STORIA: I MAESTRI: Churchill. Spendaccioni, spensierati e stravaganti20 Luglio 2014 di Umberto Morra RANDOLPH S. CHURCHILL Questo libro si può leggere in due modi diversi. Si può leggerlo per l’interesse del racconto. E’ il primo volume della biografia di Churchill, curata dal figlio Randolph, e giunge appena al suo ingresso in parlamento quand’era solo ventiseienne, coinci dendo la data con la morte della re gina Vittoria e l’ascesa al trono di Eduardo VII. Per compiere l’opera, con un lavoro che durerà un decen nio, Randolph Churchill dovrà sfor nare per lo meno altri cinque volu mi, che saranno accompagnati o se guiti da altrettanti volumi di docu menti, e ne è già uscito infatti il primo. Dal racconto per ora esula ogni interesse polemico o politico; non manca invece l’interesse, diciamo av venturoso, poiché il giovane Chur chill fece una collezione di guerriglie e guerre, ai quattro confini del mon do anglossassone, e ci mise di suo, oltre lo spirito errabondo e l’ardire, una solitaria fuga dalla prigione dei Boeri che lo rese famoso di punto in bianco per tutto l’impero britannico. Ma sono fatti ben noti, raccontati dal lo stesso Churchill con molto estro. Ma si può leggere il libro anche per trasparenza; e questa mi sembra la lettura più redditizia, in vista del la quale varrebbe la pena che venis se tradotto. Cioè: sarebbe una lettura redditizia per poco che vi corrispon desse una giustificata e, secondo me, auspicabile curiosità. Se in Italia fos simo curiosi di conoscere come è for mata e come funziona la società inglese nelle sue sfere più altolocate e privilegiate; e come in quella zona di privilegio (non disgiunto da un sentimento acuto del « servizio » che i privilegiati devono rendere al pub blico) si sia temprato un carattere e si sia allenata una volontà che poi hanno rifulso ai fastigi del potere, con effetti forse più tempestosi e immedia ti che duraturi sulle sorti del mondo. Credo che in realtà nel nostro Pae se una curiosità di questa fatta sia del tutto carente, perché siamo trop po riguardosi o impacciati per am mettere il travaso dai fatti privati ai fatti pubblici e custodiamo una fi ducia retorica e insieme burocratica in una « dimensione » politica a sé stante; o, ed è l’altra faccia della me desima posizione mentale, cerchiamo senz’altro in quelle inframmettenze lo scandalo. Non abbiamo d’altro canto (anche per la mancanza di un vero e proprio centro propulsore unico in Italia) nessuna misura comune e ac cettabile per giudicare ed equilibrare il comportamento delle persone « re sponsabili » al di fuori del gergo, ab bastanza fittizio, della loro responsa bilità. Ora, in Inghilterra, e per l’esempio dell’Inghilterra anche nel resto del mondo anglosassone, questo senti mento di responsabilità solidale è ac cetto e diviene norma comune; ne so no organi tanto la famiglia e la scuo la, con la fitta rete dei nessi sociali che posseggono svariatissimi centri di attrazione e di funzionamento, quan to i poteri pubblici fino ai più alti gradi. Avverto però che se dico « ne sono » commetto un errore; più cor rettamente, e più diffusamente, oggi si preferisce dire « ne erano ». La po lemica contro « le cose com’erano », contro le « dignità stabilite », contro l’establishmentè ormai un affare di tutti i giorni e di tutte le ore. La stessa polemica peraltro prova la for za dell’ordine contro cui si polemiz za; e se ci si accosta dall’esterno a quella posizione polemica, converreb be avere cura di conoscerne l’ogget to, che ha ben altre profondità e dira mazioni di quelle che appaiono sot to lo slogan. Né la polemica vale a distruggere la realtà; gli stessi pole misti in gran parte, magari inconscia mente, la rispettano. Dal tempo della gioventù di Churchill sono passati settant’anni; ma non tutto in Inghil terra è morto di quello che allora lui visse. Né gl’inglesi considerano quel costume di allora come una curiosi tà da museo. Facciamo più presto noi a relegare in soffitta fatti e modi che furono molto più effetti di imitazio ne che non di convinzione; e a vantar ci d’essere moderni perché siamo, eti mologicamente, spiantati. Che cosa « traspare » dunque dalle tante pagine di questo volume? La vita dei più alti strati della società inglese in presa diretta, senza nes sun infingimento, nessuna scusante, nessun tentativo di giustificazione. Una vita che tocca da un lato il li vello massimo della politica, da un altro s’ingrana nel sistema scolasti co, ma ha il suo centro massimo nel la casa, non luogo familiare, ma luo go di raccolta, di raduni mondani e di esercizi sportivi; e difatti la casa di città non predomina mai, non è un palazzo, ma è soltanto una appendice, una dependance della casa palla diana di campagna. (Gli albori del la vita di Churchill sono ancora più grandiosi, ma per puro caso: settimino, nacque a Blenheim, sede di suo nonno il duca di Marlborough, ma quegli splendori li dovè subito abban donare, relegato in molto più mode ste stanze come figlio di un figlio secondogenito). A quelle consuetudini di high-life di alta vita, non fa da contrappeso il danaro: i Churchill vivono di espe dienti, ma non se ne danno veramente alcun pensiero. E’ significativa una lettera di Winston alla madre, del 1898, quando lei, giovane vedova, era ingolfata in tali pasticci finanziari che aveva dovuto ricorrere a un pre stito di 17.000 sterline con malleve ria su un’assicurazione sulla vita con tratta dal figlio, e non s’era nemme no curata di informarlo direttamente. Senza rancore le scrive: « Non c’è dubbio che siamo tutti e due io e te. ugualmente spensierati, spendaccioni e stravaganti; conosciamo quel che eccellente, e ci piace di possederlo. Lasciamo che il futuro s’incarichi di insegnarci il modo di pagare. Le mie stravaganze sono peraltro su scala mi nore delle tue; ma non me ne vanto poiché sei tu che mantieni la casa e hai da sostenere la tua posizione a Londra… Le tue stravaganze mi van no a genio… non di meno mi sem bra un atto suicida quando tu spendi duecento sterline per un abito da bal lo, così come ti sembra suicida che !? ne spenda cento per il mio nuove pony da polo. Eppure mi dico che siamo degni tutti e due, tu del vestito e io del pony, e che è giusto che ce li procuriamo; il guaio è che sia mo tremendamente poveri ». Il che nemmeno era esatto; e alla relativa povertà Winston per conto suo andava poi subito rimediando, mettendo a frutto la sua esperienza militare sul vari fronti delle piccole ricorrenti guerre dell’impero con servizi giornalistici non proprio in armonia col re golamento. Anche in ciò beneficiava del privilegio di essere cresciuto, per così dire, alle soglie del potere. Una variante nel quadro della vita inglese d’alto bordo l’aveva recata sua madre, ch’era americana. Non tanto come si potrebbe supporre, nel senso della spregiudicatezza: un’americana del suo tipo, sposata al figlio, seppur minore, del duca di Marlborough sa rebbe stata se mai più delle emuli inglesi, ossequiente alle regole del gioco. Le caratteristiche delle donne ame ricane, specialmente in quel tempo e in quelle condizioni, sono se mai una energia senza limiti, che è come cor roborata dalla bellezza. Lady Randolph Churchill era stata una ragaz za bellissima, una tra quattro bellis sime sorelle; tutto un mazzo, trapian tato insieme di qua dall’Atlantico. Con quell’energia visse giovanissima mo glie di un giovanissimo ministro, in ventore e capo di un giovanissimo partito, i tory democratici, promesso alle massime fortune politiche, ma stroncato a quarant’anni da un male che gli attaccò col corpo anche il cer vello; probabilmente la sifilide. (Né il figlio Winston né il nipote Randolph lo riconoscono per tale). L’energia si manifestava fra l’altro nel non curarsi affatto del figlio edu cando; anche in ciò strafaceva il co stume inglese delle classi alte, che affida i bambini ottenni alle scuole « preparatorie » per poi passarli al le famose « scuole pubbliche », da Eton in giù. E’ un sistema che, fra l’altro, insegna ai piccoli a valersi del la corrispondenza, e qui ne abbiamo la conferma poiché ci sono conser vati i documenti di quelle prime sue richieste che non poteva fare a voce, patetici quanto più grammaticalmen te incerti. Chiedeva soprattutto che lo venissero a trovare a scuola, ma i genitori, duri, non si muovevano. La autoeducazione (o i maestri?) insegna no peraltro presto al ragazzo a forti ficarsi, i suoi accenti sono tutt’altro che queruli, e non pare che le ripul se dei genitori abbiano veramente la sciato traccia nella sua indole. E la vita dei genitori, il « quadro » in cui si muovevano e da cui era escluso, come ogni