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Le parole che Napolitano non ha detto quando D’Ambrosio era ancora vivo

2 Settembre 2012

Ne scrissi già subito dopo la morte improvvisa per crepacuore del segretario giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio (qui e qui), e ne ho scritto ieri, cercando di aggiungere un’altra ragione che dovrebbe suggerire ai magistrati di Palermo di non distruggere i nastri che intercettano Mancino in conversazione con Napolitano. Ossia, in quei nastri si potrebbero trovare le tracce della vera causa che ha portato alla morte improvvisa di D’Ambrosio. Perciò ho fatto un appello alla famiglia perché ne onori la memoria, dimostrando che mentre il loro congiunto ha servito fedelmente il capo dello Stato, costui non lo ha ricambiato come doveva, e ciò – presumo – potrebbe aver provocato il mortale crepacuore del loro congiunto.

Mancino nelle telefonate con Napolitano ha fatto qualche volta riferimento ai suoi colloqui con D’Ambrosio? Sono convinto di sì. Perorando con Napolitano la sua causa, è quasi certo che Mancino abbia più volte ricordato a Napolitano le dichiarazioni (e le promesse) del suo interlocutore. Non può non averlo fatto, visto che si parla di telefonate che si susseguono (sembra che siano più di due) in un arco di tempo molto ampio (da dicembre 2011 ad aprile 2012).

Se così è accaduto, che cosa abbia detto in proposito, e in colleganza con D’Ambrosio, il capo dello Stato diventa motivo di grande interesse, tanto per analizzare meglio le cause che hanno portato alla morte per crepacuore di D’Ambrosio, e tanto per avere conferma che D’Ambrosio agiva di concerto con il suo superiore Napolitano.

Come si capisce, quelle telefonate di Mancino con Napolitano risolvono due problemi rimasti in sospeso (almeno agli occhi dei paraninfi, e non certo di chi usa il cervello):

1 – Si saprebbe con sicurezza se Napolitano era a conoscenza delle telefonate tra il suo segretario e Mancino e se ne fosse anche l’ispiratore. In tal caso, come sono sicuro che sia, quanto di “scottante†e riprovevole è presente nelle telefonate D’Ambrosio-Mancino andrebbe fatto risalire direttamente alla responsabilità del capo dello Stato.

2 – Da queste telefonate, come ho già scritto, potrebbe individuarsi la vera causa della morte per crepacuore del segretario giuridico del Quirinale. Può interessare? Forse non dal punto di vista penale (ci sono tanti casi di persone il cui comportamento ha causato la morte per crepacuore di altri, che ne hanno patito sofferenza e delusione oltre la personale sopportabilità, e non si è potuto mettere in carcere il vero colpevole), ma da un punto di vista politico e morale le risultanze delle telefonate di Mancino con Napolitano e le risultanze di quelle tra Mancino e D’Ambrosio, confrontate ed integrate potrebbero portare ad un risultato moralmente compromettente per il capo dello Stato.   Ossia che il suo comportamento abbia profondamente e sorprendentemente deluso le aspettative di un fedele servitore quale era Loris D’Ambrosio e ne abbia provocato la morte per crepacuore.

Ho rivolto un appello alla famiglia affinché si faccia carico attraverso un legale di reperire, onde onorare la memoria del loro congiunto, le telefonate tra Mancino e Napolitano, affinché tutto il possibile sia tentato per conoscere la vera causa della morte del loro congiunto.

Mi sono fatta un’opinione, vista anche la resistenza che Napolitano oppone affinché nessuno, oltre i magistrati inquirenti, ascolti quelle registrazioni, e cioè che le telefonate segnano un collegamento netto con quelle tra Mancino e D’Ambrosio, e se ciò fosse vero – come credo – significherebbe una cosa sola, che D’Ambrosio si aspettava da Napolitano parole come queste: “D’Ambrosio ha agito su mia disposizione e mi assumo la responsabilità di ciò che ha detto al senatore Mancinoâ€.

Queste parole, come è noto, non sono state mai pronunciate, e D’Ambrosio si è visto pesantemente accerchiato da illazioni e sospetti tutti rivolti a trasformarlo nell’unico responsabile delle frasi compromettenti e pericolose da lui dette a Mancino. Troppo per un uomo che aveva servito le Istituzioni prima come integerrimo magistrato ed ora servendo niente di meno che il capo dello Stato. Fedele fino alla fine, non si è difeso come avrebbe potuto fare, ma la delusione patita è stata troppo forte e lo ha schiantato.

La mia è ovviamente una ricostruzione fatta al lume della ragione, e in mancanza di una parte della verità che il capo dello Stato si ostina a tenere celata.
Dunque, posso sbagliarmi, ma non date a me la colpa, in quanto come cittadino ho il diritto di capire ciò che è successo al vertice dello Stato di cui sono figlio. Giro perciò la responsabilità di ogni mio errore di valutazione a chi questa verità non intende offrirla ai cittadini, delusi e sconcertati.

Sul Quirinale aleggia anche un vento di morte, e proprio per questo, e a maggior ragione, deve essere fatto di tutto (anche dal capo dello Stato, oltre che da chi si considera al servizio della verità) affinché i cittadini siano resi edotti di ciò che è accaduto sul Colle, al fine o di rinnovare la stima al loro rappresentante più alto, o per mandarlo a casa, come accadde a Richard Nixon, l’autore del Watergate, a cui il caso italiano sembra somigliare molto.


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Bart