STORIA: I MAESTRI: Luigi Federzoni. Era pronto a sostituire Mussolini7 Marzo 2015 di Furio Sampoli In un saggio sull’avanguar dia letteraria, uno dei suoi maggiori teorici giustifi ca il « fenomeno », basandosi su due punti: l’impossibilità della storia di spiegare la vi cenda umana (« la storia or mai è un valore perduto… non è più un significato, ma solo un accadimento » ) e la crisi delle ideologie («nessuna ideo logia oggi è in grado di offri re una interpretazione esau riente del mondo »). S’inten de, siamo nel campo lettera rio. e può essere questo un avvio non assolutamente per tinente a parlare di storia. E’, però, un sintomo non trascu rabile. Qualche anno fa uno studioso svizzero J. Meynaud, pubblicava un libro sul Desti no delle ideologie, indicando ne appunto i limiti in una so cietà sempre più industrializ zata e quindi tendente alla tecnocrazia. Meynaud, tuttavia, pur ridi mensionando l’apporto ideolo gico nel nostro mondo con temporaneo, affermava altre sì che questo non comporta la liquidazione sic et simpliciter delle ideologie intese co me proiezioni ideali a carat tere universale di interessi e prese di posizione nella real tà particolare. La storia è in terpretazione, non un seguito di accadimenti più o meno lo gicamente legati fra loro. Se il contributo specifico dello storico, come è stato notato, consiste nel mettere in luce la preminenza di fattori po tenzialmente importanti e di correlazioni potenzialmente si gnificative, nessuna ricerca storica, pur accurata che sia, solleva ogni generazione dal compito creativo di scoprire le proprie risposte e quindi la propria storia. La quale di venta tale nella misura che è rivissuta da una data angola zione politica, economica e so ciale. Questo, che rimane ac quisito per ogni periodo sto rico, a maggior ragione ci sembra valido per il fascismo. Giudizi, ricostruzioni e confu tazioni sono cambiati non sol tanto in rapporto al reperi mento di nuove fonti, che hanno allargato l’orizzonte co noscitivo, ma al clima partico lare appunto ideologico e sto rico, nel quale lo studioso di storia si è trovato a operare e che ha condizionato il suo angolo interpretativo. Sul fascismo la storiografia italiana, in questi ultimi an ni, ha offerto una serie di con tributi validissimi. A una fa se polemica-politica, inevita bile ancora nel caldo del se condo dopoguerra, ne è suben trata a poco a poco una nuo va, di ricerca, di ricostruzio ne approfondita e spesso mi nuta delle varie componenti del fascismo. Di tale « sensibi le » spostamento il risultato più importante doveva essere proprio l’animus con il quale è stato affrontato il fenomeno fascista anche « sotto il profi lo dei criteri di fondo ». Accan to a libri che hanno centrato un determinato aspetto o pe riodo o ad altri di ampio re spiro storico (valga per tutti, la biografia di Mussolini del De Felice) si è poi comincia to a ripubblicare scritti, usciti negli anni dell’avvento al po tere del fascismo, di uomini « impegnati », ma di diversa posizione politica e di diversa formazione culturale. Risalire alle opinioni e alle valutazioni degli anni crucia li, nei quali il fascismo si svi luppa e si afferma, riconside rare quale era allora o appa riva ai suoi contemporanei e « che idee essi ne avessero o dove credessero che sarebbe sboccato » è non solo deside rio di approfondimento, ma in sieme il rovescio della meda glia della fase polemica politi ca del secondo dopoguerra. E il quadro si è maggiormente ampliato con lo spoglio siste matico dei maggiori quotidia ni d’informazione, della stam pa dei partiti e gruppi politi ci, compresa quella fascista nelle sue varie estrinsecazio ni temporali. Anche qui l’in tento era di indagare, in con nessione con il sorgere e l’af fermarsi del fascismo, la tra sformazione degli ideali etici e politici nella classe dirigen te e nel Paese e di seguire, nel graduale o improvviso cam biamento dell’opinione pub blica, il maturarsi degli even ti e come si giungesse a quel lo risolutivo e determinante. Di contro a un tale severo e acuto impegno storiografico con il quale si è cercato e si cerca di rispondere alla do manda di come sia stato pos sibile l’instaurarsi del fasci smo e che significato esso ab bia nella storia italiana, ecco un libro di un responsabile di retto del fascismo, di uno cioè per il quale quarant’anni di storia sono passati come il malinconico rimpianto di ciò che poteva essere e non è sta to, non quindi la condanna del sistema, ma le recriminazio ni di errori commessi nel si stema: Italia di ieri per la sto ria di domani di Luigi Federzoni (ed. Mondadori, 1967, pagg. 318, L. 3000). L’autore fu ministro degli Interni dopo il delitto Matteotti fino al 1925, presidente del Senato e dell’Accademia d’Italia e mem bro del Gran Consiglio del Fa scismo. Essendo morto il 24 gennaio di quest’anno, il libro esce postumo. Nel risvolto edi toriale è scritto che per co glierne il rilievo storiografico non è necessario « condivide re il sistema di valori che lo sottendono »; né si deve limi tare la sua « portata » a quello di un documento. A noi sembra, invece, che il principale contributo del li bro sia proprio nella sua natu ra di documento â— documen to della mentalità di una ge nerazione, di una classe diri gente che portò l’Italia a due guerre mondiali e fu incapace di capire la realtà italiana, maturata e poi esplosa nel tra vaglio della prima guerra « suicida » e altresì incapace di vedere poi la spaccatura av venuta fra lo Stato e le mas so che aspiravano a un effet tivo potere politico. « La tiran nide sovversiva », scrive Federzoni, « fatta di criminalità e di pusillanimità aveva sve lato insieme la sua impoten za e la sua ambizione, senza trovare freni legali ». Per Federzoni il fascismo doveva quindi essere una necessaria conseguenza â— ma una ugua le necessaria conseguenza, pos siamo aggiungere, doveva poi essere anche l’avventura etio pica, l’alleanza con Hitler e la tragedia del secondo conflitto mondiale. La postuma autodi fesa contro il dispotismo mussoliniano, anche se culminò nel gesto di ribellione del 25 luglio, quando cioè la guerra era perduta, non ha giustifica zioni morali, né tanto meno politiche. In effetti, la storia di Federzoni è la storia di una contro- figura: il risvolto della situa zione mussoliniana. Naziona lista, monarchico costituzio nale, come si definiva, rappre sentò in tre momenti chiave del processo storico italiano l’alternativa a Mussolini: du rante la marcia su Roma, nel la crisi del ’24 dopo il defitto Matteotti, e in misura molto minore il 25 luglio. Nei riguar di di Mussolini c’è in Federzoni un atteggiamento di co stante ambiguità. « Mussoli ni », scrive, « avrebbe possedu to portentose qualità dialetti che e tattiche di parlamenta re: avrebbe potuto essere, per venti o forse trent’anni, un altro Giolitti più brillante e più sensibile ai grandi mo vimenti della politica mondia le; ma difettava della qualità che era stata la forza princi pale del massiccio piemonte se: il carattere ». Insofferente di contraddizioni, si affi dava al suo « istinto » e per la sua natura romagnola era piuttosto un capo di fazione e un condottiero di ventura, portato a imporre la sua vo lontà e a compiacersi di im porla come segno di potenza. Quest’ultimo giudizio è tri to e ricalcato su un vecchio cliché. E tuttavia il primo at to politico del « Duce » era sta to, per Federzoni, pieno di sag gezza e di opportunità: il vo lere la restaurazione della di sciplina, il ripristino dell’or dine legale, il rinvigorimento delle istituzioni, lo Stato al di sopra dei partiti, compreso il « suo ». L’impero fu il penul timo successo politico; l’ulti mo, « più apparente che rea le » il Convegno di Monaco. Ma fu proprio l’Etiopia â— co me ammette implicitamente anche il Federzoni â— il più grave errore mussoliniano, quello che determinò la rottu ra del patto di Stresa e, inde bolendo il fronte antigermani co, indusse Hitler alla occupa zione della Renania. Lo spar tiacque fra le due guerre mon diali, il periodo di sospensio ne non ebbe, come afferma il Taylor, che questo tempo limi tato: 7 marzo 1936, rioccupa zione della Renania e 12 marzo 1938, annessione del l’Austria al Terzo Reich. Ma l’Austria era già condannata dall’avventura etiopica. E fu sempre l’impresa d’Etiopia che legò i due dittatori, e che li portò a combattere in Spagna con Franco. Accettare Mussolini nel ’22 e nel ’24, si gnificava seguirlo nella sua ma nia di potere « fino in fondo ». Ma il punto principale di Federzoni è quello di scinde re il nazionalismo dal fasci smo, sostenendo l’autonomia del primo dal secondo. Inol tre il fascismo non aveva una dottrina, né una classe diri gente; con la fusione del ’23 il nazionalismo « prestò » al fa scismo l’una e l’altra. In real tà gli studi sul fascismo han no portato a riconoscere in esso diversi momenti e cor renti: « contro una sinistra violenta e rivoluzionaria, capeg giata fino al 25 luglio da Fari nacci, c’era l’ala dei revisioni sti, dei normalizzatori e c’era l’estrema destra nazionalista. A questa apparteneva Feder zoni, che nel nazionalismo ve deva l’erede dello spirito ri sorgimentale e della grandez za della patria. Finché Mus solini parve interpretare i « grandi ideali » della patria, il suo prestigio fu indiscusso; accentuato il suo potere per sonale e sull’orlo della rovi na dopo la disfatta in Grecia, in Africa e in Sicilia, divenne il solo responsabile della tra gedia nazionale. « L’incanto era rotto ». La notte del 25 lu glio, egli apparve agli occhi di Federzoni « il grande at tore invecchiato che per la prima volta nella sua lunga trionfale carriera non sapeva la parte e s’impennava ». Co me congedo era. abbastanza triste. Per contro il Gran Con siglio che « per vent’anni era vissuto male, aveva saputo morire bene ». E’ un’opinione discutibile. Come è discutibile l’isolamento del Re, che Fe derzoni tenta di difendere. Abbiamo scritto sopra che il libro può valere come do cumento della mentalità di un gruppo politico, di una ge nerazione. Aggiungiamo che le pagine sul giorno che pre cedette la marcia su Roma, sui contatti che lo stesso Fe derzoni ebbe con Mussolini e il quartiere generale dei qua drunviri stabilito a Perugia, insomma su tutto il retrosce na del 28 ottobre possono for nire notizie non ancora cono sciute o poco note. Ma oltre questo, tutto il volume è un tentativo sconcertante di giu stificazioni. Recensendo Italia di ieri per la storia di domani ne La Stampa del 22 marzo, Gorresio scriveva: « La spie gazione e l’interpretazione dei fatti sono puerili, a dir poco, come del resto appare da tut to il libro la personalità di Fe derzoni, superficiale e incon sistente ». Un giudizio che mol ti, crediamo, possono condivi dere senza riserva. Letto 1812 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||