 1994: una serie di delitti scuote il sud della Svezia. Omicidi crudeli, perpetrati con una tecnica che non lascia dubbi sull’esistenza di un unico colpevole.
Tocca ancora al commissario Kurt Wallander aprire un faticoso spiraglio tra le indagini e mettere insieme i pezzi di una storia incredibile.  

«È il capolavoro di Mankell, un perfetto equilibrio
tra poliziesco e critica sociale, che con una tensione
al limite dell’esplosione,
esplora la psicopatologia contemporanea »
Slavoj Žižek, london review of books

Henning Mankell

Muro di fuoco

tascabili, pp. 520, € 9,90

L’ottava inchiesta
del commissario Wallander

Il commissario Wallander deve affrontare una nuova dimensione del crimine, un complotto internazionale che opera attraverso la rete informatica.
Un romanzo che mette in luce l’inquietante vulnerabilità di una società apparentemente sempre più efficiente, ma proprio per questo sempre più in balia delle forze del sabotaggio e del terrore.  

«Un libro da divorare. Ancora un Mankell grandioso,
uno dei migliori »
frankfurter neue presse  

«Attuale, avvincente, appassionante.
Mankell è un acuto osservatore della realtà »
financial times

henning mankell è nato in Svezia nel 1948 e ha raggiunto il successo internazionale con i nove episodi della serie del commissario Wallander. Vive tra la Svezia e l’Africa, dove ha ambientato alcuni suoi romanzi, tra cui Comédia infantil e Il figlio del vento. Dal suo impegno per l’Africa è nato anche il libro Io muoio, ma il ricordo vive. Un’altra battaglia contro l’Aids. Le pubblicazioni più recenti: il giallo Il ritorno del maestro di danza e il romanzo Scarpe italiane.

Il collezionismo d’arte a Venezia
Dalle origini al Cinquecento
a cura di Michel Hochmann, Rosella Lauber, Stefania Mason
Libri illustrati, pp. 420 con 230 ill. a col. e b/n, rilegato, € 35,00  

Il volume espone le ricerche più aggiornate sulle delicate e importanti fasi iniziali del collezionismo a Venezia, dal Trecento al Cinquecento, attraverso saggi critici e analisi di casi studio, seguiti da quaranta voci biografiche e da un’appendice documentaria con testamenti e inventari inediti. Inedita documentazione permette di conoscere le collezioni del monsignor Girolamo Superchi e di Giovanni Paolo Cornaro «dalle Anticaglie » e di approfondire quelle dei Vendramin e dei Michiel, come pure il ruolo di artisti quali Giovanni scultore e Gaspar Rem, di personaggi quali Michele Vianello e Stefano Magno, Fantino Zorzi e Giacomo Gambacorta.
Si analizzano e comparano i diversi ruoli conferiti alle raccolte d’arte da grandi famiglie quali i Grimani, i Cornaro, i Barbaro, i Contarini, i Bembo, gli Erizzo; da diplomatici come Hurtado de Mendoza o da notai e segretari ducali come Simone Lando; da avvocati come Pietro Pellegrini; da mercanti quali Forzetta e Helman, König e Ott, Odoni e i Bonaldi; o dal segretario del Senato Bernardino Redaldi e dal commerciante di diamanti Rocco Scarizza. Personaggi quali il misterioso Giulio Calistano e i gioiellieri Domenico di Piero e Domenico dalle Due Regine si confermano affascinanti raccoglitori, di numismatica come di antichità, in contatto con le grandi corti.
Indagini archivistiche e spogli sistematici di molteplici fondi hanno fatto emergere inediti elementi su modalità e preferenze del collezionare; su agenti e mediatori, sulla circolazione di beni, sui consumi materiali, in una rinnovata rete di riflessioni incentrate sui plurimi e compositi aspetti e sui protagonisti del fenomeno.  michel hochmann è stato direttore degli studi per la storia dell’arte all’Académie de France a Roma. Dal 2000 è Directeur d’études all’Ecole Pratique des Hautes Etudes (Sorbonne), sezione storia della pittura italiana (secoli XVI-XVII). Studia l’arte veneziana del cinquecento e la storia del collezionismo nel rinascimento.

rosella lauber collabora alla Facoltà di architettura e alla Facoltà di design dell’Università IUAV di Venezia, e all’Università di Udine.  I suoi interessi sono rivolti alla pittura e alla scultura, alle fonti e al collezionismo rinascimentali, con attenzione all’interrelazione di testi storico-artistici e letterari.

stefania mason insegna storia dell’arte moderna all’Università di Udine, dove dirige la scuola di specializzazione in beni storico-artistici. I suoi ambiti di indagine vertono sulla cultura artistica veneta dal Quattrocento al Settecento, con riguardo agli aspetti della committenza e del collezionismo.

La chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Venezia
Un tempio benedettino «ritrovato » alla Giudecca
a cura di Claudio Spagnol
Libri illustrati, pp. xii-340 con 209 ill. a col. e b/n, rilegato, € 54,00

La chiesa, voluta dalle monache benedettine nei primi decenni del Cinquecento, negli anni andò arricchendosi di opere d’arte secondo un progetto grandioso. In seguito alle indemaniazioni napoleoniche, allontanate le religiose, l’edificio fu volto a usi industriali, l’interno manomesso e modificato sino a divenire irriconoscibile.
Il patrimonio d’arte e di religione che si era andato costituendo fu rimosso e disperso. Grazie all’impegno del Comune di Venezia, che ne ha fortemente voluto il restauro per istituirvi un “incubatore d’imprese”, è stato possibile dare corso al progetto che ha restituito alla città il tempio “ritrovato”.
La conservazione e il riuso della chiesa dei Santi Cosma e Damiano si qualifica per il rigore con il quale è stato perseguito e raggiunto l’obiettivo di salvare – anzi, di recuperare e valorizzare – le testimonianze del passato, rendendole capaci di dare risposta alle nuove domande poste dal mutare dei tempi, dall’insorgere di nuove esigenze. Combinare memoria e innovazione: il lavoro che nel libro viene descritto testimonia che si può fare, che per tutta Venezia – come è stato per questa chiesa – si può affrontare la scommessa di trasformare la città possibile in una città probabile.  

claudio spagnol è architetto. Svolge la sua attività professionale presso la Direzione progettazione ed esecuzione lavori del Comune di Venezia, per la quale ha curato importanti interventi conservativi di edifici monumentali. E’ autore di saggi sui temi della conservazione, del restauro e di storia dell’architettura. Per Marsilio ha curato: Galileo Chini. La cupola del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Il restauro del ciclo pittorico, 2006.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart