TEATRO: I MAESTRI: Witkiewicz: Il pazzo disperato28 Ottobre 2009 di Gustavo Herling Nel Diario di Witold Gombrowicz, di prossima pub blicazione in Italia si posso no leggere queste osservazio ni su Stanislaw Ignacy Witkiewicz: « Non mi era simpa tico nel suo pennacchio di dandy metafisico, con la sua eterna disposizione a si mulare un pazzo. Mi irri tava. I suoi esperimenti con la forma, forse i più corag giosi, non mi convincevano, troppo intellettuali, incapaci di andare oltre la smorfia. Mi dicevo che gli mancava del talento. I suoi trucchi, simili a quel che fa oggi Sal vador Dalì, erano per il mio gusto troppo classici nel lo ro surrealismo ». Qualche riga dopo però, allargando il di scorso a tutti i tre « moschet tieri » dell’avanguardia polac ca (incluso Bruno Schulz), Gombrowicz aggiunge: «Ep pure formavamo una tria de abbastanza caratteristica. Witkiewicz: l’affermazione intenzionale delle follie del la « forma pura » per ven detta, per far sì che si com piano i tragici destini, un pazzo disperato. Schulz: il perdersi nella forma, un pazzo annegato. Io: la bra ma di arrivare attraverso la forma al mio ‘io’ e alla realtà, un pazzo in rivolta ». Nel breve saggio dedicato a Witkiewicz l’autore di Ferdydurke ricorre a maggiori sfumature. Dal «demoni smo » di Witkiewicz vengono estratte « quattro mostruosa là »: il cinismo dell’intelletto, la brutalità del sesso, l’assurdo, la metafisica. «Im potente di fronte all’insensatezza del mondo, disperato, rivoltato, Witkiewicz porta in sé l’assurdità al punto di diventare egli stesso un as surdo. Sarà questa la mia vendetta umana, la mia po testà di uomo. In ciò Witkiewicz si dimostra spirito strettamente affine a Lautréamont, Jarry ed altri grandi clowns della nostra epoca ». Quanto alla metafi sica, « l’uomo Witkiewicz ha qualcosa del coboldo, per la sua deforme e convulsa ca pacità di eccitarsi di fronte all’abisso di se stesso. Il fred do sadismo col quale trat ta i prodotti della sua im maginazione non si attenua mai, nemmeno per un atti mo. La metafisica è per lui orgia, e vi si abbandona con l’accanimento di un pazzo ». La pazzia disperata e pre meditata, come unica ri sposta all’annientamento dell’individuo da parte dell’u manità in cammino verso le magnifiche sorti del mondo meccanizzato e automatiz zato, è il tratto essenziale del « catastrofismo » profeti co di Witkiewicz. Nel primo dei suoi grandi romanzi Ad dio all’autunno (1926), che appare ora presso Mondado ri tradotto con cura e sensi bilità da Pierluigi Ruggieri (pp. 450, L. 3.500), si sente uscire il protagonista Atana sio Bazakbal in una battuta tipica: «Oggi la vera arte è pazzia, io credo solamente in coloro che finiscono pazzi ». Ma è poi giusto parlare di un romanzo? E di Bazakbal come di un suo protagoni sta? I dubbi sono più che legittimi, anche se bisogna subito sgomberare il campo dai luoghi comuni sull’« an-ti-romanzo » e « anti-eroe », o dagli accostamenti all’Uomo senza qualità di Musil, che stanno accompagnando con brio Addio all’autunno in Italia. Il fatto è che Wit kiewicz, come si conviene al clown metafisico nell’atto di simulare la demenza (ma non la disperazione), si bef fa di tutto e di tutti: perfi no di se stesso, che in un lu cido e voluto raptus raccon ta le follie del sesso, della droga e della storia, serven dosi di pupazzi grotteschi come Bazakbal e di una spe cie di gigantesco fumetto chiamato romanzo, con asso luta e ostentata noncuranza per qualsiasi regola o anti-regola del genere da lui tan to disprezzato in quanto for ma d’arte, da permettergli di cavarsela con sbrigative « informazioni » in corpo pic colo sull’andamento delle co se, ogniqualvolta l’intreccio non riesce a tener il passo alle prolisse discussioni e di vagazioni, ai lunghi sprolo qui e sfoghi feroci, insom ma allo spadroneggiante «con tenuto filosofico ». Ne risulta un teatrum mundi da baraccone, impa rentato con la sua miglio re commedia I calzolai e af follato di marionette, dove nel gran trambusto dei superamplessi, dei duelli, del le rivoluzioni e della cocai na la principale corda che vibra è quella della ricerca di un « brivido metafisico », di un « sentimento metafisi co della stranezza dell’esi stenza », cioè dell’irrepetibile mistero dell’uomo minaccia to di esser inghiottito dalla « socialità ». Sullo sfondo di un irreale paese del futuro, nel quale si riconoscono comunque chiari riferimenti alla Polo nia degli anni venti, si com pie la terza e definitiva ri voluzione dei « livellatori » (comunisti). Bazakbal tenta di inserirvisi, poi fugge in montagna e senza riuscirci cerca di darsi la morte, in fine attraversa la frontiera ma illuminato da uno strano «messaggio » torna sui suoi passi e viene fucilato dalle guardie di confine. Come non pensare a Witkiewicz stesso, suicida il 17 settembre 1939, il giorno dell’entrata dell’e sercito sovietico in Polonia secondo gli accordi presi con la Germania di Hitler? E co me, nella descrizione della vi ta dopo la rivoluzione vitto riosa dei « livellatori », non scorgere l’ombra delle espe rienze personali dell’autore di Addio all’ autunno, di quando, nel 1917, era stato eletto commissario politico dai soldati rivoltosi di un reggimento zarista? Si sten ta quasi a credere che chi ha immaginato queste-pagine non abbia letto né Noi di Zamiatin né 1984 di Orwell. Adesso, dopo la temeraria e riuscita impresa del Rug gieri, non è più eccessiva la speranza di veder tradotto pure il secondo grande ro manzo di Witkiewicz Insa ziabilità (scritto nel 1927 ma pubblicato nel 1930). Il let tore italiano si troverà allo ra di fronte alla Cina comu nista che conquista la Rus sia rinunciataria del comuni smo e l’Europa comunista, usando tra l’altro l’arma se greta della pillola Murti-Bing, capace di produrre nel l’individuo il senso della bea ta armonia con l’universo e di liberarlo dall’ansietà me tafisica. Insediato il Nuovo Ordine, i personaggi di In saziabilità sono liberissimi di continuare le loro occu pazioni innocue di « ex-uomi ni » sotto gli auspici del Mi nistero della Meccanizzazio ne della Cultura. Letto 3917 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by giovanni micozzi — 5 Maggio 2012 @ 12:41
di “Addio all’Autunno” avevo letto solo un lungo brano tempo fa, in un’antologia di narratori polacchi tradotti in tedesco(l’episodio che va dall’incontro con l’orsa fino alla fucilazione del protagonista sotto l’effetto della cocaina). Nonostante la mia imperfetta conoscenza del tedesco, e anche senza conoscere l’autore, mi sono accorto subito che si trattava di un capolavoro. Se (come credo) il resto del romanzo è allo stesso livello, è un libro da leggere assolutamente. Me lo procurerò appena possibile