PITTURA: ARTE: I MAESTRI: Il primo Parmigianino1 Febbraio 2018 di Rodolfo Pallucchini Non si tesserà mai abba stanza l’elogio di quei soprintendenti che, consapevoli della loro missione, si prodigano, con i modesti mezzi di cui dispongono, nel conservare il nostro patrimo nio artistico, promuovendo restauri che non solo salva no le opere, ma ne rinnova no la lettura. La signora Augusta Ghi diglia Quintavalle, che so printende al patrimonio ar tistico di Parma dopo aver promosso il restauro della cupola affrescata dal Cor reggio a S. Giovanni Evan gelista, con resultati sorpren denti per la riscoperta del colore originario, ha affron tato il problema della con servazione degli affreschi gio vanili del Parmigianino, sia nella stessa chiesa, sia nella Rocca di Fontanellato. Que sti ultimi non solo appari vano spenti dal salnitro e parzialmente alterati dai ri facimenti del Sei e dell’Otto cento, ma erano minacciati dall’umidità, che li corrode va inesorabilmente. Affrontare tale restauro significava assicurare l’esistenza di un mirabile ciclo, e, con la pru dente pulitura, restituire alla esegesi critica e al godimento di tutti un testo pittorico tra i più affascinanti del manie rismo. Il risarcimento della decorazione di Fontanellato si completa con quella, non me no importante, di alcune cap pelle di San Giovanni Evan gelista, pure degli inizi della attività dell’artista, prima cioè della sua partenza per Roma nel 1524. La Ghidiglia Quintavalle ha voluto completare la let tura di testi pittorici giova nili dell’artista, restaurando la pala con lo Sposalizio di Santa Caterina della Par rocchiale di Bardi; anche in questo caso i resultati sono felicissimi. La studiosa ha voluto poi trarre le conse guenze critiche delle delicate operazioni di ripristino in un volume suntuosamente edito dalla Cassa di Risparmio di Parma (Gli affreschi giova nili del Parmigianino, testo di A. Ghidiglia Quintavalle, con 50 tavole a colori e 53 in nero). Il fotografo Bruno Vaghi merita pure una cita zione per la sensibilità con la quale ha fissato la tecnica pittorica parmigianinesca, do ve al buon fresco si sovrap pone la tempera « con effet ti di tratteggio, di macchia, di puntinato » che imprimo no alla superficie pittorica una vibrazione materica. Particolare cura ha impiega to l’editore Amilcare Pizzi nella stampa. Gli affreschi di San Gio vanni Evangelista, con varie coppie di Santi e Sante illu sionisticamente disposte den tro nicchie, e con San Vitale che trattiene il cavallo, offro no nello spazio di pochi anni un diagramma della prensile sensibilità in formazione del Parmigianino, che, pur muo vendosi nell’ambito correggesco, si accende delle vampa te del Beccafumi, come giu stamente ricorda la autrice, trasmessegli sui palchi della stessa chiesa, da Giorgio Anselmi, reduce da Siena; più tardi, nel San Vitale che trattiene il cavallo, e sem bra voler uscir fuori della parete, accetta le straordi narie invenzioni formali sfog giate dal Pordenone negli af freschi del Duomo di Cre mona, del 1520. Come ha os servato lo Hauser, la lezio ne pordenoniana riesce uti le al Parmigianino proprio per « la dissoluzione dell’uni tà, dell’equilibrio e dell’omo geneità classica ». La decorazione ad affresco di un piccolo ambiente della Bocca di Fontanellato conclu de il momento iniziale del l’arte del Parmigianino; tale ambiente era adibito forse ad una « stufetta », come si diceva allora, cioè era il ba gno di Paola Gonzaga, la gio vane moglie del proprietario della rocca, il Conte Galeaz zo Sanvitale (così suppone la Ghidiglia Quintavalle per via dello specchio tondo in rame incastonato in mezzo al soffitto). Il Parmigianino in tale decorazione s’era ispira to a quella affrescata qual che anno prima dal suo mae stro, il Correggio, nel tinel lo della badessa Giovanna Piacenza, nel convento di S. Paolo a Parma. Anche a Fontanellato un pergolato di verzura copre le vele, ter minando con una siepe di rose al di là della quale s’apre il cielo; deliziosi putti si le vano sui capitelli pensili, reg gendo in pose sinuose festo ni di frutta, fronde, grappo li d’uva, ignari del tragico evento narrato nelle lunette sottostanti: Diana, sorpresa al bagno da Atteone, lo tra sforma in cervo affinché sia sbranato dai cani. Se da un lato il Parmigia nino a Fontanellato sembra rendere omaggio al Correg gio della Camera di S. Pao lo, assumendo in prestito la struttura decorativa del per golato e lo spunto tematico relativo a Diana, se ne al lontana poi come resultato di stile. Negli affreschi di Fon tanellato, pur nella loro fre schezza immediata, v’è una presa di posizione espressi va più sottilmente « manie rata » e patetica, in confron to del gusto correggesco, tanto più naturale ed espan sivo. Si avverte come il Par migianino decanti la sua ispirazione in una medita zione più sottile ed elegante dell’immagine, che si costi tuisce con una preziosità di accenti sostitutiva della sen sualità dionisiaca del Cor reggio. Nasce un nuovo sen so della bellezza femminile: il Parmigianino interpreta il nudo in funzione di un suo ideale di flessuosa eleganza, imprimendo alle figure una carica di ambigua sensualità. Nel recupero critico della «civiltà dei manierismo », al quale la storiografia italiana ha recato in questi ultimi decenni il suo valido contri buto, la personalità del Par migianino va assumendo una posizione sempre più di rilie vo, non solo per i resultati conseguiti nella sua breve car riera, ma anche come inven tore di una particolare esteti ca figurativa, che ha fecon dato il divenire di tanta par te della pittura italiana ed europea. Se esplosiva appare la contestazione degli ideali del Rinascimento, che si vie ne affermando in Toscana con il Pontormo, il Rosso ed il Beccafumi, se non meno ever siva e moralmente impegnata, come intuì una cinquantina d’anni fa il Dvorak, è la cor rente di gusto che da Miche langelo, tramite il Tintoretto, si conclude col Greco, oggi non meno importante si evidenzia il suggestivo in canto di quella eleganza ma nierata ed astratta che il Par migianino diffonde dall’Emi lia in terra padana, da Cre mona a Venezia: essa penetra mediante Francesco Salviati nell’ambiente romano; nutre il nuovo canone di bellezza femminile stabilito dal Pri maticcio nella stanza della Duchessa d’Etampes a Fontainebleau; diviene sigla stra vagante nei neerlandesi della scuola di Utrecht e di Haar lem; infine accende la fan tasia dei pittori operanti alla corte di Rodolfo II, a Praga.
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