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STORIA: I MAESTRI: Napoleone: Fu vera gloria?

23 Maggio 2015

Fuori dal mito
di Lugi Salvatorelli
[dal “Corriere della Sera”, domenica   4 maggio 1969]

E’ noto che il Cinque mag ­gio fu scritto dal Man ­zoni in uno stato di eccita ­zione straordinaria. Ci si do ­manda se egli si sia accorto che al famoso quesito: « Fu vera gloria? » egli stesso sem ­brava aver risposto subito dopo attribuendo al Bonaparte una « più vasta orma » dello spirito creatore divino. Ma l’interpretazione più pro ­babile sarà che quella attri ­buzione è stata fatta sul pia ­no del trascendentalismo cri ­stiano, per cui la volontà di ­vina è imperscrutabile, al di là â— possiamo dire â— di ciò che è umanamente buono o cattivo. Ne segue che ciò che apparirebbe grandezza ecce ­zionale di Napoleone viene presentato invece come gran ­dezza â— e gloria â— divina, rimanendo pur sempre al ­l’uomo la libertà di giudizio sul piano terreno.

Di quel diritto i posteri hanno fatto, nei confronti di Napoleone, uso davvero lar ­go e seguitano â— anche se con minore impegno di una volta â— a farlo, ciascuno di essi inquadrando, più o me ­no coscientemente, l’opera e la figura di Napoleone nel quadro delle proprie conce ­zioni etico-politiche generali.

Per conto nostro diciamo che per comprendere, e cioè giudicare, Napoleone â— scrit ­tori « laici » vi hanno rinun ­ciato, parlando religiosamen ­te di « mistero » â— occorre vederlo, integralmente e uni ­camente, nel tempo suo. Oc ­corre esaminare le condizioni politiche, sociali, religiose in cui agi, i problemi che si trovò innanzi venendo al po ­tere, e cercar di arrivare a una rappresentazione spas ­sionata di quello che egli ha fatto, o non fatto, nei diversi campi, e che cosa vi ha la ­sciato. E proprio nel Cinque maggio possiamo trovare il filo conduttore, là dove è det ­to che egli si assise arbitro fra due secoli l’un contro l’altro armati. Napoleone stesso, a Sant’Elena, ha im ­postato così l’opera sua. Egli era salito a dirigente massi ­mo dell’Europa sconvolta dal ­la rivoluzione, e aveva lavo ­rato infaticabilmente al nuovo mondo, tra rivoluzione e conservazione, tra guerra e pace, tra autorità e libertà. Impose veramente « silenzio » ai contrasti, risolse le anti ­tesi, creò l’ordine nuovo?

Una prima, fondamentale osservazione, per evitare di sostituire il mito alla storia, è che già il governo rivolu ­zionario aveva concepito la necessità di chiudere la rivo ­luzione e stabilire l’ordine nuovo. Il troppo svalutato Di ­rettorio rappresenta precisa ­mente questa crescente presa di coscienza e lo sforzo di corrispondervi. Non dimenti ­chiamo che il Diciotto Brumaio, da cui comincia il Na ­poleone capo di governo, il Napoleone sovrano, egli fu la spada di una politica ela ­borata da Sieyès. Che poi, subito dopo, abbia camminato per conto suo, non distrugge il fatto fondamentale che tutta un’opera di costruzione o ricostruzione fosse già stata effettuata nell’ordine politi- sociale, religioso. Bisogna risalire per essa ben al di là del Direttorio: tutta la rivoluzione francese fu con ­temporaneamente distruzione e costruzione. Ma anche dopo salito al potere, Napoleone non fu solo né sempre pri ­mario a costruire; Talleyrand, Fouché, i giuristi com ­pilatori del Codice civile, gli ecclesiastici lavoranti al con ­cordato ebbero parte prima ­ria. Che se poi volessimo esa ­minare la parte più persona ­le di Bonaparte dovremmo più di una volta constatare che essa non fu la migliore: che gli capitò perfino di pren ­dere abbagli colossali, come quando forzò â— è la parola esatta â— Pio VII a destitui ­re una serie di vescovi « non giurati » che non vollero dare le dimissioni, creando un pre ­cedente della monarchia pa ­pale proclamata nel 1870.

Delle due esigenze fonda ­mentali â— non contradditto ­rie, ma complementari â—, Or ­dine e Libertà, l’opera per ­sonale di Napoleone trasfor ­mò il primo in dispotismo, non senza spunti di « diritto divino » (parlò una volta di carattere sacro della regali ­tà); della libertà fece scem ­pio fin quasi a distruggerne la coscienza in una parte almeno della nazione. La ter ­za esigenza del tempo, quella delle nazionalità, fu maneg ­giata da lui come strumento di potere personale, portando temporaneamente l’Europa al ­lo stato di un complesso feudale-familiare. La possibilità di una Renania riunita alla Francia o costituita in Stato- cuscinetto fu dissipata po ­nendosi i germi della guerra del 1870. In quanto all’Italia, rimaneggiata quasi continua ­mente e governata dispotica ­mente da Parigi, la storia si concluse con l’asservimento dell’Italia all’Austria, accet ­tata in un primo momento anche da una parte dei pa ­trioti, per reazione al cesari ­smo napoleonico.

Rimane il fatto che l’atti ­vismo napoleonico, tutto ri ­mescolando, promosse l’elimi ­nazione definitiva delle vec ­chie classi e lo sviluppo della borghesia moderna.


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