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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

STORIA: I MAESTRI: Giovanna II, regina di Napoli

6 Aprile 2009

di Giuliano Zincone
[dal “Corriere della Sera”, domenica 9 marzo 1969]  

Nell’estate del 1414 una si ­gnora di quarantatré anni prese il posto del feroce La ­dislao alla guida del regno di Napoli. Quando divenne re ­gina, Giovanna II di Angiò-Durazzo s’intendeva molto d’amore e pochissimo d’armi: due decenni di governo, in pieno medioevo fiammeggian ­te, non servirono a farle mu ­tare questa dolce inclinazione.
Un libro di Alessandro Cutolo (Giovanna II – La tem ­pestosa vita di una regina di Napoli, ed. De Agostini, pp. 230, L. 1800) illustra con grande profusione di notizie e di particolari le disastrose conseguenze della regale inet ­titudine al comando.
L’autunno del medioevo si annunciava col ferro e col fuoco: bastavano mille lance a rovesciare un trono, basta ­va il prestito di una banca toscana per capovolgere le sorti di una guerra; condot ­tieri come Muzio Attendolo Sforza, Braccio da Montone, Niccolò da Tolentino, Jacopo Caldora, imponevano con la forza delle armi il diritto di chi li stipendiava; al balletto dei papi avignonesi, Roma contrapponeva pontefici di ferro, come il Colonna e il Condulmer.
Nel mezzo di questo ciclo ­ne, mentre esplodono le am ­bizioni dei suoi feudatari, la povera Giovanna non trova miglior partito di quello che le detta il cuore; ma gli amanti cui affida la propria persona si rivelano più im ­belli di lei, e per giunta asse ­tati di incamerare feudi e cariche lucrose alle sue spal ­le. Così Giovanna è costretta dalla ragion di Stato a la ­sciarsi decapitare un favorito dopo l’altro (il primo Pandolfello Alopo, lo catturano addirittura nel suo letto), mentre il marito, conte de la Marche, inetto in guerra e incauto nei complotti, passa con vertiginosa caduta dal trono alla prigione e all’esilio.
Il trono di Giovanna (e la sua stessa vita) fu, per vent’anni, la posta di un gioco cui presero parte le princi ­pali potenze dell’epoca, dai papi feroci al duca di Mila ­no, da Luigi III d’Angiò ad Alfonso d’Aragona. E la re ­gina, sempre debole e inde ­cisa, si dibatté nelle morse formidabili non opponendo che deboli espedienti all’im ­perioso potere delle armi. Il suo capolavoro, in questo campo, si compì nel 1423, quando rinnegò l’adozione concessa ad Alfonso d’Arago ­na, proclamando « figlio ed erede », in sua vece, Luigi III d’Angiò.
Il libro di Alessandro Cutolo pullula di personaggi co ­lossali, sullo sfondo di capi ­tali rivolgimenti politici e di fatti d’arme fragorosi. Nella seconda parte del volume la figura della regina passa, giu ­stamente, in secondo piano, e lascia il campo alle lunghe, cruente contese che condur ­ranno gli aragonesi sul trono di Napoli, otto anni dopo la morte di Giovanna. Qui cam ­peggiano i ritratti dei con ­dottieri, i feroci complotti dei baroni, le sfrenate passioni e i tradimenti accesi dalla sete di potere. E il lettore può assistere all’impressionante successione di decapitazioni e scannamenti perpetrati in nome della giustizia e del ­l’onore.
Tra questi fatti, acquista nel libro una tragica eviden ­za epica la scena della morte di Braccio da Montone, scon ­fitto in battaglia (insieme col Baglioni e il Gattamelata) da Francesco Sforza e Jacopo Caldora; il condottiero, feri ­to al capo, è sotto i ferri del chirurgo. Ma lo Sforza, figlio di Muzio Attendolo e futuro signore di Milano, non ha pie ­tà per il nemico debellato: « Con la mano guantata di ferro – racconta Cutolo – diede un colpo su quella del cerusico, sicché la lama che doveva tentare l’estrema sal ­vezza di Braccio si trasformò nello stile che gli inferi il colpo mortale ».


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6 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 6 Aprile 2009 @ 13:38

