STORIA: LETTERATURA: I MAESTRI: Una storia vera17 Agosto 2017 di Leonardo Sciascia « Scrivo dunque di cose che non ho vedute, né ho sapute da altri, che non sono, e non potrebbero mai essere: e pe rò i lettori non ne debbono credere niente »: così Luciano di Samosata attaccando a raccontare la sua storia vera. Le cose che stiamo per rac contare le vediamo invece, mentre scriviamo, in una ven tina di fotografie; le abbia mo lette nelle pagine di cro naca cittadina dei due quoti diani palermitani; e benché siano di quelle che non po trebbero mai essere, e mai dovrebbero essere credute, sono accadute e speriamo sia no credute da coloro che leg geranno questa breve rela zione. * Il 2 ottobre del 1965, sabato, giornata calda come di piena estate e appena appannata dallo scirocco, Palermo bruscamente si scrollò dalla sonnolenza della controra per precipitare, ad occhi aperti, in un incubo. Le strade, qua si vuote in quell’ora, furono improvvisamente corse dagli urlanti automezzi della poli zia, dei carabinieri, dei vigili del fuoco. Nelle case squilla rono disperatamente i telefo ni. Da un balcone all’altro, da una porta all’altra, allar me e panico si diffusero nei quartieri popolari. Era una notizia spaventosa, ma susci tava uno stato d’animo in cui la curiosità prevaleva sullo spavento e vi si insinuava come la soddisfazione di un evento, previsto anche se te muto, che finalmente si rea lizzava: i marziani erano ca lati a Palermo, e per di più accompagnati da mostri. Le persone che seguendo la scia delle sirene si avvici navano al luogo in cui l’even to si compiva, una piazza in titolata a san Giovanni Bosco, coglievano notizie sempre più precise e allarmanti: i marzia ni non erano appena calati, ma si trovavano a Palermo già da tempo, e facevano casa in quelle grotte che si aprivano dietro la piazza: e gli animali erano dinosauri, addomesticati ai marziani come i cani agli uomini. Ma che fossero più di uno, marziani e dinosauri, era una illazione: in realtà era stato visto un solo marziano, tutto vestito di nero e con baffi, che si tirava a guinzaglio un animale grande come un cane, testa grossa e coda lunghissima, tutto co perto di scaglie. La piazza san Giovanni Bosco era incordonata dalle forze di polizia in assetto di guerra. La folla premeva dal le strade adiacenti. Nella piaz za stavano le autobotti, le camionette, il furgone della te levisione, carabinieri, guardie in borghese armate di mitra gliatori, fotografi, giornalisti. Il marziano e il mostro erano scomparsi nella grotta. Non si sapeva che fare. Avventurarsi dentro? Tra cittadini e forza pubblica i volontari non mancavano. Furono auto rizzati a entrare; ma tornaro no subito dicendo che il mar ziano c’era certamente, aveva no notato impronte di un pie de che sembrava umano sem brava: solo che, confidò un carabiniere a un giornalista, nell’impronta non c’era trac cia del mignolo. Fu presa la decisione di gassare il marziano e il mostro (i marziani, i mostri). Erano anche arriva te le autoambulanze, stavano col motore acceso. Prima di attaccare coi gas qualcuno propose di mobilitare i cac ciatori della città, che venissero coi loro cani e i loro fu cili. Ma calava la sera, non c’era tempo da perdere. Fu rono lanciati i gas. Fucili e sifoni di autobotti e obiettivi furono puntati sull’imbocco della grotta. Agli spasmi della tensione, dell’attesa contratta sulle armi, le pompe, i moto ri, le levette di scatto, si ag giunsero gli effetti del gas che la grotta rigurgitava. * I bambini che avevano visto il marziano entrare nella grot ta col dinosauro al guinzaglio erano lì, un po’ in disparte, giustamente protetti dalla irru zione, prevedibilmente selvaggia, di marziani e mostri dalla caverna. Quando fu evidente che i marziani nella caverna o non c’erano o che erano del tutto refrattari ai gas lacrimo geni, qualcuno pensò di tor nare ad interrogarli. Ma pro prio in quel momento il caso ebbe una svolta drammatica e risolutiva: il marziano era fuori, tra la gente, subdolamente si era fatto spettatore degli sforzi che forza pubblica e zelanti cittadini facevano per snidarlo e catturarlo. I bambini lo indicarono improvvisamente, senza esitazione Sembrava uno come gli altri, era vestito come gli altri; e non aveva baffi. Le sue parole e i suoi gesti di protesta, a vedersi indicato come marzia no, furono quelli di un palermitano autentico: lo vediamo in una fotografia mentre agita le dita raccolte a pigna, nel gesto tipico dei comici meridionali (irresistibile