altro suo compagno, lo at trae potentemente. Sa che vi sarà am messo per diritto di nascita appena si conviene; e per conto suo vi si prepara. Col vento in poppa Non vi si prepara con lo studio; lo studio, onorato come curriculum, tra quei magnati non serve sostan zialmente a nulla. Vi si prepara « ac quistando le grazie » che sono indi spensabili per far figura e per essere benevolmente accetti, la disinvoltura, l’audacia sportiva, la disponibilità al le avventure, il disprezzo della fati ca e dei comodi, modi gentili ma non frivoli: il contrario dell’ideale sette centesco quale lo caricatura Parini nel « giovin signore ». Quel tanto di americano che ha nel sangue non fa che esaltare le sue pre disposizioni, e vi aggiunge qualche sprezzatura che gli antichi lignaggi inglesi avevano dimenticato affievo lendosi col tempo; ma direi che gli « americanismi » segnano di più il Churchill maturo e politico, direi che il Churchill giovane è tutto in tento a osservare e imparare la schiet ta vita inglese, forse mostrandovi un interesse un po’ più precipitato e bramoso, mosso da una spinta un po co più rude. Si può dire comunque che è un giovane che non commet te spropositi; e perciò giunge alle so glie della maturità con una bella schie ra di « fatti » a suo credito, e col ven to in poppa. La lotta del ragazzo che si fa uomo, mirando in alto con un senso straor dinariamente definito delle proprie ambizioni (quante volte dichiara ven tenne di voler diventare uomo di Sta to e Primo Ministro!) trova nelle sue lettere, riprodotte nel volume in gran quantità ma non mai superflue, una espressione diretta ed eccezionalmen te efficace. E’ vero che l’aspirare al ia vita pubblica inglese era nel desti no di un Churchill (benché la casata dei Churchill, dopo l’affermarsi del grande uomo di guerra che fu il pri mo duca di Marlborough, subisse una eclisse fino al padre di Winston Lord Randolph); ed è vero che la lettera tura privata, l’attitudine alla corri spondenza e l’abbondanza e la viva cità delle lettere familiari sono, o era no, in Inghilterra, un requisito del la gente « educata » su cui non si transige. Un grande oratore Ciò non di meno, Churchill alle pri me armi, come scrittore di lettere al la madre, ai familiari, agli amici, ri fulge; e un’altra « trasparenza » di questo primo volume della biografia consiste appunto nei testi presentati, dove si segue la formazione di uno scrittore. Churchill fu un grande ora tore (impedito da una difficoltà di pronuncia, ma che si sapeva valere del difetto, di certe esitazioni, per dar peso e veemenza alle sue frasi di maggiore efficacia). E fu, sulla scia della sua oratoria, ma il processo può ben essere stato il contrario, soprat tutto un grande scrittore. Fu uno scrittore che disdice una parte della tradizione britannica nel suo aspetto empirico-saggistico (un portato del suo americanismo?); che si rifà a una robustezza classica, al la poesia di Milton se vogliamo, alle figurazioni storiche di Gibbon, al gran de afflato di Burke. E infatti gli auto ri che nomina, di cui chiede i libri alla madre, che studia negli ozi della vita militare di colonia, sono Burke, Gibbon e Macaulay, con excursus nel la letteratura francese, le Memorie del duca di Saint-Simon e le Provin ciali di Pascal, che gli raccomandano, del resto, sempre i suoi Macaulay e Gibbon. Si vede dalle lettere che i risultati sono ottimi, quasi portentosi; e i li bri che vien pubblicando, resoconti di azioni di guerra a cui ha parteci pato, superano subito il giornalismo e attingono a un equilibrio storico; an che per virtù della scrittura, che è ampia, che avvolge e involge pensieri distanti, che tende ai vasti sfondi e alla grandezza, e perciò non è esente talvolta dal creare cavità di rimbom bo, dal costruirsi compiaciuta la pro pria eco. Ma ancora il meglio, forse, è nelle lettere, dove i periodi non pos sono agevolmente espandersi, e per ciò si fanno pregnanti, e si avviano verso l’isolata grandezza dei detti e delle massime. A conforto e a invi to del lettore mi piace di riferirne una, tratta da una lettera dall’india, quand’era ventiduenne: « Perfino in dosi omeopatiche, la Responsabilità è una bevanda esilarante ». Letto 1250 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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