STORIA: I MAESTRI: Napoleone: Fu vera gloria?30 Maggio 2015 Un sogno temerario Non è un caso che l’ode del Manzoni sia stata tradotta in tedesco dal Goethe; poiché anche il sommo poeta ger manico aveva lo stesso at teggiamento ambivalente di fronte alla figura e alla me moria di Napoleone. Da un lato il Goethe, per cui « la personalità » era « la massima felicità dei figli di questa terra », ammirava la « gran de personalità » dell’Impera tore (che del resto non le sinava da parte sua prove di altissima stima, se non ad dirittura di adulazione, per il poeta, in occasione del fa moso incontro di Erfurt), tan to da attirarsi l’ira e la con danna dei « patrioti » tede schi per il suo atteggiamen to «tiepido » e distaccato al tempo della guerra di libe razione dal giogo napoleonico. Ma nello stesso tempo il « mi nistro di Stato e consigliere segreto » del Granduca di Weimar provava una profon da avversione contro ogni violenza e contro ogni inter ruzione dell’evoluzione orga nica dell’umanità. Queste due linee contra stanti di pensiero e di senti mento dominano ancora oggi, duecento anni dopo la nasci ta di Napoleone, il giudizio de gli storici, che alla domanda « fu vera gloria? » vorrebbero rispondere con l’altra doman da « che cos’è la vera glo ria? ». Che il passaggio del Corso, di quel «Weltgeist a cavallo » come lo chiamò lo Hegel, o « Robespierre a ca vallo », come lo definì il Met ternich, abbia lasciato delle profonde tracce, anche e spe cialmente in Germania, è fuo ri di dubbio. E basti pensare, oltre al Codice Napoleonico, rimasto in vigore nella Renania per tutto l’Ottocento, alla configurazione regionale del l’attuale Germania federale, nella quale ancora oggi si ri conoscono le impronte della grande « sistemazione catasta le » del periodo napoleonico, che ridusse le 1789 unità « im mediate » del Sacro Romano Impero (fra stati, staterelli, territorii ecclesiastici, conti, baroni, cavalieri, città, abba zie e perfino villaggi «impe riali ») ai 35 stati e quattro città libere del periodo della « Lega germanica » dopo il Congresso di Vienna. Ma gli effetti forse più du raturi dell’azione di Napoleo ne consistono proprio in con seguenze del suo operato non previste e non desiderate da lui, come l’incremento del sen timento nazionale in Germa nia, in Ispagna, in Italia e nella stessa Russia, o quell’ap parizione dei « cosacchi » nel l’Europa centrale ed occidentale, che tanto e non a torto spaventò lo stesso Goe the. E infine ed anzitutto il prezzo, in vite umane, in do lore, in lacrime di milioni di esseri umani, non fu forse troppo alto per l’esaltazione di una « grande personalità »? Chi come la nostra genera zione ha avuto il dubbio pri vilegio di essere stata con temporanea di una schiera di « uomini eccezionali » (Le nin, Mussolini, Stalin, Hitler, Churchill, Roosevelt, Mao ec cetera) tende per esperienza verso il giudizio finale dello storico francese E. F. Gautier su Genserico, re dei Vandali: « De ce point de vue, on peut regretter qu’il y ait eu un Genserie, justemente parce qu’il a été réellement grand ». Non molto tempo fa, visi tando di nuovo il Duomo de gli Invalidi a Parigi, ho sen tito forse ancora più forte delle altre volte il fastidio di fronte a tanta esaltazione ma gniloquente della gloria per sonale e nazionale â— a co minciare da quella terribil mente ipocrita iscrizione sulla porta d’ingresso, tratta dal testamento di S. Elena, espri mente il desiderio di Napo leone che le sue ceneri ri posino sulle rive della Sen na « au milieu de ce peuple franí§ais que j’ai tant aimé ». Vedevo davanti ai miei occhi il supplizio dei poveri soldati di tutte le nazioni europee, che dovevano morire per la « gioire » dell’Imperatore in Russia, in Egitto, in Ispagna, in Italia, in Germania e nella stessa Francia. E mi venivano in mente le sagge e misurate parole del vecchio Bismarck su Napoleone: «Egli andò in rovina perché, basandosi sulle vittorie militari, cominciò ad attaccar lite con tutti gli Stati invece di mantenere la pace. La fortuna in guerra lo rese prepotente e attaccabrighe. Nell’arrogante sogno di una egemonia mondiale, si preci pitò in mille pericoli e vi tro vò la fine. Le sue grandi rea lizzazioni furono in breve tem po distrutte, perché non sep pe esercitare la prima virtù di ogni statista, che è il sag gio e misurato comportamen to verso gli altri popoli dopo le grandi vittorie; egli tra scinò l’Europa in una serie di guerre, mentre io, dopo il 1871, mi adoperai costan temente per mantenervi la pace ». Letto 1209 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||