in Totò) quando senza parla re chiedono che cosa mai vo lete, e fatevi gli affari vostri, e non scocciate, e se per caso non vi ha dato di volta il cer vello. Ma nessuno era disposto a farsi prendere in giro da un marziano perfettamente mi metizzato in palermitano: chi sa da quanto tempo stava a Palermo (risorgeva nella memoria la leggenda di quel co lonnello americano che per tutta la durata della guerra era stato a fingersi commerciante, e all’arrivo di Patton era ve nuto fuori in divisa) e poi non per niente era marziano, si sa quali capacità inventive e mi metiche hanno i marziani. Le sue proteste dunque non valsero: fu caricato su una camionetta e portato in ca serma: dove, dice il cronista, per qualche ora fu intratte nuto e interrogato. In camicia com’era, probabilmente non aveva un documento che di mostrasse la sua identità: e anche se l’avesse avuto, in quel momento non sarebbe ba stato (anche il colonnello americano l’aveva). Forse fu rono fatti accertamenti nel quartiere dove il marziano di ceva di abitare, forse furono chiamati a riconoscerlo fami liari ed amici. O ad un certo punto qualcuno, tra le auto rità, fu assalito dal sospetto che tutto fosse fantasia e scherzo dei bambini: quei due terribili bambini che già in mezzo a quel trambusto, a quel furore e a quella paura, si facevano fotografare e in tervistare sorridendo e am miccando, scambiandosi gomi tate d’intesa e parlandosi di tanto in tanto all’orecchio. Fat to sta che quel povero ope raio, unico al mondo ad avere affrontata l’accusa di essere un marziano allevatore di di nosauri, fu rilasciato in serata. Ma del rilascio, e che tutto era stato uno scherzo, la città seppe l’indomani dai giornali. Seppe anche come ai bambi ni era venuta l’idea dello scherzo: avevano visto il gior no prima, in televisione, il film Il risveglio del dinosauro; e avevano ridotto il mostro alle proporzioni di un cane, lo ave vano addomesticato a un mar ziano, del marziano si erano detti amici, e che andavano ogni pomeriggio a trovarlo in quelle grotte di cui era favola Palermo come luogo di riunione della setta dei « Beati Paoli » (che era poi, secondo un romanzo popolare, la setta dei franco-muratori: e ne era capo quel Francesco Paolo di Blasi che come giacobino fu decapitato nel 1795). Ma i bambini non pensavano di poter giuocare un’intera città, con la storia del marziano: volevano soltanto impressio nare altri bambini, le mamme, qualche passante. Forse nemmeno la donna o l’uomo che avvertì i carabinieri aveva creduto al marziano: sospettava e si preoccupava che qualcuno tentasse di adescare i bambini. Ma passando da una bocca all’altra, da un ufficio all’altro, la storia perse di inve rosimiglianza e fu accettata alla lettera. Seicentomila abi tanti, la questura, la legione dei carabinieri, i vigili urba ni e i vigili del fuoco, le redazioni dei giornali, della radio, della televisione: per cinque o sei ore tutti credet tero che nelle grotte dei « Bea ti Paoli » si nascondesse la minaccia di una apocalisse. * Una grande città, abbastan za moderna anche se piena di contraddizioni e di remore, nel pomeriggio del 2 ottobre di quattro anni fa, realizzò una specie di enorme parodia dell’Ispettore di Gogol. E potremmo metterci in fantasia anche noi: il falso marziano catturato, i seicentomila abitanti che se ne vanno a letto rasserenati, rassicurati; ed ec co che nella piazza solitaria, dalla grotta dei « Beati Paoli », vien fuori il marziano vero col suo dinosauro al guinzaglio. Veloce come un turbine si avvia a palazzo d’Orleans, sede del governo regionale: tutte le luci del palazzo si accendono; il rumore delle carpette che si aprono, dei documenti che si sfogliano, si amplifica nelle sale vuote, rim bomba tra le vecchie mura, esplode nella città. E’ l’ispe zione. Quella vera, finalmente. Ma si può trovare alla fa vola una morale meno « so prannaturale ». E potrebbero essere queste battute, di una cronaca più recente: « Presi dente: Non sa che cosa sia questa organizzazione che vie ne chiamata mafia? Imputato: Non ne ho idea, so che esiste perché l’ho letto sui giornali. Presidente: La mafia è una organizzazione di mutua assistenza, una specie di massoneria di cui si parlava fin dai tempi di Garibaldi… Imputato: Lo sto sapendo da lei, io di queste cose non mi intendo ». Più lontana del marziano col dinosauro al guinzaglio. Più inverosimile. Letto 1244 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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