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PITTURA: I MAESTRI: Equivoci simbolisti

26 Agosto 2013

di Guido Ballo
[dal Corriere della Sera”, domenica 7 dicembre 1969]

Ho rivisto, nelle sale dell’Orangerie a Parigi, le grandi Ninfee di Monet. Con queste opere Monet, nel mo ­do più alto, fa superare il vecchio dissidio tra impres ­sionisti e simbolisti: per ­ché porta l’impressionismo allo stato d’animo più liri ­co, con segreti viaggi verso l’interno, senza rinunziare alla vibrazione del colore, al fluire delle pennellate, alle ombre colorate. Ma il sim ­bolismo, propriamente det ­to, nelle arti visive si muo ­ve in un’altra zona, più men ­tale, di sottili artifici: le ambiguità, le fughe psichi ­che, le atmosfere intellettua ­listiche, cariche di equivoci, ci affascinano ormai un po’ tutti, suscitando in noi in ­quietanti richiami. C’è però un fatto: tali equivoci trop ­po spesso non sono soltanto motivo d’arte, restano equi ­voci anche nei risultati.

Questa convinzione in me si è accentuata dopo l’interessante mostra, Il sacro e il profano nell’arte dei simbolisti, tenutasi la scorsa estate alla Galleria d’Arte Moderna di Torino e oggi ospitata, con qualche varia ­zione, dal Museo di Toron ­to in Canada: Luigi Carluccio, che dopo il successo del ­la precedente rassegna sur ­realista ha curato tutta l’an ­tologia, può essere soddi ­sfatto. In realtà, chiunque affronti certi fondamentali problemi della cultura arti ­stica del nostro tempo, do ­vrà fare i conti, prima o dopo, con l’apporto del simbo ­lismo: personalmente, più di dieci anni fa, quando cercavo di approfondire l’esa ­me di tutto il clima futuri ­sta per la monografia, col catalogo delle opere, di Boc ­cioni (edita dal Saggiatore), mi trovai davanti alla più aspra condanna del simbo ­lismo, gridata dai futuristi; ma ebbi modo presto di do ­cumentare che le radici simboliste, con la tendenza a un’arte mentale, antinatu ­ralistica, non solo si erano sviluppate proprio in Boc ­cioni e in altri futuristi, ma avevano inciso sullo sviluppo di quasi tutte le avan ­guardie: dall’astrattismo di Kandinsky all’espressioni ­smo, alle origini della pit ­tura metafisica legata a Bòklin; al dadaismo, al sur ­realismo, a diverse altre ten ­denze, anche recenti, incon ­cepibili senza le premesse simboliste.

Azione culturale

Una cosa è però l’azione culturale, un’altra il supe ­ramento di certi equivoci: l’azione culturale del sim ­bolismo è profonda; per i risultati d’arte, nei limiti della tendenza (che non sempre può distinguersi dal decadentismo, da cui deri ­va) occorre distinguere. Per esempio, la « posa » delle fi ­gure nei preraffaelliti resta spesso atteggiamento, artifi ­cio, che non si risolve nella concretezza dei mezzi pitto ­rici: c’è, è vero, la tenden ­za a un certo linearismo sinuoso con inquadrature an ­che nuove, ma non sempre è superato il dissidio tra motivo letterario, posa, e mezzi visivi. Questo dissidio si nota ancora oggi in Ros ­setti e in quasi tutte le com ­posizioni degli altri preraf ­faelliti. Il simbolismo di Munch, no: specialmente per la grafica, si concreta nei ri ­chiami degli spazi, negli scuri che, in concordanza col motivo, evoca ­no l’attesa angosciosa, il sen ­so di morte, la tragedia del ­l’uomo; diventa cioè «tessu ­to visivo », e precorre l’e ­spressionismo. Gauguin non sempre ottiene risultati pla ­stici: il suo colore è suggestivo; per la sintesi larga delle superfici evoca stati d’animo, ma l’immagine di Gauguin non sempre ha la forza unitaria degli interni richiami spaziali: c’è un fondo letterario, che si ri ­scatta solo nelle immagini quasi da naif (e non a caso influisce su certi pittori can ­didi, o finti candidi, co ­me il Doganiere). Gusta ­ve Moreau supera l’artificio della posa e il com ­piacimento culturale nei vivissimi fogli, che arricchi ­scono il Museo Moreau a Pa ­rigi: qui colori e segni pit ­torici acquistano una libera concretezza di mezzi visivi, tanto da precorrere certe soluzioni informali, pur essen ­do sempre figurative. Il dissidio di Klimt è tra gli ara ­beschi astratti, che vorrebbero invadere tutta l’immagine, e l’espressività tridimensiona ­le dei corpi delle figure: ta ­le contrasto, di origine let ­teraria, è da lui superato solo in alcune opere, per esempio nei cartoni Stoktet di Bruxelles.

Le « Ninfee »

I disegni di Bearsdley, pur al limite sempre di una eleganza distaccata, si risolvono invece unitari nei puri mezzi lineari e il Redon grafico è coerentissimo e già presurreale. Il nostro Previsti (e me ne ha dato conferma la recente mostra al Museo di Ferrara) non supera invece il dualismo: se ne era accorto Boccioni, che pure lo ammirava: Previati vorrebbe essere nuovo, e usa una tecnica divisioni ­sta, ma resta un peso per lui la cultura da museo; non fa vivere nella concretezza dei puri mezzi visivi l’im ­magine, che diventa spesso artificiosamente letteraria.

Ecco perché, dal punto di vista della coerenza del tes ­suto pittorico, oltre Munch, Redon, Ensor, proprio il Monet delle Ninfee diventa il più profondo, poetico sim ­bolista: non ci sono equi ­voci, tutto si risolve nel ver ­so delle pennellate, nella lo ­ro intensità, che evocano stati d’animo attraverso i valori dei blu, dei verdi, dei rosa e dei viola, con le più sottili variazioni.

Su questa strada della concretezza dei puri mezzi visivi si svilupperà l’arte del nostro secolo, fino al surrealismo e alla pittura di azione: ne sono un esem ­pio gli Stati d’animo di Boc ­cioni, che sono simbolisti, ma si attuano nella dinami ­ca del segno pittorico spez ­zato, in un tessuto cioè pu ­ramente visivo.


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