Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

PITTURA: I MAESTRI: Le grandi stagioni di De Chirico

13 Febbraio 2012

di Franco Russoli
[dal “Corriere della Sera”, domenica 26 aprile 1970]

A ottantadue anni, Giorgio De Chirico ha la prima vera mostra antologica della sua attività: dipinti, scultu ­re, opera grafica, e, conside ­rando quanto pubblicato nel catalogo, poesie, romanzo, scritti critici, memorie. Per la prima volta i diversi aspetti e momenti del suo lavoro sono raccolti insieme, attra ­verso esempi significativi, senza le distinzioni, le omis ­sioni, le scelte tendenziose e polemiche che, per volontà sua o di altri, hanno sinora caratterizzato le mostre pre ­cedenti. A Palazzo Reale di Milano non si vede soltanto il « primo » o soltanto « l’ul ­timo » De Chirico, non si dà una scelta secondo l’interpre ­tazione della « metafisica » offerta dai critici o secondo l’interpretazione che egli stes ­so violentemente sostiene in lotta con loro. Si propone il più obiettivamente possibile l’arco intero del suo percor ­so, nella certezza che è co ­munque il percorso di una delle più grandi personalità dell’arte moderna, e che è quindi necessario conoscerlo in ogni suo periodo e mani ­festazione.

La sala in cui sono riuniti gli autoritratti, che apre e chiude la visita della mostra, è in tal senso emblematica: lo specchio delle ostinazioni e protervie, delle malinconie e sogni, delle ironie e nostal ­gie di un poeta che prende orgogliosamente e impietosa ­mente la propria immagine a oggetto di verifica di un giu ­dizio sulle umanistiche virtù e sulle fisiche servitù dell’ar ­tista.

IL FIGLIO DELL’INGEGNERE

De Chirico è nato a Volos, in Tessaglia, in una torrida giornata del luglio 1882. Suo padre era ingegnere in una ditta italiana che costruiva linee ferroviarie in Grecia: morì nel 1905. Fino ad allora i ragazzi De Chirico (Giorgio e il fratello minore Andrea, cioè il geniale musicista, scrit ­tore e pittore noto come Al ­berto Savinio) vissero tra Volos e Atene. I templi e le stazioni, le piccole locomotive fumanti e le statue abbando ­nate tra modesti amorfi edi ­fici, i personaggi, i costumi, gli oggetti di un decoro bor ­ghese ottocentesco, le distese della calcinante luce medi ­terranea che blocca nella so ­spensione inquietante del ­l’eterno e dell’infinito le ap ­parenze domestiche quotidia ­ne, furono il repertorio di oggetti e di sensazioni, la mi ­niera dell’infanzia cui sem ­pre ha attinto il sentimento e la poesia di De Chirico. In fondo, il vecchio « pictor optimus » che si paluda in pan ­ni rubensiani e che canta la natura e il mito nella scro ­sciante sinfonia di colori e forme emulsionati, rivela lo stesso atteggiamento di mera ­viglia e di appassionata com ­petizione verso la grande pit ­tura, che aveva il bambino impegnato a copiare, nei ric ­chi saloni borghesi della casa di Volos, le stampe delle riviste illustrate.

Alla morte del padre, i gio ­vinetti partirono con la ma ­dre per Monaco, dove avreb ­bero perfezionato gli studi di musica e di pittura. Le piaz ­ze d’Italia intraviste nel viag ­gio, la Greciaclassica e la Firenzerinascimentale rico ­struite con allucinante eclet ­tismo storicistico nella città tedesca, confermarono la ri ­velazione del valore « metafi ­sico » della realtà quotidiana in De Chirico. Il tempio po ­teva prender l’aspetto e la funzione dì una stazione fer ­roviaria, e viceversa, e la sta ­tua del dio e dell’eroe mito ­logico era la stessa cosa del monumento all’ingegnere, al gentiluomo borghese. L’Olim ­po, era la casa dei genitori, Zeus era il Padre. Quanto fruttassero, su questo terre ­no, i semi della cultura tede ­sca, da Schopenauer a Weininger a Nietzsche, dai Na ­zareni a Boecklin e Klinger, è facile immaginare. De Chi ­rico incarnò la nostalgia cul ­turale dell’antico e del clas ­sico nelle strazianti immagi ­ni rivelatrici dì una attuale condizione umana di estra ­neità.

L’ENIGMA DELL’ORA

Dalle mura e gli archi della Germania avvelenata dalla nostalgia di Dioniso e di Apollo, a quelli della classi ­cità italica « a nuova vita re ­stituita » dal presuntuoso de ­coro umbertino, sino ai nuovi misteri di Parigi: nel 1911 la Ville Lumièreappare a De Chirico, ed è trasformata dal suo romanticismo ipocondria ­co in un fantomatico assem- blage di insegne di negozi, di giocattoli, di grandi orolo ­gi, di furgoni da trasloco, do ­po un periodo di evocazione ancora di piazze desolate, di portici in fuga attorno alla solitudine di statue e di fon ­tane. Gli oscuri simboli di una malinconia metafisica nascono dalla sconsolata con ­templazione di rue Campagne Première, o della vecchia sta ­zione Montparnasse. L’oraco ­lo greco ha indicato lo scoc ­care dì un’ora sul quadrante del tempo interiore. I filosofi, i matematici, i poeti, sono eroi di pietra, e maschere e manichini che indagano ì se ­greti dell’essere tracciando numeri e linee di oscuri teo ­remi sulla ardesia del sub ­conscio, che tentano enigma ­tiche equazioni tra il passa ­to e il presente.

LE MUSE INQUIETANTI

Assorto in queste magie, nel ­la costruzione di un palcoscenico prospettico sul quale in ­nalza scenografie di miraggi e nel quale muove le tragiche marionette di una sempre as ­surda « commedia umana », De Chirico non presta orec ­chio ai frastuoni dell’avan ­guardia. Frequenta indiffe ­rente e ironico i salotti del ­l’intellettualità, le mostre do ­ve si combattono le battaglie per un linguaggio moderno. Sa che parole e sintassi an ­tiche, immagini e forme tra ­dizionali possono comporsi in messaggi di significato prodi ­giosamente nuovo, di attuali ­tà terrificante. Ha gli occhi rivolti all’interno del volto dell’uomo: al dinamismo pla ­stico sostituisce la vita silen ­te delle cose folgorate nel ­l’immobilità dell’apparizione, al cubismo e al costruttivi ­smo le immagini emblemati ­che della vita dell’uomo-pit ­tore, le squadre, i righelli, le cornici, le sagome per le mo ­danature, i manichini. Ispi ­rato dalle sue Muse inquie ­tanti, crea, nell’olimpo meta ­fisico di Ferrara, chiuso ai fragori della guerra, quegli « dei ortopedici » che, irrisi da altri spiriti ansiosi di for ­me pure e di valori plastici, restano tra i più profondi e profetici simboli pittorici del nostro tempo.

PICTOR CLASSICUS

Il ritorno all’ordine che, nel primo do ­poguerra, fece tornare nelle Accademie e per i viottoli di campagna tanti attivisti del ­la distruzione dei Musei e della propaganda antinatura ­listica â— incendiari che in ­fine rivelarono la loro vera indole di pompieri â— non po ­teva minare la poesia di De Chirico. I suoi omaggi a Raf ­faello come a Dosso Dossi, a Poussin come a Courbet e Renoir, le sue passeggiate ar ­cheologiche per le ville roma ­ne e fiorentine, avevano co ­me guida lo stesso spirito am ­biguo e ironico, la stessa vi ­sionaria psicologia di nostal ­gia classica mitteleuropea, che erano state il fulcro del ­la sua fantasia « metafisica ». E certe figure che elefantizzavano il canone classico, cer ­te atmosfere cromatiche acer ­be, come di luce marmoriz ­zata, rivelano un atteggia ­mento mentale di continua demitizzazione dell’antico, che è paragonabile soltanto a quello contemporaneo di Pi ­casso. Fu ciò che non com ­presero i letterati surrealisti, da Breton ad Aragon, ma che non sfuggì all’acume di Cocteau né ai pittori surrealisti (Ernst, Tanuy, Magritte, Dali) che, tutti, si riconobbero debitori di De Chirico.

EBD0MER0S

Nel 1929 De Chirico pubblicò un romanzo, in lingua francese: Ebdomeros. Persi ­no gli inveleniti pontefici del Surrealismo ne riconobbero la genialità: eppure le stesse qualità poetiche, lo stesso mondo magico e stralunato, patetico e meditativo, che ammiravano nel libro, viveva nei quadri che essi condan ­navano. Fermi alle apparen ­ze letterarie dell’armamenta ­rio delle figurazioni della pri ­ma « metafisica », non ricono ­scevano, in queste immagini paradossali di scene e ogget ­ti di vita quotidiana (mobi ­lio di case borghesi, bagni pubblici domenicali, gruppi di bravi cittadini infagottati nel ­le loro vesti moderne), oppu ­re nella grottesca deforma ­zione da basso impero delle immagini auliche di gladia ­tori, di guerrieri, e dei fregi fidìaci di cavalli, la stessa vio ­lenza dissacratoria e « inquie ­tante » dei fantasmi metafi ­sici. E gli archeologi dalla te ­sta d’uovo che esponevano le loro viscere di templi e co ­lonne, le poltrone e gli ar ­madi abbandonati alla dispe ­rata irrisione del confronto con la celestiale armonia dei templi nella indifferente se ­renità dello stesso paesaggio, e tutti gli altri simboli della condizione dell’Eroe imprigio ­nato nella banalità, e del ba ­nale annidato in ogni mito, sono espressi in una pittura che ha la pacata morbidezza, la luminosa vibrazione di una superiore serenità contempla ­tiva.

PICTOR OPTIMUS

Forse fu proprio questa incomprensione che spinse De Chirico a sfi ­dare sino in fondo gli « in ­tellettuali », gli addetti ai la ­vori, a correre il rischio di affidare la sua visione « me ­tafisica » soltanto alla qualità del mezzo pittorico, senza ap ­poggio di strutture simboli ­che. Una pittura che plagia la bella pittura convenziona ­le, e i suoi temi oleografici, sino alla sublimità del grot ­tesco. E questo con grande esibizione di alterigia messia ­nica, di disprezzo per le più valide testimonianze dell’arte moderna. Una tragi-commedia giocata sino in fondo, e senza ammicchi, senza alcu ­na allusione che possa far so ­spettare che si tratta, ancora, di ironia metafisica. Se non fosse, ogni tanto, il balenio della vera pittura.

MA JEUNESSE ANTIQUE

Ma, negli ultimi tempi, Eb ­domeros è tornato sempre più spesso, nella circumnavigazio ­ne della sua camera pittori ­ca, a sognare le antiche vi ­sioni sui lidi della memoria. Rivivono gli dei e gli eroi manichini, le fantomatiche sagome nere delle sacre om ­bre, il sole e la luna allun ­gano i loro raggi sino nelle stanze borghesi dove nacque ­ro gli enigmi dell’infanzia. E tutto è materiato in un co ­lore tenero, opalescente, come di una evocazione commossa e trepida, che non muove al ­l’inquietudine, ma invita a seguire il grande, vecchio Maestro, nella sua poetica nostalgia.


Letto 1993 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart