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STORIA: I MAESTRI: LA VITA DI CONFUCIO

29 Dicembre 2012

[Tratto dall’Universale Garzanti: “Religioni”]
(In quanto non accettati dalla piattaforma wordpress, si sono sostituiti i particolari accenti presenti su alcune parole con gli accenti della nostra lingua.)

Il filosofo è vissuto nel periodo della storia cinese detto delle Primavere e Autunni (Chunqiu, 770-454 a.C), così chiamato dal titolo di un’opera attribui ­ta a Confucio stesso. Caratteristica di questa fase della civiltà cinese sono il progressivo indebolimen ­to politico dei re della dinastia Zhou (XI secolo-249 a.C), ai quali rimane solo l’autorità religiosa, e l’affermazione di un sistema feudale che frantuma il po ­tere tra vari principi e nobili in lotta fra loro.

Confucio nasce nel 551 a.C. nell’odier ­na località di Zhufou (Kuoli) nel picco ­lo principato di Lu, situabile nella pro ­vincia dello Shandong: egli è il secon ­dogenito del settantenne Kong Qiu Liangho, morto nel 548 a.C, e della sua seconda moglie Chengzai, morta nel 525 a.C, appartenente alla famiglia Yen. Tradizioni posteriori, sicuramente leggendarie, presentano la famiglia di Confucio come discendente dalla dina ­stia reale Shang (xvi-xi sec. a.C), alla quale era succeduta quella Zhou. Con ­fucio appartiene, invece, a quella classe di nobili o sacerdoti decaduti (ru), che all’epoca svolgevano generalmente fun ­zioni di esecutori di riti e cerimonieri al ­le corti dei signori feudali. Dopo la morte del padre, trascorse una giovinez ­za in precarie condizioni economiche; all’età di diciannove anni prese moglie (532 a.C) e l’anno successivo ebbe un figlio, al quale vennero dati i nomi di Li e Boyu.

In un primo tempo Confucio si pose al servizio della famiglia feudale di Qi, in qualità di sovrintendente dei granai, dei campi e delle greggi pubbliche. A ventidue anni, invece, diventò inse ­gnante e raccolse intorno a sé ragazzi di tutte le condizioni sociali, ai quali inse ­gnò a scrivere e far di conto. Nel 518 a.C intraprese un viaggio a Luoyi (attuale Luoyang, capitale dei re Zhou), dove compì ricerche negli archi ­vi. In questa città sarebbe avvenuto l’in ­contro â— del quale narra Zhuangze nel ­la sua opera Il vero libro del Paese dei Fiori del sud â— tra Confucio e l’archivi ­sta Laozi, fondatore del Taoismo. Il filosofo tornò infine a Lu ormai come saggio stimato: ma, quando nel 517 a.C. scoppiarono dei disordini e il principe fuggì nel vicino feudo di Qi, Confucio lo raggiunse. Dopo due anni tornò dal ­l’esilio e di nuovo si dedicò all’insegna ­mento, questa volta con intenti di rifor ­ma religiosa e politica: Confucio era convinto di vivere in un’epoca di pro ­fonda decadenza morale e di declino politico, causato dalla lotta per il potere tra i vari signori feudali. Egli voleva dunque cambiare la società insegnando agli uomini il li («il retto comportamen ­to »): nel far ciò, cercò, tramite la rein ­terpretazione e la codificazione dell’ere ­dità religiosa, spirituale e morale del passato, di trovare e proporre delle nor ­me di comportamento valide anche per il presente.

Nel 501 a.C, a cinquant’anni, Confucio venne nominato dal principe Ding di Lu governatore del territorio di Zhung-du, nel 499 a.C. assistente ministro dei lavori pubblici e infine, nel 498 a.C, ministro della giustizia. Dopo quattro anni di attività pubblica, forse vittima degli intrighi del principe di Qi, Confu ­cio cadde in disgrazia presso il suo si ­gnore e fu costretto ad abbandonare i suoi incarichi e insieme anche il paese natale.

Iniziò così un periodo di quattordici an ­ni (497-483 a.C), durante il quale il fi ­losofo viaggiò attraverso tutta la Cina, accompagnato dai suoi discepoli. Sola ­mente nel 483 a.C. egli tornò a Lu, dove però condusse vita appartata e si appli ­cò allo studio dei riti, della storia, della musica e della letteratura. Si dedicò dunque alla raccolta e conservazione delle testimonianze e delle memorie del ­l’Antichità: la tradizione tramanda che egli sarebbe l’autore degli Annali di Pri ­mavere e Autunni (Chunqiu), narrazione della storia del principato di Lu dal 722 al 481 a.C, nonché il compilatore e il revisore del Libro dei documenti (Shujing), del Libro delle odi (Shijing), delle Memorie sui riti (Liji) e del Libro della Musica (Yuejing, perduto); Confucio sarebbe pure l’autore delle Appendici del basilare Libro dei Mutamenti (Yijing). Questi testi, denominati per ec ­cellenza «classici » (jing, Universismo), diventeranno pilastri fondamen ­tali della cultura religiosa e politica ci ­nese per quasi due millenni. Con la pubblicazione di queste opere, Confu ­cio intendeva presentare agli uomini politici del suo tempo le condizioni del ­la mitica Cina antica come modello per il presente.

Nel 482 a.C. morirono suo figlio Li e il discepolo prediletto Yen Hui; nel 479 a.C. morì anche Confucio, ormai set ­tantenne, e venne seppellito nel bosco sepolcrale della sua famiglia a Zhufou, dove ancor oggi è conservata la sua tomba.

Pensatori confuciani

Il primo continuatore del pensiero con ­fuciano fu Mengzi (372-289 a.C), dive ­nuto in italiano Mencio attraverso la forma latinizzata Mencius. Egli perfe ­zionò, in varie opere scritte in forma di dialogo, il Confucianesimo dal punto di vista dialettico.

Secondo questo pensatore, fondamen ­talmente ottimista, l’uomo è buono per natura: questa innata bontà, per venire alla luce in ogni uomo, ha bisogno solo di una corretta educazione culturale ed etica.

«Amo la vita e amo / la giustizia; / ma se non le potessi conservare entrambe, allora / rinuncerei alla vita e resterei fedele alla giustizia ».

L’opera di Mencio, assieme ai Lunyu (Dialoghi) e a due capitoli tratti dalle ci ­tate Memorie sui riti, forma i Quattro Libri (Sishu), utilizzati a un certo punto come base per lo studio del Confuciane ­simo preferendoli ai più complessi Cin ­que Classici (Wujing) di cui si è detto sopra.

Altro rappresentante dell’antico Confu ­cianesimo fu Xunzi (312-238 a.C): se ­condo il pensiero, tendenzialmente pes ­simista, di questo filosofo, l’uomo è fondamentalmente cattivo e può com ­portarsi bene solo grazie a una severa educazione e a un’impegnativa discipli ­na morale.

Zhou Dunyi (1017-1073) è considerato l’iniziatore del Neoconfucianesimo, che, all’epoca della dinastia Song (960-1280) è portato al suo massimo splendore da Zhu Xi (1130-1200): questi è considera ­to il pensatore più sistematico della fi ­losofia cinese e il padre della «ortodos ­sia » confuciana. Della corrente «mo ­derna » del Confucianesimo fanno parte Kang Yowei (1858-1927), che lo inter ­preta in senso più strettamente religio ­so, e Liang Qichao (1873-1929), che ne sottolinea invece l’aspetto politico-so ­ciale ma in senso repubblicano.

L’etica confuciana

Confucio è convinto che la riforma del ­la collettività sia possibile solo attraver ­so la riforma della famiglia e dell’indivi ­duo. Gli uomini dell’Antichità â— egli sostiene â—

«che volevano organizzare lo stato, rego ­lavano prima il loro ambito familiare; co ­loro che volevano regolare il loro ambito familiare, miravano prima a sviluppare la propria personalità; coloro che volevano sviluppare la personalità, prima rendeva ­no nobili i loro cuori; coloro che voleva ­no nobilitare il proprio cuore, rendevano prima veritiero il loro pensiero; coloro che volevano rendere veritiero il loro pensiero, perfezionavano prima il loro sa ­pere ».

Secondo Confucio, la virtù è una ric ­chezza interiore che ognuno può acqui ­sire, dato che la natura umana non è né buona né malvagia in se stessa: perciò, ogni uomo ha la possibilità di diventare un saggio oppure di comportarsi come uno stolto. Confucio divide gli uomini in tre gruppi: 1) gli uomini perfetti (sheng) ovvero i saggi, coloro che rap ­presentano il modello da seguire, aven ­do raggiunto il più alto grado di perfe ­zionamento, come, ad esempio, gli im ­peratori dell’antica Cina; 2) i nobili ov ­vero gli uomini superiori (junzi); 3) gli uomini comuni che costituiscono la massa. Il fine dell’etica confuciana è la nobiltà spirituale: da un nobile, da un uomo superiore ci si aspetta che segua il li.

Il termine li rappresenta un concetto assai complesso, che può definirsi come armonizzazione dell’uomo con l’ordine generale del mondo in tutti gli aspetti della vita, dall’osservanza dei riti reli ­giosi statali e familiari alle regole di comportamento del vivere sociale. Li è dunque la forza ordinatrice che deve guidare l’uomo nei suoi doveri sia verso gli altri uomini (il rispetto, la cor ­tesia, il tatto, il decoro, l’autocontrol ­lo), che verso gli esseri spirituali supe ­riori (il corretto culto reso al mondo divino e agli antenati). Li è insieme la forza cosmica che dà forma e ordine allo stato e alla famiglia e che trova il suo modello classico nel lichi.

L’intero essere viene influenzato dal ­la potenza ordinatrice del li, che si ri ­percuote anche sulla natura dell’uomo (xing): da ciò il termine di dottrina del ­lo xingli.

Dal li dipendono le virtù (de), di cui cinque sono quelle fondamentali: fra di esse occupa un posto di grande rilievo il ren, che si può rendere come «umani ­tà », intendendo con ciò la benevolenza che un uomo deve mostrare verso i suoi simili, ma in misura proporzionata a una precisa gerarchia di legami politici e familiari.

Accanto al li e al ren, Confucio ha asse ­gnato anche alla musica un ruolo molto importante, in quanto manifestazione di ordine e armonia, ed espressione di sentimenti nobili ed elevati. La musica classica confuciana, con i suoi strumen ­ti, fra i quali il litofono, è sopravvissuta, nell’ambito dell’Asia Orientale, quasi solo in Corea.

«Templi della letteratura » e letteratura canonica

Dall’epoca in cui il Confucianesimo di ­venne religione di stato in Cina sotto la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C), in ogni città che fosse centro amministra ­tivo esisteva un tempio di Confucio, nel quale i funzionari statali dovevano pre ­siedere regolarmente cerimonie in suo onore. Le sale in cui venivano onorati Confucio e i suoi discepoli si chiamano wenmiao («templi della letteratura »): in tali edifici era collocato semplicemente un tavolo, davanti al quale il funziona ­rio locale effettuava le sue genuflessioni rituali. A questi templi era spesso an ­nessa una biblioteca, dove i «funzionari di letteratura » discutevano sui testi classici. Famosi templi di Confucio si trovano a Zhufou, nella provincia dello Shandong, luogo di nascita di Confu ­cio, e a Tainfu â— sempre nello Shan ­dong â—: quest’ultimo è costituito da un atrio, un cortile d’onore, un altro cortile con la sala principale del culto, un cor ­tile trasversale e uno interno nel quale si trovano edifici d’abitazione e scola ­stici.
Nonostante il bando ufficiale del culto di Confucio (1912), il filosofo gode, an ­cor oggi, di grandissima venerazione in Cina.

Dei nove scritti canonici del Confucianesimo fanno parte i cinque jing (classi ­ci) e i quattro shu (libri). Di questi ulti ­mi fa parte il testo chiamato Lunyu (Dialoghi): questa raccolta contiene, in venti capitoli suddivisi in 499 brevi par ­ti, varie massime di Confucio, general ­mente di contenuto etico, espresse nella forma di risposte a domande di suoi di ­scepoli o uomini politici. Dei Quattro li ­bri, oltre ai Lunyu e al Libro di Mencio, fanno parte il Daxue e lo Zhongyong, entrambi capitoli tratti dalle Memorie sui riti.

Il Daxue (Il grande insegnamento) è un breve trattato politico-filosofico, secon ­do il quale il fondamento dello stato or ­ganizzato è rappresentato dalla cultura personale del singolo, che è raggiungibi ­le però solo attraverso la conoscenza approfondita dell’universale armonia che regna tra l’uomo e il cosmo. L’altro trattato è lo Zhongyong (Il giusto mezzo): questo giusto mezzo rappresen ­ta l’equilibrio interiore dell’animo, nel quale gli affetti e le emozioni si armo ­nizzano.
L’ordine morale e fisico dell’universo si basa sulla relazione necessaria che in ­tercorre tra equilibrio interiore e armo ­nia cosmica.


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Bart