    Ecco un altro bel regalo di Bartolomeo: un ricordo di Giovanna II ‘la Pazza’(a dire il vero ci fu anche un’altra Giovanna con tale soprannome, si tratta della Giovanna di Asburgo citata dal Carducci in una tra le sue Odi più significativa: Miramare).
    Il Regno che sotto Federico II era assurto a Stato più prospero e meglio governato di Europa, al punto di darsi un corpus di leggi tra i più avanzati, le famose Tavole di Melfi, alla fine del Duecento passa sotto gli Angiò. Questi regnarono con accortezza per tutto il Trecento, grazie all’appoggio dei Papi e, in seguito, all’incrocio dinastico con i Durazzo ungheresi. L’ultima esponente della casata Angiò- Durazzo fu proprio lei, questa inesperta e forse fragile sorella di Ladislao Durazzo. Si distinse per gli amori sfrenati, gli intrighi e la doppiezza, inimicandosi sia il Papa che i re Aragonesi, e precipitando nel caos il fiorente regno di Federico e poi di Carlo così ben descritto nelle novelle del Boccaccio. La leggenda vuole che la sete di sesso la inducesse a infilare nell’alcova i più bei guaglioni del popolo, facendoli sprofondare in una botola segreta dopo essersi saziata. Ma è una leggenda che va presa come tale, al più riecheggia quelli che dovettero essere alcuni tratti del suo carattere, nulla di più. Tant’è che questa donna dalla vita tormentata morì nel suo letto, pur senza aver risolto i problemi che affliggevano la dinastia. Con la sua morte, e a seguito di strenue lotte di successione, gli Angiò cedettero il passo ad Alfonso di Aragona. Con lui ha inzio un nuovo periodo di fioritura e la città assurge al rango di capitale europea (in proposito si ammiri la splendida Tavola Strozzi, di anonimo quattrocentesco, che ritrae una città serena e raccolta tra il Porto, le cento chiese e il Maschio).
    Alfonso e i suoi successori diedero forza allo Stato, promulgando nuove leggi e combattendo gli indocili Baroni dell’interno ( causa prima dei mali futuri del Mezzogiorno). Di questo slancio se ne giovò la Capitale. Furono spianate strade, costruite mura, acquedotti e soprattutto vennero incoraggiate le arti. La Corte divenne raduno di poeti e pensatori quali il Pontano, il Sannazzaro e gli aderenti all’Arcadia. Contrariamente a quanto si pensa il Maschio Angioino è in gran parte opera degli Aragonesi. Al suo ingresso spicca il famoso arco in marmo del Laurana,progettista dello splendido Palazzo Ducale di Urbino. E’ una delle opere in marmo più significative del Rinascimento.

    Carlo Capone

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 6 Aprile 2009 @ 14:54

    Carlo, non puoi immaginare la mia gioia nell’accorgermi che alcuni miei “ritrovamenti”, fanno emergere qualità raffinatissime in te. Speriamo di continuare a trovarne altri che solletichino la tua cultura. Grazie.

  3. Commento by Carlo Capone — 6 Aprile 2009 @ 17:51

    Grazie Bart, le sollecitazioni che provengono da ‘Parliamone’ acuiscono le mie curiosità culturali e la diversità di temi mi da sempre spunto per scrivere qualcosina.
    Come a te accaduto, questa cultura è il sedimento di una vita. Da sempre leggo saggistica letteraria e scientifica e narrativa. Iniziai in gioventù, liceo e anni universitari, con romanzi di ogni genere e provenienza, per poi virare negli anni 80 e parte dei 90 verso la saggistica.
    Il demone giovanile riemerse a fine millennio, durante gli anni di frequentazione di due scuole di scrittura in Milano (prima quella del Teatro Verdi, che era stata di Pontiggia e poi fu ed è di Laura Lepri, quindi i 5 anni del corso di Bruna Miorelli e Rosaria Guacci).
    Oggi che non scrivo più romanzi – ma in futuro chi sa, non si può mai dire- sono tornato alla saggistica, specie quella di carattere teleologico o scientifico. In particolare mi interessano le recenti teorie di fisica cosmologica sul fine ultimo dell’Universo ma anche i libri di confronto fra Scienza e Fede. E a proposito. Giovedì mattina sarò a Napoli. Pur essendo non credente quando vi arrivo nella settimana pasquale non trascuro mai di ‘fare i Sepolcri’ del Giovedì Santo. Io visito sempre il Sepolcro della Chiesa di Piedigrotta, così resto nella regola che prescrive di farne sempre in numero dispari.

    Prima di chiudere, una noticina. Appresi che hai in mente, quando deciderai di chiudere questa Rivista – spero il più tardi possibile – di lasciarla sul web come sito permanente di consultazione.
    E’ uno scopo nobilissimo, ti fa onore.

    Saluti

    Carlo

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 6 Aprile 2009 @ 19:58

    Oltre alle invidiabili conoscenze che possiedi, sai comunicarle con una bella scrittura.
    Buon viaggio a Napoli. Sai che se qualche volta ti andrà di tornare a trovarmi, mi farai un gran dono.

    Penso di aver ancora del lavoro da fare per la rivista che mi terrà occupato per qualche anno. In ogni caso, se mi accadesse qualcosa ho già chiesto a mia moglie di non sopprimere la rivista e di lasciarla a disposizione di tutti.

  5. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 6 Aprile 2009 @ 21:12

    Ancora pagine di grande interesse, utilissime per noi tutti, ma anche e soprattutto per gli studenti che volessero approfondire i loro studi e le loro ricerche. Per questo rivolgo un grazie sentito a Bartolomeo, che sa "scovare" articoli veramente rilevanti e degni di attenzione ed a Carlo, per le sue notizie sempre puntuali e ben dettagliate, frutto di uno studio serio e responsabile, di una indubbia grande conoscenza e di una passione invidiabile
    Gian Gabriele

  6. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 6 Aprile 2009 @ 21:56

    Grazie, Gian Gabriele. Torno a ringraziarti, anche a nome della rivista, per i puntuali e acuti commenti di cui ci fai dono. Non ti nascondo che comincio ad essere orgoglioso di Parliamone (forse unica nel suo genere in rete, tutta dedicata all’arte), per il servizio che rende alla cultura in virtù della assiduità e preparazione dei suoi collaboratori. Non so se hai e avete notato che per la prima volta la rivista ha superato i 6mila visitatori unici mensili (6589). Il numero è stato, sin dalla sua nascita, in continua crescita.

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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart