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STORIA: I MAESTRI: Napoleone: Fu vera gloria?

26 Maggio 2015

Non sapeva fermarsi
di Denis Mack Smith
[dal “Corriere della Sera”, domenica   4 maggio 1969]

Forse sappiamo su Napo ­leone più di quanto non co ­nosciamo di qualunque altro personaggio storico; eppure su di lui sono ancora possi ­bili giudizi molto diversi. Può esser considerato uno spietato egoista o un gran patriota francese, ovvero può esser ma ­gnificato come un grande in ­ternazionalista. Si è detto che egli affrancò in Europa i gruppi nazionali soggetti; o, invece, che egli non fece al ­tro che opprimerli. Alcuni sto ­rici affermano che egli portò a termine brillantemente i grandi sogni della Rivoluzione francese; altri sostengono che li distrusse.

Ma qualunque sia la ri ­sposta data a questi temi ge ­nerali, la maggior parte dei non – deterministi ammetterà che la sua influenza fu im ­mensa e che â— più di ogni altro uomo dei tempi mo ­derni â— egli forzò la storia fuori da quello che sembrava il suo corso naturale. Come soldato, anche se l’arte della guerra è di gran lunga la me ­no accettabile delle arti, egli costituisce, naturalmente, di per sé un fuori classe. Come legislatore, come apostolo del ­l’accentramento amministra ­tivo â— un contrapposto al feudalesimo e all’ancien re ­gime â— egli lasciò un mar ­chio indelebile ben al di là delle frontiere d’Europa. Chi ammira le conquiste militari e l’imperialismo, chi è con ­trario all’istituto parlamenta ­re guarderà a quest’uomo co ­me al grande liberatore; ma anche quelli che hanno un di ­verso punto di vista non pos ­sono esimersi dal considerarlo un grande uomo, infinita ­mente affascinante, un uomo che portò un virtuosismo qua ­si inesauribile in qualsiasi co ­sa si provò di fare.

Il virtuosismo, comunque, può essere negativo o positi ­vo, e molte delle imprese di Napoleone furono peggiori dei delitti; vi furono anche er ­rori per i quali egli e forse anche noi abbiamo dovuto sof ­frire. Gli assassini di Palm e d’Enghien furono tanto a suo danno che a suo discre ­dito. « Il faut du sang », egli disse al Consiglio di Stato mentre molti altri innocenti venivano mandati a morte in base ad un falso calcolo sul ­la raison d’état. « Un uomo come me poco si cura della vita di un milione di uomi ­ni â— così comunicava a Met ­ternich nel 1813 â— seppellirò il mondo sotto le mie rovine ». Ma alla fine questa sfrenata bramosia di potere trasse la propria vendetta. Sebbene Na ­poleone più tardi avesse crea ­to la leggenda splendidamen ­te impudente che tutte le sue guerre erano state difensive, in effetti nel suo comporta ­mento c’era un vizio che lo rendeva aggressivo.

A dispetto della sua mera ­vigliosa intelligenza, egli man ­cò di quell’equilibrio e di quel ­la misura che avrebbero po ­tuto far durare molti dei ri ­sultati da lui conseguiti; e dopo il trionfo di Austerlitz egli sembra avesse perduto del tutto l’autocontrollo e il senso della misura. Il suo ca ­rattere lo spingeva a portare ogni cosa all’eccesso, in una sconfinata bramosia di poten ­za e desiderio di distruzione. Non seppe mai quando fer ­marsi. Non c’erano limiti ai quali egli, concepibilmente, si sarebbe potuto arrestare, tran ­ne il dominio del mondo o la catastrofica disfatta militare.

La Francia, naturalmente, fu la maggiore a soffrirne: senza le rovine provocate dal ­le guerre napoleoniche essa avrebbe potuto dominare nel XIX secolo come aveva fatto nel XVIII. Fu una orgogliosa vanteria di Napoleone quella che, dei 300.000 uomini perdu ­ti nella campagna di Russia, solo 30.000 erano stati i fran ­cesi; tuttavia fu sacrificata un’intera generazione di gio ­vani francesi e alla fine egli lasciò la Francia con le fron ­tiere più ristrette di prima, con la fiducia e lo spirito di iniziativa corrosi dal dispoti ­smo, con il popolo ridotto di nuovo da cittadini, a sudditi.

Sebbene egli fosse stato un vero titano, le imprese di Na ­poleone non sempre durarono tanto a lungo quanto egli avrebbe potuto sperare. La li ­bertà repubblicana sopravvis ­se lungamente in Francia do ­po il collasso della sua effi ­mera monarchia. Declinò la inetta e frivola famiglia Buo naparte per la quale egli senza scrupoli aveva depre ­dato contribuenti e gallerie d’arte d’Europa. Il mite pon ­tefice che aveva imprigionato e maltrattato trionfò su di lui. Così fece il popolo di Spagna per il quale egli aveva osten ­tato disprezzo; altrettanto fe ­cero i russi e gli inglesi che, ugualmente, egli aveva sba ­gliato nel valutare con appro ­priato senso realistico. E’ vero, il codice napoleonico gli so ­pravvisse; ma gli storici an ­cora sono divisi circa il ruolo che egli ebbe nella sua elabo ­razione, così come sulla vera tendenza e sul contenuto di esso. Per quanto riguarda il risveglio delle nuove nazioni in Europa, esso fu senza dub ­bio un effetto della scossa del suo attacco, ma non fece par ­te dei suoi disegni. Né lo fu il diffondersi delle idee li ­berali.

Un’altra involontaria eredi ­tà del periodo napoleonico fu quella di persuadere francesi ed europei che le guerre ben poco apportano, tranne la di ­struzione, neanche quando le si vincono; e forse a ciò è do ­vuto, in parte, il secolo così â— relativamente â— tranquillo che seguì. Inoltre Napoleone fece sì che la sua stessa gene ­razione e quelle successive si rendessero conto che il potere corrompe, e che il potere as ­soluto deve sempre essere li ­mitato se si vuole che la ci ­viltà sopravviva. Se queste le ­zioni dovevano essere corret ­tamente apprese, forse si do ­veva ben pagare il terribile prezzo in massacri, in tribu ­nali speciali, in disprezzo per la libertà e la dignità umana.


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