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STORIA: Il Risorgimento visto da “Il Conciliatore” toscano #2/33

4 Marzo 2008

 [da “Il Conciliatore” toscano, domenica 1 aprile 1849]

– Come lieve conforto fra tanta pubblica sventura riferiremo a mano a mano alcuni atti di privato valore mostrato nella breve ed infelice campagna. Primo sia il seguente brano di lettera, che ci riferisce alcuni dei fatti d’arme del giorno 21 nei dintorni di Vigevano.


VIGEVANO, 21 marzo (1849), alle ore 10 di sera. – Eccoci in un momento di guerra veramente accanita. Quest’oggi le nostre trup ­pe gareggiavano di valore e di fermezza veramente eroica, e so ­stennero cogli Austriaci un fuoco d’inferno; la cavalleria fece prova non comune di ardire e di temerità, e ben te ne potrà persuadere la seguente mia narrazione ingenua e veritiera.
Come ben avrete saputo a quest’ora a Torino, la fellonia del general Ramorino cambiò intieramente i piani del nostro generale in capo. Costui (Ramorino) doveva ieri sera (il 20) attaccare Pavia a viva forza, ed entrare in Lombardia in quel punto essen ­ziale. Egli invece, sprezzando gli ordini datigli, si ritirò vilmente sul Po, lasciando così libero passaggio al nemico: questi ne ap ­profittò, e verso la una dopo mezzodì si presentava imponente (dicesi 60.m uomini) occupando le vicinanze di Borgo S. Siro, Gambalò, Garlaseo , e persino Mortara. Fortunatamente il nostro Generale in Capo ripiegò repentinamente tutte le sue forze su Vigevano e Mortara, e verso le due, o le due e mezzo si incomin ­ciò l’attacco dalla nostra divisione, quella di Bés, dalla Sforzesca, verso Pavia. Le nostre truppe piene d’entusiasmo in meno di mezz’ora di fuoco respinsero gli avamposti nemici con estrema facilità.
Il 23 ° quello che avrai visto a Torino composto di Parmigiani, Modenesi e Piemontesi, attaccò gli Austriaci alla baionetta e li respinse. Due squadroni di Piemonte Reale, il 4 ° ed il 6 ° coman ­dati dal conte Villamarina, caricarono i fuggiaschi sostenuti dagli Ussari, e li misero in fuga facendo molti prigionieri, tra i quali l’Uffiziale , e molti cavalli; ciò che coronò gli sforzi de’ nostri poveri e valorosi soldati. La carica fu fatta a fondo, in un terreno tagliato di fossi profondissimi, e di milioni di piante, per quasi due miglia consecutive; alla fine temendosi che l’ardore dei sol ­dati non gli spingesse in mani del nemico, con tutti gli stenti il Villamarina riesciva a fermarli, e farli ritrarre in seconda linea. Intanto il battaglione 23 ° si avanzava per iscaglioni, e presentavasi al nemico. Ivi si aprì un fuoco infernale, che durava una buona mezz’ ora. Le palle venivano come gragnuola, piovevano di ogni dimensione, grandi, piccole, mezzane; le rachette ci fulminavano: ed alla fine quella povera fanteria fu obbligata a retro ­cedere verso l’ala destra, che era sostenuta da Piemonte Reale.
Il Generale, onde rinfrancare l’infanteria, ordinava al Villamarina di fare una nuova carica sui battaglioni Austriaci con quei due poveri squadroni già decimati e dalle perdite, e dalle scorte necessarie pei prigionieri. Egli obbediva, e dopo breve e calda al ­locuzione ai soldati, che gli sono devotissimi, si scagliava animo ­samente alla loro testa fra una grandine di palle che faceva or ­rore. Fortunatamente il nemico, spaventato a tanta audacia, ces ­sava il fuoco e si ritirava.
L’infanteria incoraggiata da un tal successo si riordinava, e ricominciava il suo fuoco; ma fu di breve durata, giacché il ne ­mico in quel punto era troppo formidabile, e ci fu forza battere in ritirata, che fu fatta in buona regola. Però le nostre posizioni alla Sforzesca le abbiamo conservate tuttora, e a questo momento che ti scrivo tutto è tranquillo. Verso Gambalò la brigata Savoia al suo solito fece prodigi di valore e respinse il nemico; anche Genova Cavalleria colà fece una carica brillantissima.
Il bravo colonnello di Piemonte Reale Montevecchio, che co ­mandava l’estrema sinistra, fu colpito da una palla in una guancia, assai leggermente. Galli, aiutante di campo del generale Bes fu pure   ferito in una spalla, ma non gravemente, giacché poteva camminare da sé solo. Gli uffiziali della nostra divisione si mo ­strarono tutti bravi e coraggiosi; fra essi posso con piacere nominare Rizzardi, e certo Bielski polacco, che col loro sangue freddo e singolare bravura mirabilmente aiutarono l’esito delle cariche della cavalleria. Anche gli altri tutti, cioè Ricati, Millo, Murtes, ec. ec., si distinsero e fecero prodigi. . .
Perdonami l’incomposta narrazione e talora priva di senso; ma la stesi coll’ispirazione dell’animo, come suol dirsi, e ricevila qual ella è. Se domani a sera, come spero, le cose andranno bene per le nostre armi, te ne darò notizia. Di’ intanto ai miei, che stiano sicuri e tranquilli sul conto mio, giacché il cuore mi dice bene, protetto qual sono dalle vostre preghiere. (Nazione.)


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Bart