PITTURA: I MAESTRI: Ricordiamoci di Fontana30 Aprile 2016 di Guido Ballo Un anno fa, nel settembre, ci lasciava Lucio Fontana: la città di Milano, a parte qualche piccola mostra in gallerie private, non ha sentito ancora il bisogno di ri cordarlo in una grande rassegna; lo presenterà il Mu seo di Torino, lo presenteranno altre città, anche all’este ro, ma il Comune di Milano, dopo tante promesse per una politica culturale attiva, non fa nulla. Una proposta è stata fatta dalla commissione, chiamata con intelli genza da Ripa di Meana, presidente dell’Ente del turi smo; Fontana dovrebbe essere presentato in tutto il cli ma dello Spazialismo. Ma resta una proposta ancora va ga, perché bisogna fare un calendario delle mostre in accordo col Comune; e il Comune, anche se il sindaco Aniasi ha fatto tante promesse di rinnovamento cultu rale, affermando che avrebbe sentito il parere degli espo nenti dell’arte, della critica, della cultura, ancora non si muove per un vero rinnovamento degli strumenti cul turali. C’è purtroppo da vergognarsi, quando si è in altre cit tà italiane o all’estero, e ci domandano: « Ma a Milano che cosa fate di vivo, quali mostre, quali programmi ave te in cantiere? ». Da anni Milano non fa niente, per le arti; e chi ama davvero questa città, che è stata la pri ma, nel dopoguerra, a svolgere un’azione di apertura verso il grande pubblico (le rassegne del Caravaggio, di Picasso, di Van Gogh, di Rouault, di Modigliani e molte altre si ricordano ancora come si trattasse di un’altra Milano, ormai scomparsa), non può non sentire pena per tanta inerzia. Il Comune trovi finalmente il modo di far funzionare la Galleria d’Arte Moderna fin da oggi, con la nomina di un direttore stabile (perché non si bandi sce il concorso?), si ritorni agli incontri con tutto il pubblico, il quale risponde sempre, se si fanno le cose bene. L’iniziativa privata tiene alto il prestigio di Milano: ma non basta, anche al Comune i responsabili debbono svegliarsi. Questo discorso diventa necessario ricordando Lucio Fontana: che è stato il tipico milanese (anche se nato in Argentina), aperto ai valori internazionali, generoso, in stancabile, candido nel fondo e soprattutto geniale. Dob biamo essere orgogliosi, qui a Milano e in Italia, di Lu cio Fontana: perché è un esempio in cui l’uomo e l’arti sta si corrispondono senza equivoci, nel modo migliore. Per ricordare l’uomo, basti solo questo: quando un gio vane di talento faceva una mostra â— una prima mostra â— e non c’era nessuno nella galleria e tutto sembrava vuoto, squallido, arrivava Fontana col suo sorriso d’in coraggiamento e comprava sempre un’opera. La sua rac colta è stata generosa, ma anticipatrice: bisognerebbe esporla ancora come esempio di collezionismo aperto. Io ho conosciuto bene Lucio Fontana, eravamo amici da molti anni: era uomo senza invidie nel modo più assoluto. Eppure non dimenticava gli anni in cui le sue opere nuove non le voleva nessuno. Mi diceva, acceso ma senza astio, nel silenzio del suo studio in corso Monforte, che dava sul giardino: «Vedi, la gente crede che sia soltanto chiasso, provocazione, cre de che sia facile fare un’opera con un taglio, così, con dei buchi, ma guarda, questi sono tutti quadri scartati, non mi sono riusciti, li distruggo ». Era però profonda mente ottimista (anche in questo si rivelava milanese). Quando iniziò la serie dei Concetti spaziali, era già scultore famoso, ormai richiesto in un certo mercato: avrebbe potuto continuare su quella strada, con più im mediato successo. Ma amava rinnovarsi, non era per l’i nerzia della ripetizione: era pronto a riprendere le deco razioni dei soffitti, in gesso e in stucco, pur di restare li bero. Aveva già fatto così nei momenti in cui non riu sciva a vendere le sue sculture a gran fuoco. Ora, dopo il ’48, dopo il « Manifesto bianco » sullo Spazialismo, da lui creato nell’immediato dopoguerra, non abbandona l’at tività plastica, né ha timore del generico contrasto tra figurativo e astratto: il bozzetto per la Porta del Duomo di Milano è stupendo, resterà nella storia dell’arte. Ma Lucio sentiva la necessità di esprimere in modo più diretto questo nostro mondo di consumo, dove tutto è provvisorio, diviene, si trasforma: era preso dagli spazi cosmici, dai viaggi interplanetari, sentiva per istinto la relatività dello spazio. Non era affatto un cerebrale, ma una forza, un creatore della natura, con fantasia vitalistica: l’attività di scultore lo porta a rompere anche la superficie della tela, che acquista così, attraverso il se gno-gesto, attraverso i buchi, gli strappi, i tagli, effetti suggestivi di luce e di ombra, dove il colore diventa su perficie netta, come un muro. Non c’è mai in Fontana tristezza o ambiguità, c’è l’amore per la vita, la vita del gesto, (che tra l’altro ricorda il gesto di chi stucca, taglia, incide) con un mestiere prestigioso, riscattato dalla più viva fantasia. Ecco dunque la serie dei Concetti spaziali, anche in masse sferiche di materia pesante, violentata da tagli e con effetti lunari, oggi ricercatissimi non sol tanto in Europa. Ma quando doveva allestire l’ultima sala alla Biennale di Venezia, dove gli fu assegnato il grande premio, mi disse; « Che ne pensi, vorrei presenta re un’opera sola, anche piccola, perché ciò che conta è l’idea ». Aveva ragione: il valore dell’idea-gesto, oggi esaltata nell’arte concettuale, fu già sentito da Lucio Fontana prima di altri: ma se si vedono molte sue opere in una vasta antologia si può meglio seguirne la coerenza e lo sviluppo fantastico: perché superò i limiti di figurativo e astratto, di pittura e scultura, creò un linguaggio nuo vo, di valore internazionale (fin dal ’32 produsse opere astratte, già spazialiste). precorrendo la pittura-oggetto e anche l’environment, attraverso le luci-segno, ambien tati nello spazio; è insomma il più geniale artista d’avan guardia di questi ultimi venti anni in Italia. Milano deve ricordarlo al più presto in una grande mostra.
Letto 1104 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||