PITTURA: I MAESTRI: Goya, pittore di tre secoli9 Maggio 2015 di Lorenzo Bocchi Parigi, 11 ottobre. Sul terrapieno dei giardini delle Tuileries si forma ogni mattina una « coda » impressio nante per regolarità e lunghez za. E’ quella dei candidati alla visita dell’esposizione su Goya allestita all’Orangerìe, insensibi li alle bizzarrie del cielo, al passar delle ore, alla prospetti va di ammirare le sessanta tele miracolosamente riunite, a con tatto di gomito con gli altri. E’ il « successo » della stagione artistica di Parigi. Esso è dovuto a diversi fattori: c’è la possibi lità di vedere tele mai o rara mente esposte al pubblico (il voyeurisme del nostro tempo è sempre più manifesto) ma c’è anche l’universalità dell’ultimo grande pittore del secolo dell’Il luminismo. C’è, in particolare per i francesi, il legame di Goya con la Francia (l’immagine spie tata da lui tracciata dell’inva sione napoleonica in Spagna, il suo esilio e la sua morte al di qua dei Pirenei, l’incontestabi le influenza da lui esercitata sui più grandi pittori francesi del XIX secolo); ma c’è anche l’eccezionale avventura di un artista che ha vissuto come un dramma personale la storia del la società alla quale appartene va. C’è persino la carica con testataria di un’opera molto meno conosciuta, in pratica, del nome del suo artefice. I critici hanno trovato in Go ya il punto di partenza di tutti i grandi movimenti di rinnova mento successivi: l’impressioni smo, il fauvismo, il realismo, l’espressionismo, il surrealismo, su su fino all’astrattismo e al l’informale. Hanno ricordato l’annotazione di Prosper Mérimée: « Goya metteva a caso i colori sulla tavolozza e quando aveva trovato una serie di toni di suo gusto, il quadro era fat to. Avrebbe fatto meglio se aves se lasciato delle macchie di co lore senza cercare di farne del le figure ». Altri finiranno per farlo al suo posto. La pittura liberata da Goya divorerà il sog getto per poi divorare se stessa. « Noi viviamo oggi la fine di un processo artistico messo in moto da Goya » ha concluso Pierre Schneider. Ma al di là delle sottili e complicate esplorazioni degli specialisti, dalle quali il pub blico è ovviamente tagliato fuo ri, il grande polo d’attrazione è costituito dalla grandezza, dal la veemenza, dalla tecnica e dal la poesia di un artista che ha vissuto ben più degli ottantadue anni trascorsi dalla sua nasci ta a Fuendetodos nel 1746 alla sua morte a Bordeaux nel 1828, in quanto costituisce il trait- d’union di ben tre secoli. L’esposizione dell’Orangerie, anche se limitata alla sola pit tura, segue tutto l’arco di que sta lunga avventura. Il primo periodo è quello dell’ascesa del povero provinciale che, arriva to a Madrid, deve lottare per far riconoscere i propri meriti, accettare umiliazioni e insucces si (la borsa dell’Accademia rea le di San Fernando negatagli nel 1763, la nuova bocciatura al concorso di tre anni dopo, l’inutile invio del quadro al con corso dell’Accademia di Parma nel 1771), adattarsi a dipingere come tutti gli altri, seguire l’in segnamento accademico dell’on nipossente Francisco Bayeu, il pittore del re, e sposarne la sorella Maria Josefa, per ricevere finalmente nel ’75 la prima or dinazione (i « cartoni » degli arazzi di Santa Barbara), esse re eletto cinque anni dopo mem bro dell’Accademia di San Fer nando e, nell’ ’86, pintor del rey. Il secondo periodo è quello della rivincita di chi ha fatto anticamera e la fa fare agli altri, del genio finalmente ri conosciuto, messo in orbita dal la duchessa d’Osuna, la regina mondana di Madrid diventata sua protettrice. E’ giunta per Goya l’ora dei successi econo mici (50.000 scudi di rendita fissa all’anno più la « profes sione privata », come si direbbe oggi), sociali (la particella no biliare inserita tra Francisco e Goya), amorosi (le più belle e più potenti dame ai suoi piedi o fra le sue braccia). E’ il pe riodo dei ritratti e dei « capric ci ». Goya dipinge i «grandi » come sono, come li vede da vi cino, con tutti i loro vizi e le loro miserie che nessuna pom pa può camuffare E dipinge, senza alcuna maschera, le mille smorfie della commedia spagno la. Tutte le sue opere conten gono critiche aperte ai nobili, ai potenti, ai ricchi, agli inqui sitori, simili a quelle che i suoi amici Melendez e Jovellanos pubblicano sui giornali. 1808: i soldati di Napoleone invadono la Spagna. Goya ha sessantadue anni. Solo e sordo, si getta perdutamente nel la voro. La morte ha cominciato la mietitura fra i suoi. Gli avve nimenti provocano altre rovine fra le sue illusioni di fervente illuminista I francesi che era no apparsi come liberatori, mes saggeri della grande catarsi ri voluzionaria nella cittadella del l’oscurantismo, capaci di fare compiere alla Spagna il grande salto dal Diciassettesimo al Di ciannovesimo secolo, si rivelano degli oppressori. Se il Paese ufficiale si piega, aristocratici ed intellettuali in testa, il po polo si ribella. Goya esita ma finisce per reagire. E’ il periodo degli « orrori della guerra » (un « Guernica » con centoventicinque anni di anticipo su Picas so), della tela che rievoca la ri volta del popolo madrileno con tro le truppe di Murat il 2 mag gio 1808 e di quella sull’esecu zione dei rivoltosi il giorno suc cessivo. Il 24 maggio 1814 Ferdinan do VII rientra trionfalmente a Madrid. Goya viene messo fuori causa nell’inchiesta sulla « pu rificazione » (più tardi si dirà « epurazione ») ordinata alla fine dell’occupazione napoleoni ca, ma deve vedersela con l’In quisizione a proposito della « maya » vestita e nuda. E’ sem pre considerato il più grande pittore del suo tempo, ma è quasi in disgrazia. « Dovrei farvi impiccare, ma voi siete un gran de artista » gli dice il sovrano tornato con i suoi privilegi feu dali, i suoi inquisitori, i suoi processi, i suoi boia. E’ una grossa delusione. Si stava me glio quando si stava peggio: me glio nella Spagna occupata che in quella liberata. Quando, nel 1824, si verifica una seconda reazione, ancor più dura della prima, Goya si allontana dal suo Paese, sotto il pretesto di cure termali a Plombières. Si stabilisce invece a Bordeaux, dove si spegnerà quattro anni dopo, alle prime ore del 16 aprile, di paralisi. L’ultimo suo sguardo sarà per il tanto amato nipote Mariano: il ritratto di Ma riano Goya è quello che chiude la bella esposizione dell’Orangerie. Letto 2180 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||